di Cristina Obber
Quando sulla targa -molto elegante porre sotto un monumento l’elenco degli sponsor- ho letto “Comitati Snoq regione Marche” ho pensato “I can’t believe!” e ho cercato di capire come mai Snoq avesse sostenuto Violata quando molte donne di Snoq di Ancona hanno espresso il loro dissenso.
Ad Ancona ci sono due Snoq, Comitato 13 febbraio Se non ora quando Ancona, e Se non ora quando Ancona (il primo è nato prima del 13 febbraio 2011, il secondo da una successiva uscita di alcune dal gruppo fondatore).
Del primo fa parte ad esempio Giuliana Brega, fortemente contraria alla statua, di cui auspica la rimozione: “Quando l’ho vista mi ha fatto male” dice rammaricandosi di non aver verificato personalmente come stesse procedendo il progetto, affidato a persone di cui ha molta stima, come la stessa Adriana Celestini. “Ho avuto un sentore che qualcosa non andasse – dice – solo durante la conferenza stampa, pochi giorni prima dell’inaugurazione, quando lo scultore, Ippoliti, ha detto con aria compiaciuta che ci sarebbero state delle polemiche; pensavo però si riferisse ai finanziamenti, ai sostenitori eccetera”.
Del secondo Snoq fa invece parte Marina Barausse, a cui invece la statua piace e la difende: “Se è vero che dopo una violenza una donna difficilemente può reagire con tale immediata fierezza, è vero però anche che un’opera artistica (e questa lo è) non è quasi mai una rappresentazione fedele della realtà quanto invece un’interpretazione simbolica del mondo emotivo di chi la crea e di chi la guarda. Se per una volta l’immagine della donna vittima viene sostituita da quella di una donna che reagisce e si rialza con fierezza, io lo considero un simbolo importante di coraggio e riscatto, non una mancanza di rispetto per il dolore subito”.
Nelle marche ci sono poi altri gruppi Snoq a Osimo, Pesaro, Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto, che, ci dice Marina Barausse, avevano aderito all’iniziativa senza aver visto la statua.
Su Snoq ci chiarirà le idee un comunicato stampa del Comitato 13 febbraio Se non ora quando Ancona, previsto per oggi pomeriggio.
Ho parlato poi con Pina Ferraro, che, pur essendo consigliera di parità ad Ancona – e quindi impegnata sulla parità di genere in ambito lavorativo – ha un’ esperienza professionale di più di quindici anni sui centri antiviolenza, essendo stata ricercatrice e fondatrice a Catania di un centro antiviolenza (appartenente oggi all’associazione Di.Re.).
Pina Ferraro non ha seguito il progetto, né ha visto prima la statua, ma le è stato chiesto di partecipare in qualità di moderatrice alla tavola rotonda sulla violenza che ha seguito l’inaugurazione della statua.
– Quando è stata scoperta la statua cos’ ha pensato?
Io ci sono rimasta male. Mi sono sentita destabilizzata.
Abbiamo parlato tra alcune delle presenti, e alla tavola rotonda sono emerse le prime criticità, soprattutto da parte delle donne di Snoq- sia sulla statua e sia per il fatto che non erano stati invitati i centri antiviolenza.
– Alla tavola rotonda sulla violenza non sono stati invitati i centri antiviolenza della città?
C’è un problema di disinformazione, oltre che sugli stereotipi, su cosa sono i centri antiviolenza, che si accomunano alle case rifugio, come se fossero la stessa cosa. Siccome all’inaugurazione del mattino aveva partecipato la responsabile di una Casa rifugio, probabilmente non si è ritenuto invitare i centri antiviolenza nel pomeriggio. Bisogna dunque fare una considerazione molto più ampia.
La casa rifugio è uno dei tanti strumenti da utilizzare per sostenere le vittime di violenza, quando ci sono difficoltà particolari, ma lo strumento cardine della lotta contro la violenza è il centro antiviolenza.
Le donne che subiscono violenza sono donne di qualunque estrazione, di qualunque cultura, donne che vogliono restare a casa loro.
Quindi si cade sempre nei luoghi comuni, manca l’informazione.
– Anche di chi fa politica?
Soprattutto di chi fa politica.
Da quando occupo questo ruolo istituzionale mi rendo conto che la maggior parte di chi in politica si occupa di violenza non sa di cosa sta parlando e fa solo demagogia.
Abbiamo delle leggi scritte bene, anche in tema di parità, ma poi non abbiamo assessori o sindaci competenti.
L’unica cosa positiva in questa faccenda è che sta facendo emergere che sul fenomeno della violenza, anche in contesti come Ancona dove ci sono buoni servizi e ci sono state buone politiche, si cade ancora nello stereotipo e del pregiudizio.
– Ma pur sapendo questo lei si è fidata di questo progetto?
Ammetto che avrei potuto, a livello personale, interessarmi sulle decisioni che si stavano prendendo, sarei dovuta andare oltre il mio ruolo istituzionale.
Adriana Celestini è una persona seria, non avevo dubbi che potesse essere una cosa seria, così è stato forse nel suo intento.
Ho voluto rispettare i miei confini, non invadere spazi di altri, e per questo ora sono arrabbiata con me stessa.
– E adesso che succederà?
Dobbiamo sempre cercare la possibile costruzione, anche dagli eventi più traumatici. Forse perché mi occupo di violenza da tanti anni sono abituata a ripartire, a ricostruire anche dalle macerie. Bisogna andare oltre la critica, ammettere l’errore, umanamente comprensibile.
Spero che questa esperienza serva a fare questa riflessione, e se non si farà, si sarà persa un’occasione.
Credo ci si dovrebbe sedere attorno a un tavolo e dirsi “Da dove ricominciamo”?
– Dal togliere la statua?
Secondo me sì.
Di parere completamente diverso invece Ivana Iacchetti, dirigente dell’area pari opportunità della Regione Marche, che della statua è entusiasta.
– Come siete arrivati alla scelta della statua?
E’ opportuno che telefoni alla presidente Celestini, al consiglio regionale, io le posso dare un parere personale.
Credo si stia perdendo tempo su una cosa inutilmente. Un simbolo è un simbolo, può piacere o non piacere, tutto quello che c’è dietro sulle problematiche delle donne sta in piedi, ognuno porta avanti il suo lavoro con impegno, il resto è un inutile polverone.
–Lei non pensa che un’immagine così sensuale e spavalda non ricalchi lo stereotipo della donna oggetto?
Ma no!, Perché? Perché? le donne violentate devono essere per forza brutte e remissive? Puo’ essere anche una bella donna che alza la testa e decide di affrontare con rabbia quello che le è successo.
Con tutte le cose che c’abbiamo, compresa la città di Ancona, andiamo a pensare ci andiamo a preoccupare di una statua.
– Lei non la trova un insulto al dolore delle donne violate?
Io trovo che sia il simbolo di una immagine femminile che reagisce, nella sua bellezza, stracciata, e violata, però è una bellezza che reagisce.
Come servizio ci saremmo posti il problema se farlo o no, siccome è cosa che hanno scelto altri io giudico la coa che ha suscitato a me vederla. Io mi ci sono identificata, quando è stato tolto il drappo io mi ci sono sentita rappresentata.
– In cosa?
In chi reagisce agli insulti quotidiani, non necessariamente violenti, anche psicologici. Io ne ho subito tanti e ho reagito con fierezza, non mi sono piegata e continuo a reagire.
– Un investimento così importante dal punto di vista economico, soprattutto di questi tempi, le sembra opportuno?
Non è un investimento a carico delle pari opportunità regionali, lo è in misura ridotta ridotta, per la maggior parte da sponsor privati.
Per cui il denaro pubblico è speso poco. E poi complessivamente è costato 20.000 euro, di cui molti sono stati trovati da sponsor privati, non è un costo tale che può far gridare “Oddio che spreco di fondi pubblici!”, con tutto quello a cui assistiamo tutti i giorni, che dice?
– Ma quant’è la parte di soldi pubblici?
Quanto ci ha messo il consiglio regionale non lo so, come giunta noi abbiamo promesso un piccolo contributo, al massimo 3000 euro.
Per qualsiasi infimo convegno si spende di più, sono cifre irrisorie, risottolineo l’inutilità di questa perdita di tempo.
Come diceva Totò, dunque, quisquilie e pinzillacchere!
Intanto in città è partita una raccolta firme per la rimozione di Violata, che in pochi giorni ha raggiunto quota 700.!
La petizione, promossa da Cristina Babino e Alessandra Carnaroli, é è consultabile qui:http://www.change.org/petitions/commissione-pari-opportunita-regione-marche-comune-di-ancona-rimozione-della-statua-violata-di-floriano-ippoliti.
E nel frattempo qualcuno ha gentilmente offerto a Violata un accappatoio per proteggere almeno le proprie nudità; forse ci stiamo affezionando!?
1 commento
Il massimo dell’autocoscienza femminista? Affidare l’immagine di una donna a un uomo, di una violata a un non violabile, con una scelta autoritaria dall’alto, senza un concorso di idee, senza un’indagine.
Si potrebbe pensare ad uno scherzo, a una scelta di stampo patriarcale… ma no, siamo nel 2013 ad Ancona e questo è il polso della coscienza femminista. Non batte, non pulsa neanche un minuto debolmente. Inanimato, come si addice a una statua.