Se Gavin si era sentito obbligato ad accettare l’invito del Duca, dopo il suo incontro con Lucia, aveva sinceramente cambiato atteggiamento. Si sentiva eccitato e ben disposto verso il mondo, come non gli accadeva da tempo. Trascorse la serata cercando, tra i numerosi ospiti, la fanciulla che però non apparve. Deluso, ma non scoraggiato, l’indomani mattina si alzò di buon’ora e la trovò nel giardino all’italiana che sorgeva nella radura alle spalle della villa.
Lucia amava portare i suoi allievi all’aria aperta; il tempo, come sempre clemente nel mese di settembre, era quello giusto per una lezione di botanica. Con sagacia mista a umorismo, spiegava ai bimbi le varietà mediterranee ed esotiche presenti nel giardino, che si affacciava sul golfo di Palermo e quello più lontano di Cefalù.
Gavin si prese il tempo di osservare la fanciulla, che quel giorno indossava un abito verde, con una cinta in tulle di una tonalità più scura, le maniche a palloncino lasciavano scoperta parte delle braccia, dove su quello destro ora spiccava una vistosa fasciatura.
Con i bambini era chiaramente a suo agio, lo si capiva dal modo in cui rideva. Una carezza, un buffetto, ogni occasione era buona per abbracciare e baciare i piccoli, che ricambiavano con affetto le sue attenzioni.
Uno di loro, giusto in quel momento, si avvicinò con un rettile che si dibatteva tra le grassocce mani.
«Miss, questo come si chiama?».
Le bimbe gemettero di puro terrore, i maschietti attorniarono l’eroe. Miss Lucia, pur fremendo di ribrezzo, esortò il piccolo a lasciar andare il povero animaletto libero.
«Il suo nome scientifico è Podarcis Sicula, volgarmente detto Lucertola». Tutti si volsero a guardare l’uomo distinto che si era avvicinato.
Lui cominciò a spiegare con aria professionale, degna di uno zoologo, le parti del rettile. «Ebbene il professor Gilbert White nella sua storia naturale direbbe che è un ottimo esemplare. Che ne direste di trovarne altri?»
Una decina di bambini si allontanò correndo verso siepi e pietre.
Lucia tentò di nascondere persino a se stessa quanto la vicinanza dell’uomo l’incantasse, ma fu inutile. Il suo profumo era più intenso di quello del gelsomino bianco che ricopriva la ringhiera; la sua prestanza fisica era conturbante; la sua voce le rimescolava il sangue. Volse lo sguardo verso il mare, ma la sua attenzione era tutta per quell’uomo che stava abbattendo le sue barriere. Persino quella sua lezione di biologia, la aveva sconcertata, poiché aveva pensato che fosse un superficiale come gli altri.
«Ebbene, spero che questa mia dissertazione sia valsa a farmi salire sulla vostra scala della considerazione!»
Gavin era sicuro di averla sorpresa. Era sempre stato un appassionato di storia naturale e sebbene da anni non collezionasse più rettili, pietre e anfibi, il ricordo delle lezioni all’università, nonché dei numerosi libri letti, non era sbiadito.
Una risata ironica, più forte delle grida dei bambini, attrasse l’attenzione di Lucia.
Eccoli, pronti a giudicarla, sulla base di un passato in cui lei non aveva colpe.
L’ebbrezza delle emozioni suscitate dalla vicinanza del visconte si dissolse come nebbia al calore del sole.
«Vi prego, allontanatevi. Ci stanno guardando!»
«E allora? Saranno invidiosi di me, che sto conversando con una donna non solo bella, ma anche colta». Le rispose.
Le mani di Lucia giocherellavano con i petali del gelsomino, Gavin poggiò le sue sulla ringhiera e lentamente le avvicinò, sfiorando quella più vicina. Una scarica elettrica li percorse.
Lei si allontanò di colpo.
«Signore, vi prego. Non tutto ciò che per voi è un gioco, lo è anche per me! Voi mi lusingate, cercate di corteggiarmi, ma fra pochi giorni andrete via. Voi avrete collezionato l’ennesima vittoria amorosa, ma io sarò tacciata di disonestà. E dovrò portare questo fardello per anni!»
Ora le iridi indaco rilucevano di lacrime trattenute; ma Gavin non ne restò commosso. Le sue parole parlavano di disprezzo e lo insultavano.
Profondamente adirato, si accommiatò: «È tempo che vada, il Principe mi attende per farmi visitare la tenuta di Casteldaccia. Quanto avete detto mi ha chiaramente insultato, poiché giudicare senza conoscere è sinonimo di viltà!»
Lucia lo guardò allontanarsi. Un’improvvisa tristezza velò il suo sguardo.
<<continua>>