di Luciano Anelli
Il DIRITTO a leggi contemplanti le differenze di genere
Nell’ambito della 2ª edizione del “Festival dei Saperi e delle Pratiche delle Donne” nella Sala Conferenze del Centro Polifunzionale per gli Studenti di Bari si è svolto il 3° seminario sul tema “il DIRITTO ” con gli interventi di GIULIANA COSTA , ricercatrice in Sociologia generale presso il Politecnico di Milano, e ANNA LOSURDO, avvocata, membro del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari, che hanno dialogato con LEA DURANTE (sociologa) e MICHELA LABRIOLA (avvocata) del CDC Donne di Bari.
Il festival quest’anno si pone all’incrocio fra Sapere e Pratica sempre nel segno di Carla Lonzi, la prima in Italia ad avere liberato il femminismo dall’illusione paritaria attraverso le pratiche dell’autocoscienza e della relazione fra donne e la riscoperta del valore della differenza.
MICHELA LABRIOLA, Avvocato matrimonialista a Bari, ha parlato di parità di genere, affermando che la sua applicazione concreta dovrebbe avvenire proprio dalle realtà locali, perché esse operano ad un livello più vicino ai cittadini, favorendo le politiche che affermano la pari opportunità nei diritti e quindi il principio di uguaglianza. Solo la consapevolezza della differenza di genere può però porre le basi per una regolamentazione normativa.
In Italia assistiamo ad un costante arretramento, sotto il profilo del superamento della disuguaglianza, siamo il paese al 72° posto su 134 paesi in totale, ben terzultima in tutta l’Europa, a causa del persistere degli indici negativi sulla partecipazione delle donne alla vita economica del paese.
“La presa di coscienza delle discriminazioni multiple e degli ostacoli e la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini alle decisioni sono una “condicio sine qua non” della società democratica, come anche l’eliminazione degli stereotipi sessuali; l’integrazione della dimensione di genere in tutte le attività degli enti locali e regionali; piani di azione e programmi adeguatamente finanziati come strumenti necessari per far progredire la parità tra uomini e donne”.
La questione della cittadinanza femminile non è meramente quantitativa o formale, ma è garanzia per l’applicazione su scala locale delle norme del rispetto e dell’abbattimento delle disuguaglianze. “La violenza sulle donne non è una questione tutta femminile, come si riscontra purtroppo nei tribunali, ma è una questione solamente maschile, ed è lì che il legislatore deve intervenire.”
La mancanza di sensibilità, tipica femminile, nello svolgimento dei processi e nella ricerca della verità, sono un limite attualmente invalicabile per la propensione, tipica maschile, della rigidità delle norme e regole comportamentali, attanagliate spesso alla cavillosità più che alla sostanziale ricerca della verità.
LEA DURANTE, ricercatrice di letteratura italiana all’università di Bari, si batte per università ricerca e formazione pubbliche e laiche. Lavora politicamente in SEL dalla sua fondazione, dopo moltissimi anni di attività in Rifondazione Comunista. “Prima le suffragette anglosassoni, basato soprattutto sulla fede religiosa, poi il femminismo mi hanno insegnato che la libertà è una conquista che non si deve mai smettere di perseguire, perché si può sempre tornare indietro. L’uguaglianza tra i generi è stata per anni l’obiettivo da conquistare, dopo però si è compresa l’importanza della differenza tra i generi che i legislatori raramente prendono in esame.”
ANNA LOSURDO, per anni presidente della Commissione Pari Opportunità dell’Ordine degli avvocati di Bari, ha sottolineato quanto, a certi tipi di comportamenti e dichiarazioni di avvocati ed avvocate sul riconoscimento di una differenza di genere, in aula non corrispondano poi comportamenti consequenziali, assoggettandosi a metodologie e prassi prettamente maschili. Poi, ha sottolineato che “Le norme sono farraginose e difficilmente applicabili sempre, in quanto sono create e pensate dagli uomini con rari interventi delle donne. Il risultato è sempre la sottile discriminazione tra i generi che si manifesta nella loro applicazione.”
Infatti, difficilmente un giudice e gli avvocati impostano le cause tenendo presente le differenze comportamentali dei due generi, per cui le determinazioni finali sono fortemente condizionate da una visione maschilista. Le recenti sentenze, ma anche le dichiarazioni giornalistiche (delitti passionali), risentono di tale visione arcaica legata ancora a quel delitto d’onore da tempo cancellato, ma non nelle menti dei giuristi e dei giornalisti di genere maschile.
GIULIANA COSTA si occupa di politiche sociali, con particolare attenzione alle dinamiche del welfare locale e territoriale. Ha pubblicato numerosi volumi e articoli sul tema delle politiche rivolte per soddisfare i bisogni di cura di lunga durata. Negli ultimi due anni si dedica ad analizzare prevalentemente la questione delle “badanti” straniere e italiane senza tutela. “Lo sviluppo di un welfare territoriale dei servizi richiede oggi una rinnovata capacità dei contesti locali di costruire un sistema di protezione sociale sufficientemente solido e riconoscibile. E’ forte il dilemma se l’assenza di adeguata normativa nel settore sia dovuta alla presenza di un massiccio welfare esercitato dalle famiglie che si sostituisce al pubblico esercizio, o se è vero il contrario, cioè che l’assenza di normative costringa le famiglie a provvedere direttamente. Attualmente, in assenza di standard minimi e di regole certe e condivise, ogni territorio risponde, infatti, alle molteplici sfide del welfare locale con approcci, logiche di investimento e priorità diverse. La mancata definizione di livelli essenziali in materia di assistenza in ambito nazionale fa sì che non solo non si costituiscano nel nostro Paese le premesse per l’istituzione di diritti soggettivi esigibili in questa materia ma che si perpetui una tradizione di eterogeneità di impianti regolativi, di caratteristiche e di ricchezza del sistema dei servizi, di individuazione dei destinatari dell’azione pubblica in materia di assistenza. “
Il dialogo affrontato non ha avuto la pretesa di rispondere esaustivamente ai complessi interrogativi sulle donne ed il diritto, ma ha tentato di cogliere le “differenze” all’interno di un processo legislativo e di prassi, in cui le donne spesso non sono protagoniste o sono attrici mancate. Al contrario, l’indagine e la ricerca di un diverso sguardo di genere dovrebbe decodificare quel diritto “neutro” – che ha dei connotati ed una struttura tipicamente maschile – nella verifica di una soggettività che tenga conto della esperienza delle donne ed in particolar modo il processo assai costruttivo del partire da sé, proprio dell’ultimissima riflessione al femminile. Pertanto un diritto di genere che non sottovaluti quella fondamentale esigenza di cura e di relazioni personali espresse dalle donne, e che sposti il piano da una sorta di obbligata “privatizzazione” del sentire ad una pubblica riflessione.
Ha concluso la sessione un intervento della Presidente del Centro di Documentazione e Cultura delle Donne di Bari, che organizza tutto il Festival, Antonella Masi, che , nel ricordare come nella storia dell’evoluzione femminile, si sia passati attraverso diverse decodificazioni del porsi femminile, riconosce ora nella ricerca del raffronto con l’altro la necessità di crescita per una risoluzione che, nella ricerca di parità, debba esaltare le differenze di genere.
1 commento
la parità dei diritti e la parità di genere ( che faceva ricadere la donna nell’errore di aderire a modelli maschili , pur di essere pari all’uomo ) è stato un grosso errore dagli anni ’70 fino a poco tempo fa . Sono completamente d’accordo su una parità dei diritti che fondandosi sulla consapevolezza della differenza di genere , sia rispettosa delle reciproche identità sessuali .