di Luciano Anelli
Marilisa D’Amico: Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano, avvocato cassazionista e Presidente della Commissione Affari Istituzionali presso il Comune di Milano.
Candidata al Senato della Repubblica per il Partito Democratico nella Regione Lombardia.
Sposata, tre figli.
Qual è la tua esperienza in politica, nei partiti e nel sociale?
La mia esperienza politica è cominciata all’interno del Partito Democratico con una candidatura simbolica alle elezioni della Provincia di Milano nel 2009.
Nel 2011, ho scelto di mettermi nuovamente in gioco, candidandomi come consigliere alle elezioni comunali che hanno visto la bellissima vittoria di Giuliano Pisapia.
Ho sempre pensato che soltanto dalla politica e dall’impegno personale di ciascuno di noi possano davvero scaturire le scelte migliori per il progresso del nostro Paese.
Come sei arrivata a candidarti?
Nella mia scelta di candidarmi, ha svolto un ruolo fondamentale il mio maestro, Valerio Onida, che mi ha persuasa dell’importanza di un mio coinvolgimento in un momento così delicato per il nostro Paese.
Credo, infatti, che moltissimi saranno gli aspetti e i temi su cui intervenire nella prossima legislatura, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei diritti delle persone, negli ultimi tempi scomparsi nel dibattito e, ancora prima, nell’agenda politica.
Le politiche di sviluppo economico non possono prescindere da un contestuale progresso nel riconoscimento e nella garanzia dei diritti fondamentali della persona.
Cosa ti ha attratto di più: il programma del partito, la tua voglia di cambiare il fare politica, la speranza di essere eletta?
Credo che l’aspetto che mi ha maggiormente stimolata nella scelta di impegnarmi in politica è legata alla possibilità di migliorare non soltanto il fare politica, ma anche la vita delle persone.
Emblematica in tale senso è stata l’approvazione del Regolamento che ha istituito il Registro delle Unioni Civili nel Comune di Milano. Un regolamento che, nonostante la forte valenza simbolica e formale, ha però costituito un esempio importante di come il modo di fare politica possa guardare davvero ai diritti dei cittadini e alle loro esigenze.
Nella mia esperienza come avvocato, ho capito che la garanzia effettiva dei diritti di tutti i cittadini non può prescindere dall’intervento del legislatore.
La tutela giurisdizionale dei diritti non è garanzia di effettiva eguaglianza.
Hai ricoperto mai cariche politiche?
Come già detto, dal 2011 sono consigliere comunale e Presidente della Commissione Affari Istituzionali del Comune di Milano.
Ho partecipato alle primarie per la scelta dei candidati all’elezione del Parlamento per il Partito Democratico e, grazie alle 2225 preferenze ottenute, sono attualmente in lista per l’elezione al Senato della Repubblica.
Cosa ti aspetti dal dopo elezioni? Un incarico specifico? Una soddisfazione personale? una maggiore considerazione dalla gente e dai membri del tuo schieramento?
Se avrò la possibilità di essere eletta, mi impegnerò a portare all’attenzione della classe politica quei temi per i quali da anni mi batto.
Di cosa ti vorresti occupare se eletta o meno?
Innanzitutto, spero di avere la possibilità di potermi avvalere delle competenze, che ho maturato in questi anni, come professore universitario e avvocato.
Centro del mio impegno saranno i diritti civili e i diritti delle donne.
Più in particolare, credo che sia importante che l’Italia esca dalla posizione di isolamento in cui attualmente si trova rispetto agli Stati membri dell’Unione Europea.
Mi riferisco all’assenza di una disciplina specifica che riconosca il diritto fondamentale di ciascun individuo di decidere della propria vita e della propria morte; di una normativa che riconosca i diritti delle coppie di fatto e delle unioni tra persone dello stesso sesso; di una legge che tuteli i diritti procreativi delle coppie e l’autodeterminazione della donna.
Ancora, mi piacerebbe promuovere interventi legislativi a favore di una concreta attuazione del principio della democrazia paritaria, che consenta alle donne di non essere costrette a scegliere tra la famiglia e una carriera professionale; una normativa di contrasto ai fenomeni, in crescita, di violenza sulle donne.
Le donne possono essere o diventare un’occasione di svolta o non fanno la differenza in quanto donne?
Ritengo che a fare la differenza non siano le donne in quanto tali, ma una rappresentanza equilibrata tra i generi all’interno degli organi decisionali.
Si tratta di un’esigenza di democrazia, nonchè presupposto fondamentale per un miglioramento della qualità della nostra rappresentanza politica, che sia espressione anche dell’altra metà della popolazione: quella femminile.
Un esempio recente di intervento del legislatore, finalizzato a garantire un’equa rappresentanza di entrambi i generi, si è avuto con la legge n. 120 del 2011, che impone alle società quotate e a prevalente partecipazione statale una riserva di posti nei c.d.a.
Come dimostrato da molti studi, infatti, l’equilibrio di genere all’interno degli organi decisionali comporta benefici economici, ma non solo. Lo sviluppo economico di un Paese non può prescindere da una crescita inclusiva che valorizzi i talenti femminili.
Avresti voluto o desidereresti anche per il futuro vedere una premier Donna?
Certo.
Sarebbe importante e, credo, rappresenterebbe l’esito naturale del ruolo oramai centrale che le donne, anche se ancora pochissime, stanno però progressivamente acquisendo nei ruoli di responsabilità.