La toponomastica femminile in Sardegna non si discosta molto da quella delle altre regioni con un 5% di nomi femminili presenti nelle intestazioni delle strade
di Teresa Spano e Agnese Onnis
Sono trascorsi ormai due anni dall’iniziativa “8 marzo 3 donne 3 strade” lanciata dal gruppo Toponomastica Femminile con l’intento di sensibilizzare le amministrazioni comunali sulla scarsa presenza femminile nella toponomastica cittadina e ci si interroga sui risultati, complessivamente superiori alle aspettative in gran parte delle regioni italiane. La sensibilità è cresciuta ovunque, in un modo o nell’altro, anche dove il gruppo ideatore formalmente non compare.
I censimenti sardi appaiono nel complesso simili a quelli delle altre regioni: le strade dedicate a donne spesso non raggiungono il 4% del totale e in alcuni stradari non si trova nemmeno una figura femminile. Anche qui, non c’è dubbio, le commissioni toponomastiche cittadine mostrano maggior attenzione all’equilibrio di genere: i più recenti e interessanti risultati sono stati ottenuti nelle città di Cagliari e Sassari in cui le nuove intitolazioni sono prevalentemente “rosa”.
Sassari ha rivolto la propria attenzione ai parchi della città, indicati di solito con il nome delle vie che li costeggiano. Con una delibera del settembre scorso, la giunta comunale ha deciso di assegnare a due spazi di aggregazione, il nome di due figure non ancora commemorate dalla toponomastica locale: Emanuela Loi e Maria Carta.
Il parco Emanuela Loi, non poteva avere migliore intitolazione, visto che al suo interno ospita il monumento dedicato alle “vittime di tutte le guerre”. Nata a Sestu nel 1967, Emanuela è stata la prima donna a far parte di una squadra di agenti addetta alla protezione di obiettivi a rischio e la prima poliziotta uccisa in servizio: muore il 19 luglio 1992, a venticinque anni, nell’attentato mafioso in via d’Amelio.
A gennaio si è svolta la cerimonia d’inaugurazione del parco Maria Carta. Nata a Siligo nel 1934, Maria non ha tempo da dedicare allo studio. Negli intervalli lasciati liberi dal lavoro quotidiano – raccogliere le olive, lavare i panni, filare la lana, cercare legna con la nonna – dona la sua voce: canta in chiesa e, accompagnata dal nonno, si esibisce anche nelle feste popolari dei paesi vicini. La Sardegna impara a conoscere il suo nome e le sue melodie. Negli anni ‘60 va a vivere a Roma, dove incontra lo sceneggiatore Salvatore Laurani, suo futuro marito, che decide di investire su di lei e sulla sua voce. Maria frequenta il centro studi di musica popolare dell’Accademia di Santa Cecilia e inizia a esplorare la sua terra per ricercare e registrare antichi canti salvandoli dall’oblio, fermamente convinta che “in Sardegna il canto è nato femminile, insieme alla poesia è nato, ai tempi del matriarcato…” nonostante il canto sardo ufficiale fosse esclusivo appannaggio maschile. Nel 1971 vede la luce il suo primo disco e, a seguire, si apre un decennio di esperienze intense: partecipa a film e opere teatrali, pubblica un libro di poesie, e, sempre a Roma, diventa consigliera comunale. Negli anni ‘80 ha un figlio da un nuovo compagno, ma affronta da sola i lutti familiari (muoiono la sorella e la madre) e la malattia che le toglie la splendida voce. Lotta contro il cancro per anni, canta come e quando le pesanti terapie le consentono di fare, affronta il dolore con coraggio e senza rassegnazione, per lasciarci un triste giorno del 1994.
Anche Cagliari, malgrado i dati censiti dal gruppo di Toponomastica Femminile confermino la scarsa attenzione alla memoria delle donne, nel dicembre 2013, su proposta della Commissione di Parità, ha deliberato tre intitolazioni stradali di Giorgino ad altrettante figure femminili.
Giorgino è uno dei rioni marittimi della città, situato a ovest della laguna di Santa Gilla, lungo il tratto iniziale della lingua di sabbia che separa lo stagno di Cagliari dal golfo degli Angeli. Della striscia sabbiosa, interrotta dal porto canale e dal vecchio rione, resta solo il villaggio dei Pescatori, le cui aree di circolazione fino ad ora sono rimaste anonime: prossimamente, chi proviene da Cagliari, leggerà sulle tre strade che si innestano su via Pula, i nomi di Joyce Lussu, Rosa Luxemburg e Maria Piera Mossa.
Gioconda Beatrice Salvadori, nataView Post a Firenze e conosciuta col nome di Joyce Lussu, da lei scelto, è stata una donna libera e ribelle, colta e forte, studiosa di lingue e tradizioni popolari. Scrittrice e poeta ha tradotto autori africani dopo
averne studiato la lingua e la storia degli autori e dei rispettivi Paesi.
Di famiglia antifascista, Joyce conosce intellettuali oppositori del regime, studia in Svizzera e a Parigi, vive in ambienti cosmopoliti che rafforzano la sua ‘propensione ai rapporti sociali’. Aderisce nel 1938 al Movimento di Giustizia e Libertà e ne incontra il fondatore, Emillio Lussu, con cui condividerà la vita e la lotta clandestina. Partecipa in prima persona alla lotta partigiana e riceve la medaglia d’argento della Repubblica. Nei suoi libri racconta l’incontro con Emilio, da cui prende il cognome e l’amore per la Sardegna, “Fu così che m’innamorai della Sardegna, e a me che non la conoscevo sembrava favolosa e remota…”. Joyce trascorre un periodo della sua vita ad Armungia: pur essendo “la bobidda d’Emilieddu” studia autonomamente la storia locale, il fenomeno delle contraddizioni sociali dell’isola, affronta la realtà della denutrizione e delle malattie dell’infanzia sarda viaggiando nella fase di ricostruzione post-bellica, partecipa ad un profondo lavoro politico nel mondo femminile anche nelle sezioni dei partiti dove spesso chiede ”Dove sono le vostre mogli? Andate a casa e fate venire anche loro”. Coerente con i suoi principi pacifisti torna poi a viaggiare per il mondo come membro del Movimento mondiale per la Pace.
Rosa Luxemburg , di origine polacca, si afferma come personaggio pubblico tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. La sua è una vita interamente politica nel senso più etico del termine, non solo per le scelte di militanza e di riflessione economica, ma fin dentro le pieghe più intime della sua intensa e insieme dolorosa esistenza.
Rosa è una donna di scienza impegnata politicamente, che scrive trattati di economia politica e in quanto tale è una figura complessa, che percorre strade diverse nell’impegno personale e nella dedizione politica verso i problemi sociali delle masse.
Il Novecento è il secolo dei totalitarismi, delle guerre totali, ma anche delle ideologie: è il ‘secolo delle donne’. La partecipazione alla vita politica delle masse determina la nascita dei partiti popolari (socialisti, socialdemocratici e cattolici) e l’ondata di presenza femminile: sono gli anni in cui si discute il voto alle donne.
Nel 1904, per i suoi attacchi al militarismo tedesco e all’imperialismo, Rosa subisce la condanna a tre mesi di prigione per lesa maestà; due anni dopo trascorre altri due mesi nel carcere di Weimar, per istigazione all’odio di classe; una nuova condanna, stavolta di un anno, le viene inflitta nel 1913, per incitazione all’insubordinazione e altri due anni di prigione, per alto tradimento, l’attendono nel 1916.
A Berlino fonda la Lega spartachista con Kautsky; insieme a Liebknecht diviene promotrice del Partito comunista tedesco elaborandone il programma, ma ambedue vengono arrestati e assassinati il 15 gennaio del 1919: il corpo di Rosa, barbaramente torturato, viene fatto sparire in un canale, e sarà ritrovato dopo mesi.
Ai suoi funerali partecipano migliaia di berlinesi.
Rosa Luxemburg, grande e brillante teorica del socialismo, viene ancora ricordata nel cimitero di Berlino con un suo slogan “la libertà è sempre la libertà di chi la pensa diversamente”.
La regista cagliaritana Maria Piera Mossa, scomparsa prematuramente nel 2002, è stata collaboratrice, della Cineteca Sarda-Società Umanitaria e animatrice di progetti e di studi di cultura audiovisiva con varie strutture di ricerca. Dal 1976 fino agli anni ‘90 svolge la sua ricca attività di regia e di recupero di montaggio di filmati. Grande studiosa dei fenomeni storici e sociali, affronta le diverse problematiche attraverso filmati e documentari girati per la RAI. Sempre in prima linea sulle tematiche di denuncia, realizza un importante filmato sulla protesta della comunità del paese barbaricino Bitti, attraverso le voci e la testimonianza delle operaie tessili della fabbrica Beatex. “Bitti: una fabbrica inventata su un paese reale” è una cronistoria dell’insediamento industriale e della lotta sindacale a difesa del lavoro e un atto di accusa sulla disoccupazione femminile nell’isola della fine degli anni ’70. Per Rai-Sardegna, si dedica alla costruzione e alla realizzazione dell’Archivio Storico Documentaristico e Cinematografico, mettendo in luce le sue grandi capacità di analisi e di ricostruzione storica e sociologica. “ Il 43 con Sant’Efisio”, un suo documento storico di Cagliari che recupera e monta immagini della città bombardata nel febbraio del 1943, rivela il suo preciso obiettivo: “raccontare la storia minuta non ufficiale, fatta di ricordi e di emozioni in prima persona”.
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1 commento
Volevo segnalare che a Sassari è stata intitolata nel 2012 una piazza a Monica Moretti vittima di femminicidio. Non la escluderi tra le intitolazioni cosi dette rosa. Su questo evento si trovano notizie nella stampa locale e nel gruppo facebook Donne in Carrelas che è stato il promotore di questa importante intitolazione. Grazie.