“VENERE IN PELLICCIA”: una luce nel labirinto.
di Serena Dinelli
“VENERE IN PELLICCIA”: una luce nel labirinto.
Spesso, parlando tra donne, si nota che gli uomini non si interrogano su se stessi. Giusto quindi dare evidenza ai rari casi in cui questo succede. Il film di Polanski è un tipico caso in cui la sensibilità di un artista afferra al volo un problema, un tema aleggiante, e lo tratta in modo implicito ma illuminante. Un film di cui si potrebbe dire molto altro, ma qui ne parlerò solo da questo punto di vista.
Tutto il film, un vero tour de force, si svolge nel chiuso di un teatro addormentato, tra due soli personaggi, un uomo e una donna. Lui è un regista e autore, che ha fatto un adattamento teatrale del testo “Venere in pelliccia” di Sacher Masoch: un testo che mette in scena il masochismo maschile nel rapporto con una figura femminile vissuta come dominatrice, punitiva e micidialmente seduttiva. L’incontro dell’autore con un’attrice che aspira alla parte femminile innesca nel loro rapporto una duplicazione della vicenda teatrale, con una continua e straordinaria oscillazione tra i due piani, quello della storia, e quello del loro incontro qui ed ora. Questo filo continuo, giocato con una maestria dai due attori e dalla regia di Polanski, mette in scena un antico copione: in cui l’uomo ripercorre un’ angoscia infantile di totale dipendenza da una figura femminile, dipendenza seduttiva e umiliante, a rischio di nullificazione psichica. Vicenda potenzialmente vissuta in realtà da ogni bambino e bambina, nell’incontro con la potenza della madre in una fase di infantile impotenza… non a caso, a un certo punto, nel film, i due si scambiano le parti… Ma la donna/attrice fa qualcosa di nuovo: mentre l’uomo le propone di fatto di recitare la parte che lui si aspetta, lei rifiuta di entrare nel gioco e rivendica il proprio essere se stessa; si propone a più riprese come donna reale, anziché come fantasma destinato a incarnare le fantasie dell’altro… ma per lui è difficile uscire dal proprio gioco di proiezioni, gioco che ha tra l’altro una secolare storia nella nostra cultura… Solo alla fine lei entra nel gioco, consentendo a lui di far affiorare il cupo incubo arcaico della Baccante infuriata, pronta a lacerare, dominare e distruggere l’uomo che la incontra… Incubo in cui alla fine lui resta solo con i suoi fantasmi in quel teatro delle ombre…
Uscendo dal buio di questo film potente e magistrale ho provato un’improvvisa sensazione di libertà possibile, per le donne, e per gli uomini. Grazie all’arte poter guardare angosce segrete, tanto più potenti perché appunto segrete, e al tempo stesso culturalmente sanzionate, è un viatico verso la crescita. Verso un cammino per diventare adulti e poter tornare a incontrarsi come persone reali… una luce nello straordinario labirinto di domande e mutazioni che insieme stiamo attraversando…
Serena Dinelli, psicologa clinica, liceo classico e educazione parallela alle arti (pittura, musica, danza), laurea in Lettere moderne alla Sapienza, diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia e Training di terapia sistemico- relazionale. Per molti anni ha svolto attività di psicologia clinica, e negli anni ’80, notando nel suo lavoro un mutamento culturale, si è rivolta alle tecnologie della comunicazione. Da qui il libro “La macchina degli affetti: dalla televisione ad altre tecnologie dell’emozione” (Angeli 2000) sull’esperienza televisiva come formazione affettiva, estetica e di stile attraverso i linguaggi e “arie di famiglia”. Nel 2003, la condirezione della ricerca “La trasformazione silenziosa: donne e ICT in Italia” (CNEL); nel 2008 il contributo al volume SdR “Un altro genere di tecnologia” a cura di T. Capitani, (LuluCom). Attiva da molti anni nel movimento delle donne partecipa a varie associazioni. Ama disegnare, fare mini-istallazioni e grandi collage. Nel ’78 un libro disegnato con la libreria delle Donne di Roma, nell’ 84 il libro di cucina per single, “Robinson in cucina”(Longanesi), in anni recenti copertine e immagini con vari editori. Prossimamente è in uscita un libro disegnato in collaborazione con Paola Leonardi.