Campobello di Licata: Artemisia, Graziella e Rita, tutt’e tre tristemente legate dal filo della violenza e dell’odio, tutt’e tre tradite dalle persone più care.
Tre donne si sono fermate per le strade di Campobello di Licata: Artemisia, Graziella e Rita. Le loro vite, grazie alle intitolazioni, potranno essere conosciute da tutti quelli che si faranno guidare dalla loro “curiosità intellettuale”.
D’altri tempi la prima, nostre contemporanee le seconde, ma tutt’e tre tristemente legate dal filo della violenza e dell’odio, tutt’e tre tradite dalle persone più care.
La pittrice Artemisia Gentileschi nacque a Roma l’8 luglio 1593. Subito il padre Orazio intuì il grande talento della figlia e la prese con sè “a bottega”. Ma il padre aveva con lei un rapporto morboso, la insidiava, mentre nel frattempo un suo collaboratore, Agostino Tassi, abusò della povera ragazza.
A quei tempi la regola era il silenzio della vittima ma Artemisia, con forte determinazione, la infranse, denunciando pubblicamente quello che aveva subito. Fu sottoposta pure alle torture nelle aule dei tribunali dell’Inquisizione ma non si arrese e non ritrattò.
L’odio per la violenza subita si trasformò in mirabile arte nei suoi quadri ed in uno in particolare: “La morte di Oloferne per mano di Giuditta” altro non è che la trasposizione della sua vendetta sul piano pittorico.
Nessuna vena artistica invece nella vita di Graziella Campagna, nata a Saponara il 3 luglio 1968, una ragazza tranquilla, con profondi occhi neri, che lavorava in una lavanderia a Villafranca Tirrena. E’ un caso fortuito quello che la mette in contatto con un mondo lontano anni luce dalla sua esistenza: la mafia. Testimone involontaria della scoperta della identità di un mafioso latitante, viene tradita dai datori di lavoro ed assassinata brutalmente, a soli 17 anni, in una fredda notte d’inverno: il 12 dicembre 1985.
Aveva la stessa età, quando morì, Rita Atria: la “picciridda” che pian piano raccontò al giudice Paolo Borsellino tutto quello che sapeva sull’organizzazione mafiosa di Partanna. Dopo le prime “reticenze” diventa testimone di giustizia, la trasferiscono in gran segreto a Roma e lei inizia a sognare un futuro migliore, “normale”. Rita però si porta dentro il grande dolore di una madre che l’ha rinnegata e ricolmata di insulti ed odio.
Il 19 luglio 1992 a Palermo: nella strage muore il giudice che era considerato da lei un padre, l’unico punto fermo di riferimento della sua vita.
Rita “non regge” a quel lutto, al “vuoto” che sempre più pesante sente dentro di sè. Una settimana dopo, il 26 luglio, decide di “volare” lontano da quel mondo di sangue e violenza che la circonda. Si getta dal balcone e pone fine alla sua giovane vita.
Tre donne per tre strade, tre storie per raccontare tre violenze subite, tre vite tradite dagli affetti più cari.
Grazie all’impegno del “Distretto Sicilia Fidapa“, del “Gruppo Toponomastica femminile” ed alla sensibilità dell’Amministrazione Comunale di Campobello di Licata Artemisia, Graziella e Rita non saranno più nè sconosciute, nè dimenticate.
In questa ridente cittadina del sud della Sicilia in tanti cammineranno insieme alla “grandezza” della pittrice Artemisia Gentileschi, al sorriso tranquillo di Graziella Campagna ed al faticoso impegno di denuncia per spezzare l’omertà della piccola Rita Atria.
Tre donne, tre vie per non dimenticare mai.