Si assiste ad progressiva riduzione dell’occupazione femminile con l’arrivo e poi con l’aumento del numero di figli
Tante donne che lavorano sono anche madri di famiglia, con uno o più figli a carico di cui occuparsi e da crescere.
Tuttavia integrare lavoro e famiglia non è semplice e a conferma di ciò, gli ultimi dati Eurostat evidenziano una progressiva riduzione dell’occupazione femminile con l’arrivo e poi con l’aumento del numero di figli: in Italia le donne senza figli che lavorano sono i 63,9%, percentuale che si riduce al 59% con l’arrivo del primo figlio e al 54,1% quando i figli diventano due; se i figli sono tre, il tasso scende addirittura al 41,3%.
I figli chiedono molto: quando sono piccoli, hanno bisogno di essere accuditi, cambiati, lavati, aiutati nel mangiare, portati in giro e di avere qualcuno con cui giocare… di tanto tempo, energie e attenzione spesi per loro. Quando crescono, le cose non vanno sicuramente ad alleggerirsi: quando inizia il periodo scolastico, nasce l’esigenza di accompagnarli e riprenderli da scuola, di aiutarli nei compiti scolastici, di accompagnarli e seguirli nelle attività extra-scolastiche… per non parlare degli imprevisti che, come ben sappiamo, con i figli sono l’ordinario (anziché lo straordinario): influenza e malattie varie, pediatra, vaccini, ricevimento di maestre o professori…
Fin qui niente di strano, potrebbe pensare qualcuno. Fare figli implica occuparsene e non esistono ferie o pause; è un impegno costante e continuo.
Cosa accade quando la madre lavora?
I dati Eurostat evidenziano che se l’occupazione femminile si riduce con l’arrivo e l’aumento del numero di figli, l’impegno degli uomini sul fronte lavorativo, al contrario, aumenta. Pertanto questo conferma una realtà molto comune e ancora predominante: è la donna a occuparsi e farsi carico della gestione e della cura dei figli.
Fatta questa doverosa precisazione, come se la cavano le madri che lavorano?
Magari riescono ad accompagnare i figli a scuola, perché negli ultimi anni tante scuole (soprattutto asilo, materna e primaria) si sono organizzate in modo tale da aprire prima, come è anche vero che talora sono i padri a rendersi disponibili per un passaggio mentre vanno al lavoro.
Ma con l’uscita da scuola, come la mettiamo? Quando si ha la possibilità di un lavoro part-time o comunque di uscire a metà pomeriggio, andare a riprendere il figlio a scuola può diventare pure possibile ma nel caso in cui, al contrario, il lavoro impegni tutto il giorno oppure sia collocato lontano dalla zona di residenza e dalla scuola o comunque non renda possibile ciò, come si fa? E come si possono gestire le attività extra-scolastiche e il dopo scuola?
Tante mamme si affidano, quando sono disponibili e in grado, ai nonni e al di là delle opinioni contrastanti che ci possono essere al riguardo, sono sicuramente un supporto importante, sia perché familiare e quindi sicuro sia perché a costo zero. Quando questo non è possibile (per fattori contingenti o per scelta), allora si ricorre alle tate, talora qualificate e preparate altre volte ragazze studentesse che si dilettano in questa attività per recuperare qualche soldo… se poi amano i bambini, se sono in grado di occuparsene e se il loro approccio pedagogico ed educativo è appropriato, questo è un altro discorso. Inoltre è inutile dire che avere una tata tutti i giorni per alcune ore al dì, ha il suo bel costo, che non è sempre sostenibile.
E se si presenta l’imprevisto? Se il bambino necessita di una visita pediatrica? Contempliamo che mezza giornata lavorativa va persa, dal momento che l’ambulatorio del pediatra ha orari decisamente poco conciliabili con quelli lavorativi.
Perché è così difficile, faticoso e stressante incastrare tutto?
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