di Anna Paola Franzì
Bell’inizio d’anno per la toponomastica femminile di Noto, città gioiello del barocco siciliano: a Tina di Lorenzo, attrice teatrale vissuta a cavallo tra il secolo XIX e il XX, l’8 marzo sarà intitolato il Teatro Comunale, fin ora dedicato al Re Vittorio Emanuele.
Quale luogo potrebbe meglio accogliere il nome di Tina Di Lorenzo per il suo Teatro? Noto è, infatti, un luogo scenografico essa stessa, un teatro di pietra bianca, con i giochi di prospettiva, le linee flessuose delle facciate dei palazzi aristocratici, dei collegi storici e delle chiese, con i mascheroni che ornano balconi e parapetti, creando uno scenario surreale che mescola il reale all’immaginario.
Così come la vediamo oggi, Noto è stata ri-creata, dopo la devastazione del terremoto del 1693, da maestri locali e da artisti siciliani, tra i quali Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra e Rosario Gagliardi, della scuola borrominiana. Ebbene, in questo magnifico scenario bianco oggi si compie un atto di intelligenza civica e di apertura, un atto dovuto e naturale da parte dell’amministrazione netina: dovuto perché si riconosce merito ad un’artista che si è distinta sulle scene dei più prestigiosi teatri italiani, naturale perché Noto, se anche non le ha dato i natali, è stata la sua terra di origine e di adozione. Del netino era, infatti, originario il padre, il marchese Corrado Di Lorenzo del Castelluccio, aristocratico cultore delle arti e dello spettacolo; attrice era la madre Amelia Colonnello, nobile napoletana, dama di corte della regina Elena di Savoia, fondatrice di una compagnia teatrale, la “Brigata d’Arte Goldoni”, con cui Tina esordì proprio al Teatro Comunale di Noto all’età di undici anni. Non solo i teatri italiani, ma anche quelli europei e americani, ospitarono gli spettacoli di cui Tina Di Lorenzo fu protagonista: fu applaudita al Teatro Manzoni di Milano, al Teatro Rossini di Napoli, e poi a Torino, a Livorno, a Budapest e in Argentina. Celebrarono la sua naturale eleganza e la sua padronanza scenica i giornali del tempo, per lei furono spese parole emozionate e inventati soprannomi adoranti : “Angelicata”, “Encantadora”. Artista versatile e curiosa del nuovo, nel 1915 recitò anche per una pellicola cinematografica : si trattava de La scintilla del regista- attore emiliano Eleuterio Rodolfi. Si ritirò a vita privata negli anni tra il 1918 ed il 1920, tornando in scena una sola volta, nel 1926, al teatro Drammatico Nazionale di Roma. Morì a Milano nel 1930.
Il 29 agosto dello stesso anno le fu intitolata una strada nella città di Livorno e poi anche a Palermo e Milano, città natale di Tina. Chiudendo il cerchio, ritorniamo all’inizio con due proposte: due strade per Tina, una a Noto, dove su 912 strade solo 15 sono dedicate alle donne, l’altra a Torino, città natale dell’artista, dove su 2250 strade soltanto 50 sono femminili. Sarebbe un ulteriore passo verso la cultura delle pari opportunità e verso il riconoscimento del valore artistico di una stella italiana.