La possibilità di scegliere è una conquista.
Condivido le mie parole sulla 194, sono il cuore del mio intervento nell’incontro del 4 aprile in comune a Varese.
Presenti un sala esponenti del Movimento per la vita, a cui ho chiesto una riflessione sul proprio pensare e sul proprio agire.
“A 37 anni ho scelto di non fare l’amniocentesi per non incorrere nel rischio dell’interruzione che questo esame comporta.
Quella era la mia scelta in quel momento della mia vita, con delle circostanze, esistenziali e pratiche che erano soltanto MIE (non ultima una tranquillità economica che mi avrebbe permesso di sostenere un figlio o una figlia con gravi difficoltà, perché anche questo è un elemento che conta nelle scelte delle donne, sappiamo bene che in tal senso lo stato non ti aiuta, e nemmeno la chiesa).
In altri momenti della mia vita avrei potuto scegliere diversamente, per mille ragioni, semplicemente per un diverso pensiero. Per ragioni MIE.
In quel momento della mia vita quella era la mia scelta.
E non avrei permesso a nessuno di appropriarsi del mio corpo.
La 194 difende la scelta. La possibilità di scegliere è una conquista.
Riconoscere alla donna il diritto e la capacità di scegliere per sé è una conquista umana, sociale, collettiva.
Non ci sono due fazioni, una per la morte una per la vita.
Siamo tutte per la vita. Ma con la 194 siamo rispettose della dignità di tutte le donne che ci vivono intorno. Tutte.
Ogni donna che io non conosco vale quanto me. In lei riconosco la stessa dignità che percepisco di me stessa.
Se non riconosco ad un’altra donna il diritto alla scelta e la capacità di scegliere per sé stessa, significa che da qualche parte dentro di me non mi considero, in quanto donna, all’altezza della scelta. E mi rimetto dunque alla scelta di un altro (molto frequentemente maschio).
Su questo non riconoscimento dell’altra -e forse di sè- le donne che si dichiarano contro la 194 dovrebbero interrogarsi.
Il tema etico è delicato, è intimo, personale.
Potremmo discuterne per ore ma dobbiamo tener presente che l’alternativa alla 194 non è la nascita di più bambini ma la ripresa degli aborti clandestini, che metterebbero a rischio la vita di migliaia di donne e arricchiranno medici disonesti e quelli che medici si improvvisano speculando sul corpo delle donne.
Non è una scelta facile, spesso è dolorosa, ma è una scelta personale su cui bisogna stare zitti.
Se una donna un figlio non lo vuole, non lo fa.
Senza la 194 le donne si dividerebbero in due fazioni, come una volta: le donne che potevano permettersi gli aborti negli studi medici privati o di andare all’estero, e le donne che rischiavano la vita nella tragedia, fisica e psicologica degli aborti clandestini.
Non andremmo avanti, ritorneremmo indietro.
La 194 garantisce la salute delle donne. La 194 ha diminuito di molto gli aborti in questo paese, è bene ricordarlo.
E’ bene parlarne anche nelle scuole, dove c’è una disinformazione enorme sulla contraccezione ma anche sull’importanza di arrivare alla maternità con consapevolezza e possibilmente dopo aver terminato un percorso formativo scolastico e professionale che renda le donne in grado di conciliare maternità e lavoro e di non dover invece entrare nella maternità parlando di rassegnazione e rinuncia.
Sconsigliare alle/agli adolescenti l’uso dei preservativi in favore della contraccezione naturale è la prima causa non solo di tante patologie ma anche di tante gravidanze di minorenni e conseguenti interruzioni di gravidanza di cui poi ci si scandalizza, puntando il dito.
Perché condannare la donna ad una espiazione eterna?
Mi chiedo perché mai tutta l’apprensione riservata all’embrione svanisca quando questo embrione, una volta sviluppato e cresciuto, esce dal corpo della donna.
Quando l’embrione diventa un bambino che respira con i propri polmoni e si muove sulle proprie gambe, il Movimento per la vita dov’è?
Dov’è di fronte alla pedofilia che si ramifica nelle case, nelle scuole e nelle parrocchie?
E dov’è il Movimento quando quell’embrione diventa bambino con gravi malformazioni e inizia il suo calvario tra interventi e degenze più o meno lunghe in ospedale? E’ la madre, quasi sempre, che lascia lavoro, casa, vita, dorme su una poltrona o sulla brandita se è fortunata, o in qualche affitta camere di fronte all’ospedale, senza alcun sostegno, né economico e né di risorse umane, anno dopo anno, intervento dopo intervento, annullandosi, diventando infermiera a tempo pieno e in solitudine.
Dovrebbe chiamarsi Movimento per la vita embrionale, perché la vita è anche dopo.
Ho visto un video giorni fa in cui una ragazza di 22 anni che ha fatto voto di castità si rivolgeva alla sua platea, immagino di giovani ma fortunatamente poco attenti dato il brusio di sottofondo.
Questa ragazza aveva il viso fresco ma mentre spiegava quanto deprecabile fosse avere rapporti sessuali prima del matrimonio e quanto lei fosse brava e pura, io pensavo ad un vecchio vestito di nero, con la barba, il dito puntato ad infondere sensi di colpa.
Ho pensato: Hanno scelto bene dal punto di vista mediatico, acqua e sapone, carina, determinata. Ma sembrava una pedina.
Sembrava posseduta e mi ha fatto molta pena.
Per evidenziare la differenza tra la sua virtù e la miserabile lussuria delle comuni adolescenti utilizzava parole come Peccato, Odio, Uccidere.
Ho rivisto le streghe al rogo, e in quella ragazza ho visto sì giovinezza ma non certo felicità; chi è sereno non sente il bisogno di scagliare pietre.
Io li vedo gli adolescenti e le adolescenti nelle scuole.
Sono disinformati, sono confusi a volte, ma sono anche forti e avidi di parole come Amore, speranza, gioia.
Di fronte ai temi della libertà e del rispetto dell’altro il problema non sono gli/le adolescenti ma il mondo degli adulti, a cui io appartengo.
Riprendiamoci con loro l’ABC della felicità, che è fatto di parole come rispetto, libertà, vita.
Sono queste le parole che hanno ispirato la 194 e per questo dovremmo difenderla tutte e tutti, perché le donne non sono un’entità lontana dai maschi, sono compagne, figlie, madri e sorelle e il loro dolore ricade su tutti.
Io mi vergogno quando ascolto la storia di una donna che viene lasciata oggi, nel 2014, in un ospedale italiano, ad abortire da sola in un bagno perché in quel momento il personale presente è tutto obiettore. Ne conosciamo una che ha avuto il coraggio di denunciare ma quante vengono umiliate e giudicate ogni giorno?
Uno slogan dice Giù le mani dalla 194. Vuol dire giù le mani dal corpo delle donne, giù le mani da me.
Non sono un contenitore a disposizione, ad uso riproduttivo. Sono una persona.
E oggi una ministra ci parla di piano nazionale di fertilità, e ci fa orrore. Nessun piano sui nostri corpi. Vogliamo piani d’azione che ci sgravino dal carico di lavoro di cura della casa, dei figli e degli anziani, tutto sulle nostre spalle. Dateci respiro, garantiteci un lavoro e faremo più figli, senza bisogno di piani di fertilità.
Fino al 1996 in Italia uno strupro era un reato contro la morale pubblica, non contro la persona, non contro la donna. Ma il corpo della donna in uno stupro viene prima di tutto, oggi ci sembra ovvio ma solo vent’anni fa non lo era.
Il nostro paese ha fatto tanti passi avanti nel rispetto dei diritti umani, molti grazie alle donne, e la storia ci insegna quanto sia facile tornare indietro.
I diritti umani si costruiscono giorno per giorno e passano anche attraverso il rispetto di una legge come la 194.
Nei processi per i crimini nazisti quando chiedevano agli ufficiali perché avessero compiuto azioni tanto atroci e disumane contro i deportati, questi rispondevano che avevano giurato obbedienza al Furer, e in nome di quella obbedienza tutto era divenuto lecito, anche la crudeltà.
Quella ragazza con il dito puntato mi ha fatto pena ma anche paura.
Cosa stiamo diventando? O cosa stiamo ritornando ad essere?
Non lasciamo che le incertezze di una crisi ci destabilizzino e ci distraggano dai nostri diritti e doveri di cittadini e cittadine.
Chiediamo spesso alle istituzioni maggiore responsabilità, chiediamo anche ai medici e a tutto il personale ospedaliero, ma mettiamo in gioco anche la nostra responsabilità individuale.
Dobbiamo mantenere al centro dei nostri obiettivi il rispetto dei diritti umani, il rispetto dell’altro, e metterci nei panni dell’altro ci aiuta a comprenderlo anziché giudicarlo.
Il confronto non significa ostilità.
Pur con le nostre differenze, possiamo cercare nelle nostre relazioni più umanità e i ragazzi e le ragazze che incontro hanno bisogno di esprimere la loro umanità.
Nonostante la nostra cultura abbia ancora molti passi da fare contro la violenza sulle donne, contro il femminicidio, difendiamo i passi fatti fino ad ora.
In tanti luoghi del mondo che noi definiamo incivili oggi si vendono le bambine chiamandole spose, le donne vengono lapidate per infedeltà, ripudiate e uccise se non sono vergini.
E muoiono di aborto clandestino. Sono tutte forme di femminicidio.
La 194 è una conquista di civiltà.
Possiamo migliorarla, ma difendiamola con forza.
Perché è una legge che ci protegge”.
L’incontro è stato organizzato dall’ associazione L’albero di Antonia, Varese.
Con noi la dottoressa Mercedes Lanzillotta, anestesista, e la dottoressa Evelina Bertelli, ginecologa.