Il nuovo denso e interessante libro di Patrizia Calefato, Metamorfosi della scrittura
di Maria Grazia Tundo
Il nuovo denso e interessante libro di Patrizia Calefato, Metamorfosi della scrittura. Dalla Pagina al web, ed. Progedit, 2011, si apre con l’immagine che ha fatto il giro del mondo dei “Book–Block”, studenti in corteo a Roma che, nella loro protesta contro il disegno di legge Gelmini sull’università, hanno usato le copertine dei grandi classici della letteratura come scudi: la scrittura come difesa e memoria, in stridente contrasto con i manganelli impugnati contro di loro.
Calefato crede nella forza della parole, della scrittura che è memoria e nel contempo metamorfosi presentificata che proprio nell’epoca del web ritorna prepotentemente in veste di protagonista con tutte le sue contaminazioni.
Scrittura è da sempre “incisione” sul mondo di segni che lo modificano, lo umanizzano, lo rendono intelligibile, è traccia del corpo ed è corpus di tracce elaborate ed esposte a metamorfosi. La società dell’informazione, pur avendo disatteso l’ottimismo utopistico di quanti da essa si aspettavano una messianica salvezza, si pone tuttavia, secondo la semiologa, come potenzialità ancora per certi versi non del tutto esplorata che potrebbe rimettere dinamicamente in circolazione il concetto di scrittura nella forma di una sorta di sapienza ironica, per spingerla verso progettazioni sociali che abbiano come parole-chiave “democrazia”, “diritti”, “trasparenza”, “conoscenza”, “alfabetizzazione”, “lavoro.”
Nell’analizzarne luci e ombre la semiologa rilegge le cinque parole per il nuovo millennio proproste da Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane” del 1985 (leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità) per rielaborarle e rilanciarle nella società delle reti. Inoltre mostra le implicazioni contenute nell’evidenza inequivocabile che grazie alla rete abbiamo ricominciato tutti a scrivere.
Il linguaggio che oggi usiamo, veloce nel trasformarsi e nel riempirsi di neologismi legati all’attualità, oscilla tra la semplificazione solo apparente (come il ricorso ossessivo all’inglese che spesso ha la stessa funzione prevaricatrice del “latinorum” degli Azzeccagarbugli) e l’ironia del ricorso al dialetto in chiave liberatoria o della riscrittura carnevalesca degli Adbusters, network di “artisti, scrittori, burloni, poeti, filosofi, punk…” che stravolgono il messaggio pubblicitario dei grandi marchi internazionali attraverso l’ ironia, il paradosso e lo straniamento. In definitiva, prestito, contaminazione, ibridazione, interferenza linguistica possono essere espedienti per riempire vuoti di senso, per soffocarci con parole gelatinose che ci trascinano nella vertigine dell’immateriale (come i termini della finanza “predittiva” che ci bombardano in questo periodo di crisi come default, spread, bond, ecc.) oppure possono davvero aprire spazi di alternativa culturale, sociale e politica.
Calefato, nella seconda parte del libro, affronta con acutezza anche i temi del web-turismo; della ibridazione della lingua nelle pubblicità; del food-design come scrittura del cibo, in cui l’aspetto e anche il packaging contribuiscono a creare gusto e desiderio; della comunicazione elettorale che, in un superamento della proliferazione di “santini” con i volti dei candidati, si sta sempre più trasferendo sul web 2.0, s ul modello della campagna presidenziale di Obama; del “media-attivismo” politico; dei fashion-blog, forme interattive di comunicazione, che stanno sostituendo l’atelier dei grandi stilisti nel dettare le mode del momento.
Nell’affrontare queste complesse tematiche, Calefato riesce a coniugare la riflessione raffinata e l’argomentazione stringente con il continuo riferimento all’attualità, inserendo nell’elaborazione saggistica anche l’aneddoto personale, il ricordo di vita vissuta; in questa scelta stilistica ci mostra in forma tangibile come davvero la scrittura sia “corpo”, “memoria” e “contaminazione” di generi discorsuali.
Maria Grazia Tundo, è dottore di ricerca in ”Teoria del linguaggio e scienze dei segni” e insegna Lingua e Letteratura Inglese in un liceo di Bari. Tuttavia, essendo il suo sguardo offuscato dal velo di Maya delle tecnologie informatiche, cerca di conciliare la dispersione in mondi digitali con la quotidianità del suo lavoro, costruendo reti di comunicazione che possano ridisegnare il concetto di ”distanza”.