di Lucina di Meco da Little Light Lab
Qualsiasi cosa pensiate delle politiche di Margaret Thatcher, è indubbio che suo sia il merito di aver dimostrato al mondo che le donne sono capaci della stessa leadership aggressiva, intransigente e spesso spietata di cui sono capaci gli uomini. Non che, dopo un paio di esperienze lavorative in organizzazioni guidate da donne, avessi dubbi. Infondo per me è chiaro che l’unica differenza biologica tra donne e uomini è il sesso e il resto è costruzione sociale a cui si può (e spesso si deve) sfuggire.
Non è però questa la storia che ci viene raccontata tutti i giorni, spesso con pretese scientifiche. Da Gli Uomini Vengono da Marte, le Donne da Venere a Il Cervello delle Donne, molti sono i best-sellers che negli ultimi anni hanno analizzato le differenze comportamentali di uomini e donne, trovandone l’origine nel loro diverso patrimonio neurologico. Secondo questi studi, talvolta basati anche sull’interpretazione delle risonanze magnetiche, le donne sarebbero “programmate” per essere più empatiche, capaci di multi-tasking, comprensive, sensibili e loquaci. Gli uomini sarebbero invece più aggressivi, competitivi, analitici e individualistici. Le prove si troverebbero spesso nelle situazioni più triviali: non è vero che le donne non sanno leggere le mappe, mentre gli uomini non sembrano capaci di parlare e guardare la televisione allo stesso tempo?
Sembra un discorso banale fino all’innocuità, ma non lo è. Per millenni, infatti, scienziati e esperti cosiddetti imparziali hanno giustificato la disuguaglianza sociale e politica tra uomini e donne attraverso la loro supposta differenza biologica (e neurologica).
Neurosessismo, insomma.
Nell’epoca vittoriana si diceva che il cervello femminile, in media più piccolo e più leggero di 141 grammi di quello maschile, non era in grado di sostenere attività analitiche profonde. Nel 1915, il neurologo Charles Dana dichiarava che, a causa del midollo spinale troppo piccolo, le donne avevano limitate capacità di giudizio e per tanto non erano soggetti adatti ad esercitare il diritto di voto. E via discorrendo. Allora come oggi, le mappe della disuguaglianza venivano tracciate nei nostri corpi e nei nostri cervelli, delineando una geografia stranamente funzionale al mantenimento di uno status quo che vede le donne ricoprire ruoli sociali non solo diversi, ma spesso inferiori e quasi sempre più vulnerabili.
In realtà, c’è anche un’altra scienza. Secondo Cordelia Fine, moltissimi sono gli studi che dimostrano la trascurabilità delle differenze cerebrali tra uomini e donne, ma in genere non fanno titolo. Infondo, chi leggerebbe un articolo su uno studio che non ha trovato nulla?
Una domanda rimane: se non sono innate, da dove vengono le differenze?
Secondo Lise Eliot, professoressa di Neuroscienza alla Chicago Medical School, le differenze comportamentali e di attitudini dell’infanzia e dell’età adulta sarebbero principalmente il risultato delle diverse aspettative sociali per uomini e donne. Per semplificare, sarebbero quindi i messaggi educativi diversi a far sì, per esempio, che i bambini vogliano giocare con le costruzioni e le bambine vogliano vestirsi di rosa. E mentre esistono delle piccole differenze nelle propensioni di bambini e bambine quanto allo sviluppo di certe capacità (per esempio, in media le bambine parlano alcune settimane prima dei bambini), queste differenze sono di gran lunga inferiori a quelle esistenti tra individui dello stesso sesso (tra bambine che parlano, per esempio, a 18 mesi e bambine che parlano a 3 anni).
Secondo la Fine e la Eliot, il cervello sarebbe dunque un organo flessibile, in continuo cambiamento e evoluzione, profondamente influenzato da input e pressioni esterni. In questo senso, anche quelle differenze cerebrali tra i sessi evidenziate da alcuni studi di risonanze magnetiche non sarebbero in grado di indicare se queste differenze sono la radice o piuttosto il frutto della differenza (e disuguaglianza) tra i sessi. Dove finiscono dunque le differenze neurologiche e dove inizia il neurosessimo?
Margaret Thatcher sosteneva di aver imparato dalla politica che gli uomini non sono un sesso ragionevole e razionale. Le donne non sono molto diverse, o per lo meno non tutte e non per via della biologia, aggiungerei io. A dimostracelo è stata proprio lei.