– Ma che ti succede, Hans? – gli domandò quella sera, di ritorno da Pompei.
Avevano trascorso una giornata intensa fra le rovine dell’antica città, e il suo compagno di viaggio le era apparso più ammosciato del consueto. Poco partecipe: chiudeva gli occhi in continuazione e alla celeberrima casa di Menandro sembrò perfino… ondeggiare, barcollare.
– Sono un po’ stanco – diceva, di tanto in tanto.
Una volta a casa, crollò di schianto.
– Questo ragazzo tiene la febbre – assicurò la suocera di Gegia con espressione grave.
Previsione più che mai azzeccata: trentanove e due. E per il povero Hans la visita ai luoghi più belli si concludeva qui.
Con il cuore stretto, Alice visitò da sola Paestum, il Museo Archeologico di Napoli. Tutto le pareva incolore e poco interessante senza Hans. Gli mancava terribilmente. Aveva un’incredibile nostalgia dei suoi pasticci, dei “bip” assurdi del suo telefonino, della sua voce, quando parlava metà in inglese, metà in italiano, condendo il tutto con locuzioni tedesche a lei incomprensibili.
Addirittura, mentre ritornava verso la casa di Gegia, si ascoltava tutti i brani che gli piacevano, compresa l’ultima “scoperta”, quella delle canzoni napoletane più amate, “O sole mio” e “O’ surdato ‘nnamurato”. In quei tragitti il magone le andava su e giù, le lacrime, accidentaccio, le riempivano gli occhi, tanto che era costretta ad accostare l’auto per asciugarsele.
Lo amava davvero, Hans? No, voleva rispondere a se stessa. Si era solo affezionata a lui. Ma sapeva di raccontarsi madornali bugie.
La febbre del suo compagno di viaggio durò quattro giorni, giusto il tempo delle visite più belle.
Nel frattempo, in quei giorni, Hans imparò quasi a memoria tutte le battute di De Sica, gustandosi “Pane amore e fantasia” e gli altri film, che apprezzava nonostante non riuscisse a comprenderne che qualche frase. Ma il senso, nell’insieme, sì. Ormai cominciava a conoscere l’italiano.
Quando fu del tutto guarito, Alice e Hans ripartirono insieme per la Sicilia, destinazione Agrigento, dove vivevano altri parenti di lei: il cugino Sandro e sua moglie Maddalena.
Era l’ultima tappa del loro viaggio lungo l’Italia. Il mese di ferie, per Alice, stava per terminare, ormai. Mirella l’aspettava, la pizzeria era già aperta da una settimana, si sentivano quotidianamente. Anche se la cugina le diceva di non affrettarsi, Alice sapeva che non sarebbe stato giusto dilazionare ulteriormente il suo ritorno.
E poi, a che pro? Era stato tutto bellissimo, anche se…
– Agrigento? Valle dei Templi? – stava domandando in quel momento Hans a Sandro e Maddalena.
– Sì: e poi il nostro Museo, la vicina Selinunte, col suo parco archeologico, il più grande d’Europa, Porto Empedocle… e Nara, la chiamano “la perla del barocco agrigentino” – rispose Sandro. – Vi posso portare io…
I giorni successivi furono entusiasmanti, anche se Alice e Hans non ebbero quasi mai modo di restare soli insieme. La sera si aggregavano sempre altri amici e parenti.
E così fu sino all’ultimo. Il giorno dopo sarebbero ripartiti per Milano. Non c’era più tempo, ormai.
Alice ha detto che vuole raggiungere casa sua al più presto, questa vacanza è stata anche più lunga del previsto e non vuole approfittare della pazienza di Mirella. Capisco: ma sono triste. Questo viaggio è stato meraviglioso, è stato come vivere in paradiso per un mese, eppure penso che non sono riuscito a dire niente ad Alice.
Alice…
Ma che è stato? Sembra… un singhiozzo. Da fuori, dal balcone di fianco. Quello dove si trova la stanza di Alice.
Mi alzo dal letto – tanto, chi dorme? – ed esco anch’io sul balcone. La vedo. Alice sta piangendo. Ma quando mi vede fa tanto d’occhi e sparisce.
– Alice… Alice, ti prego, torna…
Non sono Romeo, i nostri balconi sono vicini. Però voglio parlarle lo stesso. Adesso o mai più.
– Alice… ti amo… ich liebe dich…
Ah, che bello: poterlo dire in italiano, e nella mia lingua. Che suoni magici!
Alice si riaffaccia, ha una strana espressione, la vedo nella semioscurità.
– Hans… proprio adesso me lo devi dire? Tutto questo tempo hai aspettato? Dai balconi mica ci si può baciare – è il suo commento.
– E allora scendiamo! – esclamo.
– Mirella… scusa. Lo so, ti chiedo molto. Ma è successa una cosa che…. Puoi aspettare ancora due giorni?
Mirella sogghignò: immaginava di che potesse trattarsi. – Non ti preoccupare, farò a meno di te per due giorni in più, vai tranquilla e goditi il prolungamento della vacanza.
– Grazie, sei un angelo. Poi ti racconterò…
– Non ne dubito…
Alice chiuse la comunicazione con un sospiro, mentre Hans le prendeva la mano per riempirgliela di baci.
Due giorni al mare di Porto Empedocle, per chiudere in bellezza quella splendida vacanza italiana. Poteva esserci qualcosa di meglio?
– Su, andiamo – disse Alice, riponendo il cellulare nello zainetto.
Fu in quell’istante che udì uno strano “bip” provenire dal suo telefonino.
– Ma che succede?
– Non lo so.
Bip-bip-bip. Anche il telefonino del suo compagno di viaggio incominciò il cadenzato ritmo di sempre.
– Non è possibile… oh, Hans! E’ colpa tua! Ma che cos’è, contagioso?
Hans scoppiò a ridere, insieme ad Alice.
Lasciarono i cellulari negli zaini, sotto l’ombrellone, mentre Maddalena e Sandro prendevano il sole, poi corsero insieme sulla spiaggia, verso il mare.
Viva l’Italia, viva il mare, già. Che importa del resto? That’s amore…