Bologna 15 febbraio 2013
Promosso dalla Consigliera di Parità dell’Emilia Romagna e da Confprofessioni Emilia Romagna, il convegno intende fare il punto sul lavoro professionale in Emilia Romagna in ottica di genere, a partire dalla realtà di quelle rappresentate dagli Ordini Professionali (2,6 milioni di iscritti in Italia nel 2011, 280 mila in Emilia Romagna con un’incidenza del 5,3% sul PIL regionale).
La presenza femminile in Emilia Romagnavaria a seconda dell’ambito professionale: scarsa, seppur in aumento, nell’area
tecnica(le donne sono solo l’1% tra i tecnici e periti industriali, il 13% tra gli ingegneri, il 16% tra gli agronomi, il 18% tra i geologi), sono il 29% tra i notai e il 39% tra i commercialisti. Raggiungono il 41% tra i veterinari e i medici, il 42% tra gli architetti; superano la componente maschile tra gli avvocati con il 51%, tra i consulenti del lavoro con il 58%,
sono l’81% degli psicologi. Le ostetriche sono tutte donne.
Nelle nuove iscrizioniall’Ordine Professionale, sono più le donne che gli uomini tra i medici e tra i veterinari, a causa
della forte selezione nelle prove di ammissione.
Scarse nella rappresentanza: nei Consigli degli Ordini Professionali, a livello nazionale sono solo il 14%, di cui solo
4 presidenti. Migliore la situazione in Emilia Romagna: nei Consigli degli Ordini provinciali e/o regionali raggiungono quasi il 30%, 28 delle quali sono presidenti(circa il 18%).
I redditi medi delle professioniste risultano decisamente inferiori a quelli dei colleghi: guadagnano il 57% in meno le
avvocate, il 50% in meno le commercialiste, il 42% in meno le ingegnere, il 45% in meno le architette, il 43% in meno le
veterinarie, il 40% in meno le geologhe e le agronome, solo per fare qualche esempio.
Rosa M. Amorevole – Consigliera di Parità per l’Emilia Romagnae Maria Paglia – Presidente Confprofessioni Emilia Romagna, in virtù del protocollo di collaborazione sottoscritto, ne hanno discusso con: Roberta Mori– Presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Emilia Romagna, Paola Monari-Docente di Statistica Università di Bologna, Morena Diazzidirettore Ass. Attività Produttive della Regione Emilia Romagna.
E’ seguita la tavola rotonda “professioni a confronto” con: Giuseppe di Lietodella Regione Emilia Romagna, Maria Pungettipresidente nazionale Asso Ingegneri,Michelina Grillodella Cassa Forense,Serena BersaniAssociazione Stampa ER, Luisa GandiniAsso Ingegneri e Architetti ER.
“Occorre lavorare affinché i settori meno conosciuti del mercato del lavoro siano studiati e descritti, in ottica di genere, anche per poter formulare proposte operative utili all’entrata e alla permanenza del genere meno presente”, afferma la Consigliera di Parità per l’Emilia Romagna Rosa M. Amorevole.
“Una Consulta delle professioni potrebbe facilitare il recepimento delle istanze provenienti dal lavoro professionale nelle politiche regionali” suggerisce Maria Paglia Presidente di Confprofessioni Emilia Romagna. “Per le professioniste” aggiunge “occorre promuovere co-working, servizi autogestiti per la conciliazione, ed una formazione trasversale che faciliti l’associazione tra professionisti per aumentare dimensione e capacità professionali.
PROPOSTE/ ISTANZE ALLA REGIONE EMILIA ROMAGNA
la presentazione dei dati in ottica di genere è occasione per proposte operative/ suggerimenti all’indirizzo della Regione Emilia Romagna
CONTESTO: A fronte di percorsi di studio in cui il genere femminile evidenzia ottimi risultati, il mercato del lavoro professionale sembra non riconoscerli a pieno. Pur evidenziando, rispetto al passato, una maggiore presenza delle donne tra i nuovi iscritti anche nelle aree tecniche, di fatto i differenziali reddituali evidenziano molti limiti nel professare al femminile: piccole dimensioni degli studi professionali, difficoltà in occasione della maternità o delle attività di cura.
Ma le professioniste , diversamente del passato, non riconoscono più al loro lavoro la caratteristica di un reddito residuale. Il lavoro professionale è componente essenziale della loro identità, e come tale intendono giocare alla pari all’interno del mercato del lavoro.
Le 3 proposte, singolarmente descritte, di fatto possono interagire operativamente creando sinergie utili sia per il miglioramento della propria vita professionale e personale, sia per un generale miglioramento della qualità della vita del territorio nel suo complesso per donne e uomini.
1) COSTITUZIONE DELLA CONSULTA DELLE PROFESSIONI
La Regione Emilia Romagna, come hanno già fatto altre Regioni, dovrebbe riconoscere alle libere professioni la funzione sociale e l’importante ruolo nello sviluppo socioeconomico regionale che è legato sempre più alla conoscenza, alla crescita delle competenze nel capitale umano ed all’apprendimento.
Sarebbe pertanto opportuna una iniziativa legislativa volta alla istituzione di una Consulta delle professioni
a) che possa formulare proposte ed esprimere pareri
– in materie di interesse delle professioni con particolare riguardo ad atti di programmazione e proposte di legislazione regionale e provvedimenti amministrativi inerenti la libera professione e la tutela degli utenti delle professioni
– in materia di semplificazione delle procedure amministrative
– con riferimento ai processi di innovazione delle attività professionali
b) che possa favorire il ruolo consultivo che i liberi professionisti possono svolgere nei relativi ambiti professionali
c) che possa promuovere il coordinamento tra le organizzazioni dei liberi professionisti e le Università presenti sul territorio anche al fine di consentire la stipula di convenzioni e accordi relativi allo svolgimento dei tirocini professionali
d) che possa collaborare alla promozione dell’attività di formazione e aggiornamento professionale (sottoscritto protocollo tra RER e Fondazione per la formazione di Confprofessioni per la formazione delle/i professioniste/i – intervento di Labio)
e) che riconosca il ruolo degli Ordini e Collegi professionali quali Enti pubblici con compiti di autogoverno della professione e come tali investiti della tutela della fede pubblica con il fine di garantire la qualità delle attività svolte dagli iscritti nel rispetto del codice deontologico e di verificarne il costante aggiornamento formativo, delle Associazioni professionali recentemente regolamentate per le professioni non ordinistiche e delle Associazioni sindacali che hanno la rappresentanza dei liberi professionisti ed hanno il compito di tutelare i loro interessi in quanto cittadini e lavoratori, che sono riconosciute “parte sociale” ed hanno la rappresentanza datoriale nelle trattative con le OOSS dei lavoratori.
Alla Consulta dovranno partecipare rappresentanti degli Ordini e Collegi professionali, delle Associazioni professionali e delle Associazioni sindacali dei professionisti che sottoscrivono il CCNL di categoria.
Nella composizione della Consulta, nel rispetto delle indicazioni europee e nazionali, dovranno essere rispettati equi criteri di rappresentanza di genere per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere così come avviene (o dovrebbe avvenire) nelle giunte e nei consigli degli enti locali e regionali.
2) PROMUOVERE E SOSTENERE IL COWORKING come nuova forma di sinergia per le giovani (e le meno giovani) professioniste
Dagli Stati Uniti è arrivata ben presto anche in Italia l’idea che condividere spazi e lavorare insieme può rappresentare un’ opportunità per chi vuole iniziare una nuova attività ma non ha ancora la possibilità di investirvi risorse importanti.
Vorremmo coniugare l’idea di coworking nell’ambito delle libere professioni non solo interpretandolo come semplice utilizzo di spazi “in affitto temporaneo”, ma come opportunità per aiutare la conciliazione, facilitare lo scambio di esperienze e di opportunità di lavoro, fornire servizi collettivi a costi più accessibili (una sorta di welfare territoriale autogestito che – nel rispetto della normativa regionale per i servizi di cura, ad esempio – possa integrarsi con il welfare pubblico). Questo , consentirebbe alle giovani professioniste, spesso mamme, di usufruire di ambienti idonei anche per incontrare clienti, organizzare meeting, usufruire di un servizio di cobaby. Riteniamo anche che l’esperienza di coworking possa rappresentare il primo passo verso la creazione di studi professionali più grandi ed organizzati, sicuramente più adeguati ad affrontare mercati più esigenti ed evoluti.
Il coworking potrebbe rappresentare un’ opportunità anche per professioniste con esperienza che a causa della crisi hanno perso il lavoro dipendente. Sappiamo che la situazione economica attuale rende molto difficile il reinserimento di persone quaranta/ cinquantenni che hanno perso il lavoro, ma la loro professionalità non deve andare dispersa. La possibilità di iniziare autonomamente una attività, approfittando di spazi e strumenti messi a disposizione da una struttura di coworking, potrebbe rappresentare uno stimolo per loro ed un aiuto per le più giovani che le possono incontrare ed avere scambi professionali.
In sostanza si tratta di lavorare autonomamente, ma con la possibilità di stare insieme e condividere spazi, strumenti e servizi e perché no, esperienze e professionalità.
L’abbinamento di servizi di segreteria, amministrativi, ma anche di aiuto per la gestione dei figli o per alcune attività di carattere domestico (lavanderie, stirerie…), la condivisione di spazi ricreativi comuni, una cucina per i pasti veloci, potrebbero poi aiutare la conciliazione dei tempi di lavoro e di vita. (Le sperimentazioni attivate sul fronte aziendale di welfare aziendale/territoriale autogestito, in relazione con il welfare pubblico, hanno messo in evidenza il valore dell’organizzazione –autoorganizzazione di questi servizi di prossimità)
Una ulteriore evoluzione di questa organizzazione potrebbe farci pensare anche alla possibilità per le professioniste esperte di porre in essere attività di mentoring per le più giovani.
Accordi e sinergie con gli Enti locali potrebbero consentire l’identificazione di proprietari di immobili sfitti disponibili ad agevolare la locazione per iniziative di coworking. Si potrebbe in tal senso incentivare anche il recupero di particolari zone urbanistiche che potrebbero così revitalizzarsi.
Un grande “studio” multiprofessionale che vede liberi professionisti, clienti, prestatori di servizi, muoversi e vivere, rappresenta uno stimolo per frequentare e non abbandonare i centri storici, ma anche le aree che in questo momento vedono diminuire le attività imprenditoriali o di servizi a causa della chiusura di molte imprese.
Gli incentivi potrebbero passare attraverso agevolazioni fiscali per i contratti di locazione a canone “concordato” anche per uffici e locali adibiti a servizi del terziario, riduzione delle aliquote IMU…..
Anche in Emilia Romagna qualche Ente pubblico ha colto l’importanza di queste iniziative, la CCIAA di Ferrara per esempio ha progettato un bando finanziato.
Confprofessioni propone alla Regione di valutare interventi a sostegno del coworking come opportunità per aiutare le giovani libere professioniste, ma anche i giovani professionisti in generale, nonchè il reinserimento di figure professionali uscite dal mondo del lavoro dipendente ma in possesso di esperienza e titoli per sperimentare un lavoro autonomo, per aiutare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e per incentivare la costituzione di strutture professionali di maggiori dimensioni.
3) AMPLIARE LA FORMAZIONE TRASVERSALE DELLE LIBERE PROFESSIONISTE
I liberi professionisti, nella veste di datori di lavoro, hanno dato vita attraverso Confprofessioni e le OOSS dei lavoratori, a Fondo professioni, il Fondo interprofessionale che si occupa della formazione dei dipendenti degli Studi. Nella professione però riveste una fondamentale importanza la formazione continua del professionista.
La Commissione europea riconosce il ruolo dei liberi professionisti nello sviluppo economico e nella creazione di occupazione e apre loro l’accesso ai fondi europei su misura, equiparandoli, per queste finalità, alle piccole e medie imprese. Nell’allocazione di tali fondi la Regione potrà tenere conto delle esigenze delle libere professioni.
La recente riforma delle professioni, recependo quanto già molti ordinamenti professionali prevedevano, ha reso obbligatoria la formazione continua che è normalmente offerta da strutture incaricate dagli Ordini professionali ed è solo in parte gratuita, ma in gran parte economicamente a carico dello stesso professionista.
L’utilizzo di fondi europei per la formazione anche a favore dei liberi professionisti, ed in particolare delle donne che – così come indicano i dati relativi ai redditi – presentano una realtà di studi professionali di piccola dimensione, potrebbe comprendere anche una formazione trasversale che abbia come obiettivo il rafforzamento della capacità organizzativa, fornendo strumenti che facilitino l’aggregazione e la crescita dimensionale degli Studi, la diffusione e l’utilizzo dei nuovi strumenti di comunicazione, di pianificazione, di gestione del tempo e di rafforzamento della capacità di leadership.
Le analisi ed i dati forniti con riferimento allo svolgimento delle attività libero professionali sul fronte reddituale, evidenziano – soprattutto per le donne – una debolezza che nasce in concomitanza con la gravidanza, la cura di anziani, una conciliazione che viene ancora culturalmente vissuta come in capo alla donna. Attraverso la formazione si potrebbero limitare e forse annullare tali debolezze, consentendo alle donne di liberare le loro potenzialità, di creare strutture più idonee a garantire la continuità dell’impiego, evitando il fenomeno della fuoriuscita dal mondo del lavoro professionale in occasione o a seguito di eventi che dovrebbero invece essere gestiti come normali momenti di vita.