di Caterina Della Torre
Ricordava perfettamente quello che era accaduto dopo il ritorno a casa. L’amica che l’attendeva, lei che si lasciava portare docilmente sulle gambe traballanti, i giorni che erano seguiti, lui che telefonava sempre meno spesso, la sensazione di essere stata messa nel dimenticatoio (che non le piaceva per nulla), la ricerca di cure che la portassero fuori dal tunnel della malattia. La guarigione e la ricaduta e alla fine la speranza di riuscire a tornare ad una vita normale…
In tutto ciò il suo avvocato aveva avuto un ruolo marginale, come se una volta compreso che poteva farcela da sola, l’avesse archiviata, come i suoi ”faldoni”. Senza comprendere che per venir fuori da quell’abisso di sconforto aveva bisogno di qualcuno vicino che la sollecitasse, amasse. apprezzasse.
Aveva provato lo sconforto, l’amarezza, la gelosia, l’invidia…perché era toccato a lei essere lì, non essere più sulle sue gambe??
Poi dopo un po’ di mesi di disinteresse sempre più evidente e palese, cominciò a capire che l’amore che l’affetto che aveva provato per quell’uomo era solo ingannevole e menzognera attrazione e che scomparso l’oggetto del desiderio tendeva a svanire essa stessa.
Aveva altro di cui occuparsi : il suo corpo, se stessa. Lo ascoltava maggiormente, lo preveniva e lo incoraggiava, faceva tutte le cure che le eran state consigliate. Tanta fisioterapia soprattutto.
Ed era lì che aveva conosciuto Sergio. Un radioso e solare ragazzo suo coetaneo, che le aveva comunicato tanta voglia di vivere. E questa le serviva proprio.
Era un appuntamento fisso con la speranza di tornare ”normalmente abile” e che le cure osservate, gli esercizi eseguiti prima con fatica e poi sempre con maggiore leggerezza, la potessero aiutare a tenere in forma quei muscoli che non rispondevano più agli impulsi nervosi che provenivano dal suo sistema nervoso centrale.
Era una battaglia contro il tempo. Lo sapeva.
La diagnosi era stata impietosa ed ogni giorno osservava il progredire di quella malattia invisibile agli altri, ma non al suo occhio. Ogni giorno era più difficile ed anche se cercava di mantenere la forza muscolare, sottoponendosi a cure e visite, sentiva che la sua energia vitale si riduceva.
Aveva ripreso il lavoro, ma portando la diagnosi medica che consigliava di ridurre sforzi fisici, era stata spostata ad un altro compito più sedentario.
Gli amici continuavano ad andare a trovarla e le dicevano ogni volta ‘Ma come stai bene!” e non capiva se era una bugia pietosa o si aspettavano di trovarla già da un pezzo su una sedia a rotelle.
Aveva avuto il coraggio di raccontarlo a sua madre, quando nasconderlo non poteva più. E ricorda le sue lacrime nascoste. Le sue ricerche per capirne di più…Ma non c’era niente da capire. Non era un virus, né una malattia genetica. In realtà non si sapeva niente sulle origini e le cause della malattia…finché un giorno timidamente cominciarono arrivare delle notizie incoraggianti…