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Furono tre giorni pieni, intensi. Ma Hans lasciò Venezia con un rimpianto: avrebbe voluto visitare con la sua Alice quella magica città di notte. O perlomeno al tramonto. Lei, però, glielo aveva impedito: – Se vuoi, puoi andarci da solo. Io sono un po’ stanca. Scusa, Hans.
– No. Solo, no.
In cuor suo Hans si era detto che quella vacanza italiana era ancora lunga: che ci sarebbero state tante altre magiche occasioni, a partire dalla tappa successiva, nientemeno che Firenze. Ma Venezia… Venezia era speciale, aveva una magia unica.
– Anche Firenze è magica – commentò zio Marco, quel mattino, prima di lasciarsi, comprendendo i dubbi di Hans, – lo vedrai. Qui abitano i parenti di mia cognata. Ti ci troverai molto bene.
Gli zii li salutarono con un abbraccio affettuoso, poi Alice e Hans partirono alla volta di Firenze.
Il viaggio era abbastanza lungo, si sarebbero fermati per una breve sosta all’autogrill, per poi proseguire sino al capoluogo toscano.
Mentre Hans appariva un po’ abbacchiato, Alice era su di giri.
– Che succede? – gli domandò a un tratto.
– Temo… temo di aver perso il mio libro – rispose cupamente.
– Libro? Quale libro?
– Dov’erano le cose che ho scritto…
– Ah, gli appunti! Oh, Santo Cielo, Hans. Sei proprio una frana. Lo hai lasciato a casa degli zii?
Hans annuì: – Sì.
– Be’, ce lo faremo spedire. Oppure, se facciamo in tempo, al ritorno passiamo a salutarli. Magari li avviso, di tenertelo da parte.
– Grazie, Alice… – mormorò lui, ancora una volta, perdendosi dentro ai suoi grandi occhi scuri.
E Alice… Alice sentì un brivido: decisamente non voluto.
Firenze li aspettava, in tutto il suo splendore, dentro a una giornata tersa, limpida.
Hans aveva ripreso a sognare. I suoi genitori gli avevano raccontato qualcosa di meraviglioso, riguardo a Firenze, coadiuvati dai nonni: dei giri nella classica “carrozzella”, con tanto di vetturino. Poteva, ancora una volta, prepararsi agli studi e al tempo stesso lasciar spazio ai suoi sogni di vita. Perché no?
Gli zii materni di Alice li accolsero con il medesimo entusiasmo di zio Marco e zia Fiorella.
– Alice, bentornata! Da quanto non ci si vede! Ti fai sempre più bella, eh? – salutò zio Fabio, abbracciando la nipote.
– Che gioia averti qui, Alice! E con un ospite, anche: una magnifica sorpresa! – fece eco zia Ester.
Alice presentò Hans, che si sentiva, al solito, un po’ confuso e impacciato, ma ricambiò quell’affetto come poteva.
Mentre la sua compagna studiava l’itinerario migliore per visitare le bellezze artistiche di Firenze – e gli parve un incanto sentir parlare di Galleria degli Uffizi, di Palazzo Pitti – Hans scivolò in un dolce torpore, col sorriso sulle labbra.
“Bip-bip”: in quell’istante il fastidioso cicaleccio del telefonino interruppe bruscamente le sue riflessioni.
– E’ da ieri che continua così, Hans: ma che cos’ha il tuo cellulare, si può sapere? – brontolò la sua compagna di viaggio.
– Credevo di averlo messo sulla modalità silenziosa, e invece… non saprei. Ogni tanto fa capricci.
Armeggiò un po’, ma il telefonino, di tanto in tanto, emetteva quello strano cicalio. Hans, esasperato, lo spense.
Oh sì, forse Alice non lo stimava molto, a giudicare dai modi bruschi con cui lo rimproverava. Però non si sbagliava quando leggeva nei suoi occhi, a volte, qualcosa di simile a un lampo, un guizzo speciale.
– Hans…? Mi ascolti? Che ne dici, domani, di incominciare con la visita a Palazzo Pitti? E’ bellissimo. Lo zio dice che potremmo organizzarci così – propose Alice, esponendo un programma dettagliato delle varie giornate, che parlava di Pontevecchio, di Santa Maria Novella, di Galleria degli Uffizi, e magari una puntatina al giardino di Boboli.
– Tutto bene. Mi va tutto bene. Solo… vorrei poter fare qualcosa di speciale – disse, interrompendo il fiume di parole di lei.
Alice aggrottò la fronte: – E che cosa?
– Si può girare ancora per il centro di Firenze con la carrozzella?
Intervenne a quel punto zia Ester: – Oh, buon Dio, ma questo ragazzo è fantastico. Un giro in carrozzella? Ma sì, certo che si può ancora.
Hans chinò il capo, raccontando che i suoi nonni, negli anni Cinquanta, si erano innamorati così, e gliene avevano parlato tanto bene. Aveva ancora una fotografia, da qualche parte.
– Credo di averla nel portafogli – spiegò. Ma nel portafogli non c’era.
Passò così al portadocumenti. Infine allo zainetto che portava sempre sulle spalle. La trovò nella sacca pesante, invece, insieme ad alcuni souvenir di cui stava facendo incetta da quando era in Italia.
– Ecco qui: be’, non ricordo mai dove metto gli oggetti personali – si scusò.
Mostrò una bella immagine, in bianco e nero, dei suoi nonni, a bordo di una tipica “carrozzella”, in giro per Firenze.
– Ah, che nostalgia, figliolo, queste foto! Ne abbiamo anche noi, sai?
Hans li aveva davvero conquistati, osservò Alice con una punta di rammarico. Magari poteva esserne contenta: ma non lo era affatto.
Non era il suo fidanzato, né ci teneva che lo fosse. Era solo uno scomodo e imbranato compagno di viaggio, che molto spesso le dava anche fastidio. Non certo perché ci “provava”. Anzi. Sotto sotto Alice si chiedeva come mai continuasse a guardarla con occhi da pesce lesso, facesse capire di essere tanto romantico, per poi non tentare nemmeno un minimo approccio. Forse anche per questo Alice continuava a essere brusca con lui.
– Benedetta ragazza, ma se tu sei brusca, lo scoraggi e lo allontani! – obiettò zia Ester quando lei finì col confidarsi.
La zia aveva intuito qualcosa.
– Oh, se ci tenesse tanto, qualche passo lo avrebbe fatto.
– Ha un animo romantico e dolce, basta guardarlo negli occhi, non lo vedi? Se me lo tratti male, certo che reagisce così!
Più tardi Firenze li vide assieme.
Le carrozzelle sostavano in pieno centro. Fu Hans, malgrado le difficoltà con l’italiano, a farsi coraggio, a chiedere, a far salire la sua bella, malgrado poi a sua volta per poco non rovinò a terra, malamente, quando fu il suo turno, mentre il vetturino sorrideva, divertito.
– E’ la prima volta, vero? – commentò.
– Sì…
Alice non disse nulla, anche se il suo sguardo la diceva lunga sui pensieri che le stavano frullando per la testa.
Hans restò impassibile, pur avvertendo una leggera vertigine. Poi, però, la magia del viaggio guarì tutti i suoi pensieri più pessimisti.
Firenze, sotto quel cielo, con quel mezzo insolito, aveva un aspetto veramente magico. E anche Alice, dopo aver vinto il desiderio di piantare in asso Hans con le sue belle trovate, si lasciò andare.
Era la prima volta che vedeva Firenze così: e doveva ammettere che il suo fascino era ancora maggiore, rispetto al solito. L’aveva vista solo due anni prima, per Pasqua, in compagnia dei genitori, ma era davvero stato molto diverso.
<<continua>>