di Caterina Della Torre
Carlotta e Lara si scambiarono velocemente un’occhiata interrogativa sul da farsi. Man mano che si avvicinava la sagoma acquisiva una maggiore definizione e sostanza. Un uomo, forse un ragazzo, chiaro di capelli, sì forse biondo, con una giacca beige chiaro, senza colli di pelliccia o altri orpelli. Mani in tasca, forse per riscaldarsi le mani senza guanti.
Arrivato di fronte a loro, sfoderò un sorriso tra l’ebete e l’innocente. Era visibilmente ubriaco. Allungò una mano quasi per prendere le due donne, come se gli si parassero davanti in uno schermo. Le due indietreggiarono e Lara lo apostrofò in russo chiedendogli di allontanarsi. Il ragazzo di rimando sorrise di nuovo e…all’improvviso come dal nulla si materializzarono due poliziotti moscoviti che lo circondarono e prendendolo per il collo lo fecero allontanare con loro.
Le due giovani donne rimasero sorprese e soprattutto si chiesero dove se lo portassero. A Mosca gli ubriachi erano tanti ma non avevavno mai visto una tempestività d’intervento tale.
Rimaste nuovamente sole, Lara propose a Carlotta di rientrare al convitto, il loro obshezhitie ai margini sud della città. Vista l’ora tarda, Carlotta propose un taxi che avrebbe pagato lei stessa. La giornata, che era l’ultima per l’italiana prima di rientrare a casa, era durata anche troppo a lungo. Andarono sul lungo Moscova e mentre davano l’addio al grande fiume, riuscirono a fermare un taxi.
Mosca addio, sembravano dire gli occhi di Carlotta. Addio Maneggio, addio, cupole, addio negozi vuoti di merci, addio code interminabili…addio. Il giorno dopo sarebbe stata in Italia.
Addio odore di Mosca.
L’avrebbe ritrovato però molti anni dopo, quando la ”perestroika” avrebbe cambiato molto se non tutto. Forse anche gli occhi ingenui e liquidi di quel ragazzo sconosciuto.