Una donna contro il maschilismo non deve essere mai sola. Ce lo racconta Rita Saraò, fondatrice della ”Rivoluzione Gentile”
Il sud Italia di 30 anni fa come altri paesi in via di sviluppo oggi? Una donna contro il machilismo non deve essere mai sola. Ce lo racconta Rita Saraò, fondatrice della ”Rivoluzione Gentile”
Nata in Puglia 54 anni fa, da madre pugliese e padre siciliano in una famiglia numerosa: cinque figli, cultura molto tradizionale, dove il maschilismo era pratica quotidiana. A vent’ anni infatti Rita ebbe il suo primo figlio contro tutti. Anche la madre le suggeriva di abortire se non avesse voluto sposarsi mentre il padre e i fratelli erano all’ oscuro del suo stato di gravidanza. Ma Rita tenne duro e rifiutò di sposarsi perchè il padre del figlio era un maschilista. Non poteva però rimanere una ragazza madre: non era socialmente accettabile e mai nella sua famiglia avrebbero accolto tale condizione. Andò quindi in maternità per abortire ma, dopo essere stata “preparata”, decise che voleva tenere quel bambino ed accettò il matrimonio riparatore. Dopo un anno dalla nascita del figlio decise di averne un secondo affinché non rimanesse solo. Il matrimonio l’ha fatto durare fino a quando i figli sono stati in grado di scegliere insieme con lei il percorso da fare. Un percorso durato 20 anni.
Ma quando hai quindi studiato?
Mentre ero incinta della seconda figlia per caso ho fatto un concorso all’università di Milano e lì ho cominciato a lavorare e ci sono rimasta per circa 15 anni per poi tornare nella mia regione. Ho lavorato, studiato giurisprudenza e fatto la madre a dispetto di un uomo che avrebbe voluto che io facessi esclusivamente la moglie e la madre. Studiavo di nascosto, di notte, mentre tutti dormivano. E’ stato molto, molto difficile ma dal dolore ho sempre tratto grandissima forza e quindi nonostante le violenze psicologiche quotidiane riuscivo a fare tutto quel che desideravo profondamente.
Sei sempre molto impegnata nelle tematiche di genere. Ce ne parli? Cosa state facendo a Foggia nel tuo dipartimento di scienze interdisciplinari?
Forse proprio per la mia storia personale e per la mia necessità di essere, oltre che sentirmi cittadina a pieno titolo, quando vivevo a Milano mi sono avvicinata a “donne d’Europa” e ho cominciato a fare progetti per le donne. Quando sono arrivata in Puglia mi sono specializzata in relazioni internazionali e questioni di genere. Ho lavorato in particolare su molti progetti internazionali finanziati dalla Unione Europea. Ho frequentato in tantissime occasioni i paesi arabi ma anche gli Stati Uniti e ovviamente altri paesi Europei. Non facevo politica, non quella che si fa nei partiti, la mia politica è sempre stata fare insieme alle altre donne affinché tutte potessero avere la possibilità di scegliere. Ho lavorato con donne di quasi tutti i paesi arabi per dare opportunità alle studentesse di quei paesi di avere gli strumenti per guardare oltre l’orizzonte, guardare con i loro occhi e non attraverso gli occhi dei loro uomini (padri, fratelli o mariti che fossero). Ho lavorato per alcuni anni con donne, ragazze, irachene e kurde, che mai avrebbero avuto l’opportunità di fare le esperienze quinquennali che hanno potuto fare attraverso il lavoro che ho promosso e realizzato nel Centro Internazionale per gli Studi di genere.
Sono molto felice per quel poco, pochissimo, che sono riuscita a fare per tutte quelle donne.
Negli ultimi due/tre anni il lavoro realizzato nel Centro da me diretto si è concretizzato soprattutto su questioni nazionali e particolarmente: violenza di genere, conciliazione dei tempi, benessere delle donne.
Ora ho deciso di lavorare per i prossimi tre anni con l’Università di Siviglia e quindi ho lasciato il Centro dell’Università di Foggia per dedicarmi a tempo pieno ad un progetto di ricerca internazionale denominato “Donne, scrittrici e comunicazione”.
A Marzo c’è stato un convegno a Bari sulla valorizzazione della presenza femminile. Credi che ci siano spazi di manovra per migliorare la posizione della donna in Puglia e nel Sud?
Ho partecipato quale relatrice a quel convegno su invito del Ministero dell’Università ed ho avuto modo di verificare le tante eccellenze femminili esistenti in Puglia e non solo. Il problema ovviamente è sempre lo stesso, nonostante tutto, chi decide sono gli uomini. Nelle Università per esempio basti pensare che i rettori di tutte le Università Italiane sono uomini. Le donne eccellenti devono ancora dimostrare tre volte tanto il loro valore e devono rinunciare alla maternità se vogliono fare carriera, una carriera che comunque molto molto raramente riesce a sfondare il “soffitto di cristallo”
Le donne danno ossigeno al sud come al nord, con le loro straordinarie competenze e con il loro sguardo in tutti i settori, ma quel che appare non sono loro, le donne, ma i loro “capi”, uomini ovviamente.
Credo che non possiamo più attendere e che in questo paese sia giunto davvero il momento di fare la “nostra” rivoluzione.
E cosa è necessario fare? A fronte di tante donne già impegnate ce ne sono altre che vogliono ‘’impegnarsi’’ politicamente?
Penso sia necessario praticare una nuova “sorellanza progettuale”, io sento fortissimo il desiderio ed il bisogno di essere vicina alle altre donne per sostenerle e promuoverle sempre.
Ogni donna quando si impegna politicamente e professionalmente, se sostenuta dalle altre, diviene per tutte noi e per l’intera società un immenso valore. Io credo che dobbiamo cooperare e attraversare i conflitti per costruire insieme. Dobbiamo essere noi, nella pratica quotidiana, ad estirpare tutti gli stereotipi che gli uomini (perfettamente inseriti e spesso decisamente a loro agio in un sistema e in una società ancora in larga parte maschilista e patriarcale) tendono ad attribuirci. Diversamente il cambiamento resterà una sorta di “work in progress” e molto difficilmente attueremo quella partecipazione che rende la democrazia compiuta.
Tu sei una delle fondatrici del movimento ‘’La rivoluzione gentile’’. Come ci sei/siete arrivata/e? E’ possibile rivoluzionare senza atti di forza?
Com’è noto il nostro movimento trae origine dalla “rete delle donne pugliesi per Nichi presidente” che decisi di organizzare per contrastare l’arroganza dei partiti che avevano deciso di “far fuori” Vendola. Vendola con le assessore della sua giunta stavano trasformando la vita della Puglia grazie alle politiche e alle strategie riservate alle donne e ai e alle giovani. Era in corso una trasformazione radicale della nostra realtà regionale ed il lavoro non poteva essere interrotto perché qualche potente lo aveva deciso. In casa mia si è organizzata la rete che poi si è diffusa in modo virale in tutta la Regione. Abbiamo raggiunto l’obiettivo: le donne sono riuscite a far rieleggere Vendola presidente. La partecipazione fu immensa, tutte accomunate da un unico obiettivo, far proseguire il lavoro avviato. Ora posso affermare che avevamo ragione e che non avremmo potuto lasciar perdere. Subito dopo le elezioni regionali fui contattata da molte donne di altre regioni e così abbiamo deciso di costituire la rete nazionale che oggi è diventata una associazione di promozione sociale.
Le nostre parole d’ordine sono “condivisione e partecipazione”, niente viene deciso dall’alto ma tutto viene elaborato insieme e condiviso.
Tra rivoluzionarie gentili regna prima di ogni altra cosa la relazione, le pratiche di relazione per noi non sono teoria ma pratica diffusissima, ci vediamo spesso e ci ospitiamo nelle case e ci telefoniamo e ci raccontiamo, tutte insieme nessuna esclusa, generazioni differenti ma obiettivi comuni e condivisi.
Se forzare significa essere tenaci e costanti, noi forziamo e forzeremo sempre con le competenze e la forza della ragione dei nostri obiettivi.
Ci piacerebbe essere insieme a tutte le altre donne dei differenti movimenti ma quel che osta, molto spesso, è il giudizio gratuito, i metodi poco partecipativi, l’arroganza di chi ritiene di avere la verità in tasca. Noi sappiamo che l’unica strada da percorrere è l’essere insieme con pari opportunità nella differenza, considerando valore immenso il sapere di ogni singola donna, la scienziata come la giovane donna e la vecchia operaia, tutte con lo stesso diritto/dovere di prendere parola ed essere ascoltate e considerate fino in fondo
Le donne che ruolo potranno avere nella nostra società che cambia?
Molto dipenderà dalla nostra tenacia e dalla capacità di essere unite e di non manipolare nè lasciarci manipolare.
L’esperienza canadese insegna che con politiche decise dalle donne per le donne è facile raggiungere quella “cittadinanza” che consente davvero velocemente di salire quelle graduatorie che ci vedono agli ultimi posti per la partecipazione femminile laddove si decide.
Credo, oggi più che mai, sia necessario prima un patto tra donne e poi un patto tra generi affinché il nostro paese possa risalire la china proprio grazie alla partecipazione femminile.
Come inquadri la ‘’sconfitta’’ per il 50/50 avvenuta di recente in Regione Puglia?
È molto più di una sconfitta, è un lutto molto difficile da elaborare.
Un lavoro immenso che ha visto all’opera donne in tutta la regione, un lavoro che è durato due anni, un tavolo prima ristretto e poi sempre più allargato, una tenacia che è derivata oltre che dall’assoluta convinzione rispetto all’obiettivo da raggiungere anche dalla certezza che molti uomini – in schiacciante maggioranza, 67 su 70 nel consiglio regionale – ci avrebbero sostenute.
Questo non è accaduto, la maggioranza non è stata capace di considerare importante la proposta di legge sottoscritta da 30.000 cittadine e cittadini, abbiamo potuto constatare “l’inciucio”, davvero a bocca aperta, mute, pietrificate, destra e sinistra grazie al voto segreto, hanno seppellito la nostra legge, nonostante Vendola.
Se qualcuno che conta avesse ritenuto fondamentale per la democrazia questa legge, avrebbe dovuto assicurarsi che la maggioranza al completo fosse in aula. Così non è stato.
Perché? Perché nella prossima legislatura i consiglieri regionali dovranno essere 50 e nessuno vuole rischiare di perdere “il posto”; con la nuova legge non potranno essere nominati assessori esterni quindi niente giunte 50 e 50, al contrario avremo giunte con assoluta prevalenza di uomini, è evidentemente, i nostri bravi consiglieri ritengono che la politica “è roba loro” e quindi è necessario che le donne restino a casa!
Questa ultima esperienza mi ha definitivamente convinta, da oggi io voterò solo per le donne. “Se non noi per noi, chi per noi?”
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1 commento
Condivido tutto, ma non mi rassegno!Sfondiamo il muro della politica “maschia”! Uniamoci, noi donne di sinistra, in un movimento politico “trasversale” di sole donne! E’ tanto che ci penso, ma non osavo proporlo!Il problema vero, al di là degli ostacoli maschilisti, è che le donne non votano le donne, allora, forse, l’unico modo per ovviare a ciò, potrebbe essere quello di fondare un movimento tutto al femminile!