A Villa Doria di Albano Laziale è stato intitolato un viale a Elena Nardi, partigiana italiana.
di Mary Nocentini
Villa Doria ad Albano Laziale non è solo un parco pubblico bello ed ampio, in cui poter passeggiare. Come molti altri spazi di questo tipo, in Italia, è un luogo di storia, un contenitore di memorie che paradossalmente si perdono proprio a causa, talvolta, della loro “pressante evidenza” nella quotidianità.
Il parco, infatti, contiene i resti della villa di Pompeo Magno, alleato e poi avversario di Cesare. La villa suburbana di questo grande personaggio della storia politica di Roma antica, ci induce a riflettere sulle grandi trasformazioni e i periodi di crisi che hanno sempre investito le realtà sociali e istituzionali. Questo spazio verdeggiante è stato il giardino dei Doria che nel secolo XVII avevano nell’attuale piazza Mazzini, davanti al parco stesso, il loro palazzo di villeggiatura, come molte altre famiglie di nobili e della ricca borghesia del tempo.
Per trasportarci in momenti più recenti, la villa ci offre la visione della lapide in ricordo della morte di 27 soldati italiani del distaccamento della divisione di fanteria “Piacenza” che dopo l’armistizio dell’8 settembre, al comando del colonnello Giorgio Tundo, si oppose con la forza all’esercito tedesco. La mattina del 9 settembre del 1943, tedeschi ed italiani si scontrarono in questa zona e i tedeschi risultarono vincitori. Tra gli italiani vi furono 27 morti e 32 feriti gravi. Nel 2008 la lapide fu oggetto purtroppo, di atti vandalici. Sempre nel 2008 è stata ripristinata e la sezione locale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia “Marco Moscato” celebra ogni anno la commemorazione del 9 settembre. Passeggiando per i viali interni del parco non possiamo non notare che sono dedicati a partigiani antifascisti e a martiri della seconda guerra mondiale, un periodo così importante per la nostra nazione e per tutta l’Europa.
Un vero giardino della memoria, dunque: il ricordo di uomini intelligenti, prestigiosi, nobili e non, che nel percorso della storia hanno lasciato una traccia. Uomini, appunto. E le donne? E la loro presenza nella storia? Non si allarmi nessuno: non vogliamo dire che Pompeo o i 27 soldati dell’esercito italiano o i combattenti contro il nazifascismo non siano degni di nota; non vogliamo nemmeno dire che la villa sia luogo poco importante o poco rappresentativo. Ma certo ora che dal 25 Aprile scorso, un viale del parco è dedicato a Elena Nardi, partigiana italiana nata ad Albano, il nostro giardino della memoria corrisponde ad una realtà più completa e rappresenta un modo più aperto ed inclusivo di vivere la storia. Perché accanto ai vari Pompeo, nelle vicende pubbliche e private, le donne ci sono state ma le strategie celebrative ufficiali le dimenticano più o meno consapevolmente. Così come è stato abbastanza facile relegare le partigiane italiane in una dimensione di secondo piano. A questa intitolazione siamo arrivati grazie alla sensibilità e all’impegno dell’associazione “8 marzo onlus” guidata da Ada Scalchi che ha aderito alle proposte del gruppo di ricerca “Toponomastica Femminile”. L’obbiettivo dei due gruppi non è tanto quello di far semplicemente aumentare le intitolazioni stradali femminili. Ma certo quello di cambiare le strategie della memoria, di capovolgere i criteri con i quali leggiamo la storia. Devono divenire criteri che includano tutte e tutti e aiutino le giovani generazioni a costruire un immaginario simbolico in cui il femminile ed il maschile abbiano pari dignità.
Quella targa non può dire tutto di “Nennella”, la partigiana combattente Elena Nardi che si distingueva per la generosità, la capacità di dare conforto e sostegno pratico. E per il coraggio con il quale ha trasportato di notte, nelle ceste usate per la verdura, insieme alla sua compagna Laura Quattrini, l’esplosivo che è servito per l’attentato al ponte delle Sette Luci, sulla linea ferroviaria per Napoli, parallelo alla via Ardeatina, a 35 chilometri da Roma: una delle operazioni di sabotaggio più importanti della lotta contro i tedeschi, nel Lazio. La targa non contiene le sue paure e le sue ansie; neppure l’urgenza di agire, condivisa con le altre compagne dei Castelli Romani, per evitare a tutta la società italiana di cadere ancora di più nell’abisso della disgregazione a cui il fascismo la stava portando. La targa non spiega quanto in generale le donne sentissero la necessità di abbattere il fascismo perché esso rappresentava anche la mancanza di diritti in tutti gli ambiti della vita sociale.
Ma quella targa dimostra che il comune di Albano Laziale ha voluto essere sensibile ad una visione più ampia delle vicende storiche del ‘900 perché ha indetto un concorso per le scuole con il quale si invitavano le studentesse e gli studenti ad individuare donne importanti del territorio vissute nel secolo precedente, a cui dedicare nuovi spazi di circolazione. Tra i partecipanti ha vinto il gruppo della scuola media “Roberto Pezzi” di via Enea che ha ricostruito la biografia di Elena Nardi e riproposto l’importanza delle sue azioni nella lotta contro il nazifascismo.
Le donne hanno dato il loro apporto alla lotta per la liberazione e per la conquista di diritti e dignità. A queste donne non dobbiamo costruire monumenti tardivi. A loro dobbiamo dare ascolto e voce. Dobbiamo recuperare il loro punto di vista, il loro modo di percepire la necessità di fermare le ingiustizie e le guerre, il loro approccio più autentico alla vita, nell’ultimo conflitto mondiale come oggi anche in terre lontane dal nostro paese.
Adesso dunque, passeggiando nel parco di Albano, appena all’entrata del paese, se osserviamo con attenzione maggiore ciò che ci circonda, abbiamo modo di godere ancora di più della ricchezza della storia e del suo realizzarsi attraverso l’apporto di tutte e tutti.