di Leila Zammar
A Fiumicino, in località Passoscuro, una piazza è dedicata a Salvo D’Acquisto, il giovane carabiniere fucilato proprio in quel luogo il 23 settembre 1943, pochi giorni prima del suo ventitreesimo compleanno. Le vicende legate alla morte del giovane vicebrigadiere sono ben note: per evitare la rappresaglia ai danni di 22 innocenti, preferì sacrificare la propria vita, spinto da un forte senso di altruismo e dalla sua profonda fede cristiana, che gli permise di affrontare la morte senza paura. Pochi mesi prima di quell’episodio, il 21 febbraio del 1943, una giovane donna tedesca, Sophie Scholl, di pochi mesi più giovane di lui, aveva affrontato la decapitazione presso il carcere di Monaco-Stadelheim con lo stesso animo impavido e la stessa fede cristiana. Sophie e Salvo, due vittime eroiche degli orrori del nazional-socialismo.
Ma mentre in Italia la vicenda del vicebrigadiere dei carabinieri ha avuto larga eco, non altrettanto si può dire di quella di
Sophie Scholl. Eppure la sua breve vita, animata da un forte spirito critico mosso da una profonda fede nella libertà di pensiero, e collocata nel contesto del Terzo Reich, si erge come un faro luminoso nel periodo più buio della nostra storia recente. Amante dell’arte e della cultura, la giovane Sophie, quarta di cinque figli, è apparentemente fredda, ma ha in realtà un animo estremamente sensibile. Legata da stima e ammirazione per il fratello Hans, quando si iscrive all’università di Monaco, frequenta insieme a lui artisti, scrittori e filosofi. Serpeggia, fra i giovani, un forte malcontento che li spinge a voler reagire ad un regime che non li rappresenta e di cui non vogliono sentirsi complici. L’allora ventiquattrenne Hans, già condannato nel 1937 ad alcuni mesi di reclusione per attività sovversiva, decide che è giunto il momento di far sentire la propria voce per risvegliare le coscienze del popolo tedesco. Insieme agli amici Alexander Schmorell di 25 anni e Christoph Probst di soli 23 anni, ma già padre di tre figli, dà quindi vita al gruppo della Rosa Bianca a cui prende subito parte attiva la giovane Sophie, appena ventunenne e unica donna del gruppo, a cui si
aggiungeranno negli ultimi mesi di attività il venticinquenne Willi Graf ed il cinquantenne professore di filosofia Kurt Huber. La decisione di Sophie di farne parte non è impulsiva; le riunioni a cui aveva partecipato l’avevano portata ad attraversare una forte crisi spirituale e a interrogarsi sul ruolo di un cristiano nell’ambito del nazional-socialismo. Era dunque giunta alla conclusione che non si potesse rimanere in silenzio davanti ai crimini del regime ma che, anzi, fosse necessario opporvisi in maniera decisa.
E che cosa c’è di più pericoloso per un regime se non la diffusione di idee contrarie al regime stesso?
L’attività sovversiva della Rosa Bianca è consistita unicamente nella scrittura e diffusione di sei volantiniche avevano lo scopo di spingere la popolazione tedesca a opporsi in maniera non violenta al regime e fermare gli orrori che il regime stesso stava perpetrando. I primi quattro furono scritti nel solo mese di giugno del 1942. Il ruolo di Sophie fu decisivo per la diffusione: lei comprava le buste ed i francobolli, lei cercava di convincere amici e conoscenti a diffonderne il contenuto e insieme agli altri compagni del gruppo distribuiva le copie all’università, sprezzando il pericolo. Fu proprio in occasione della diffusione dell’ultimo volantino, scritto interamente dal professor Huber, che Hans e Sophie vennero arrestati. Era il 18 febbraio 1943. Sophie si sarebbe forse potuta salvare, perché le fu suggerito di accusare il fratello di averla costretta a prendere parte all’attività del gruppo, ma lei si rifiutò di farlo. Solo tre giorni dopo, i fratelli Scholl e
l’amico Christoph Probst videro eseguire la propria condanna a morte a cui sarebbe seguita di lì a pochi mesi quella degli altri componenti del gruppo. Dai documenti storici risulta che poco prima dell’esecuzione Christoph, rivolgendosi ad Hans disse “ci rivedremo fra pochi minuti”, mentre Hans nel momento di salire sul patibolo gridò “viva la libertà” con la stessa convinzione con la quale Salvo d’Acquisto gridò il suo “viva l’Italia” poco prima di essere fucilato. Anche Sophie, malgrado la giovane età e l’aspetto delicato, affrontò il patibolo con eroismo. Le fonti storiche riportano infatti che quando l’ufficiale della Gestapo che la interrogava le chiese “Signorina Scholl, non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver diffuso questi scritti e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?” Lei rispose “No, al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio
popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena”.
Pensare dunque che nel Comune di Fiumicino, magari non distante da Piazza Salvo D’Acquisto, si possa intitolare una via a Sophie Scholl mi sembrerebbe il modo migliore per omaggiare la giovane eroina tedesca e far sì che anche da noi il suo nome e la sua storia vengano maggiormente conosciuti e diffusi.