Sono in aumento gli uomini, trentenni come anche quarantenni e oltre, che si trovano a fare i conti con una dimensione della vita che fino a non qualche tempo fa veniva considerata affairs pour femme.
Per quanto le ricerche documentino che i lavori domestici siano ancora attività svolte prevalentemente dalle donne, con scarso supporto e collaborazione da parte degli uomini, è innegabile che si stia assistendo in tempi molto rapidi a cambiamenti importanti in seno al ménage familiare.
Infatti complice la crisi economica che ha messo e sta tuttora mettendo a casa molte persone, fra cui anche tanti uomini, e il fatto che, per quanto l’occupazione femminile sia penalizzata per vari e diversi motivi, le donne madri di famiglia spesso e volentieri lavorano e magari anche con un forte carico di impegno e di tempo speso fuori di casa, non sono pochi gli uomini che si ritrovano con grembiule, mestolo in mano e figlio da accudire.
I dati Istat parlano chiaro: nel 2012 sono 78 mila i casalinghi, per necessità o per scelta, contro 58 mila del 2010 e 28 mila del 2008.
Un aumento significativo che trova una cassa di risonanza in tutto il mondo. Infatti secondo il The Guardian, in una famiglia su sette è l’uomo a prendersi cura esclusivamente di casa e figli. Arrivano sempre più numerose le testimonianze, su web come su cartaceo, di uomini europei e non, che decidono di interrompere il lavoro, dando spazio alla carriera della compagna e assumendosi il compito e il ruolo del casalingo dedito a famiglia e casa, come anche di uomini che scelgono di prendersi il congedo parentale che in alcuni paesi, come quelli scandinavi, è oramai l’abitudine.
Anche in Italia qualcosa sta cambiando e a diffondere la notizia, un servizio della rivista “Grazia” di questa settimana (4 marzo 2013) – “Lei lavora, io faccio il papà” – in cui si evidenzia proprio questo nuovo trend, come anche l’aumento di siti e associazioni dedicate a casalinghi, fra cui Asuc (Associazione uomini casalinghi).
Per quanto qualcosa stia davvero cambiando, purtroppo non credo che in Italia la situazione sia così felice come in altre realtà europee.
Infatti se altrove gli uomini scelgono il congedo parentale o addirittura una breve interruzione dal lavoro consapevoli che poi ci sarà un rientro e che quindi si tratta di una felice parentesi e possono confidare in lavori delle compagne che possono essere anche ben retribuiti, in Italia il quadro comune non è proprio così.
Infatti fatte le sempre e doverose eccezioni, nel nostro paese gran parte degli uomini casalinghi, sono persone che hanno perso il lavoro, per cui si ritrovano, non per scelta ma per necessità, a fare i casalinghi e quindi a re-inventarsi una nuova collocazione per fattori contingenti. Non solo. Ad oggi in Italia perdere il lavoro, implica incontrare molte difficoltà nel ritrovarne un altro e anche quando qualche possibilità emerge, spesso riguarda lavori mal retribuiti e precari. Se poi aggiungiamo che gli asili e/o le tate costano e non poco e che tutto ciò grava prevalentemente sulle spalle delle famiglie, comprendiamo come alcuni uomini, oltre che tante donne, possano arrivare alla “scelta” di occuparsi dei figli.
Pertanto sebbene sia indiscutibile che la generazione dei nuovi padri sia desiderosa di occuparsi in prima persona dei figli e che sia disponibile a dedicare tempo ed energie alla cura della famiglia, ritengo che non si possa esulare il fenomeno dal contesto storico-sociale nel quale si colloca.
Infine per quanto ci siano donne che raggiungono anche incarichi e ruoli prestigiosi, nella maggior parte dei casi sappiamo che le donne italiane incontrano maggiori ostacoli nell’avanzamento di carriera e che a parità di incarico, guadagnano meno rispetto ai consorti. Pertanto nel nostro paese anche la scelta libera e tranquilla di poter confidare nello stipendio della compagna, non è poi così comune e facile per gli uomini italiani.
Infine come giustamente precisa la sociologa Chiara Saraceno, bisogna distinguere l’impegno degli uomini nella cura dei figli rispetto alla casa. Infatti se è vero che i dati attestano un maggior impegno degli uomini nella cura della prole, decisamente più scarso risulta il loro contributo per le faccende domestiche.
In sintesi, sicuramente stiamo assistendo ad un cambiamento sociale importante all’interno del sistema familiare e della ripartizione dei ruoli, con l’aumento progressivo di uomini che si dedicano ad attività familiari che prima erano considerate esclusivamente femminili, senza per questo essere considerati “meno uomini” o giudicati negativamente, come invece un tempo sarebbe stato. Non è così inusuale, quindi, ritrovarsi in situazioni in cui è lei ad andare a lavorare e lui a rimanere a casa (“stay-at-home dad”, dicono gli inglesi).
Tuttavia la realtà italiana, a mio avviso, non può essere purtroppo paragonata (o quanto meno non ancora) a quella dei paesi scandinavi, dove la maggiore presenza degli uomini in casa e con i figli è motivo di scelta e frutto di una politica e di un pensiero sociale che vede una maggiore collaborazione e integrazione di genere inside e outside.
Infine al di là dei motivi e dei fattori, sarebbe interessante sapere se gli uomini che vivono questa realtà sono sereni e realizzati oppure la perdita del lavoro e quindi di un reddito come anche il ritrovarsi a fare i casalinghi, al contrario, metta in crisi la propria identità sociale e il proprio benessere. Infine sarei curiosa di sapere anche che cosa ne pensano le compagne/mogli e come anche loro vivono questa nuova dimensione familiare.