Perchè le donne continuano a piangere
“Le lacrime comparirono silenziosamente sul volto ambrato di Vittorio che tentava, deglutendo affannosamente, di ricacciarle in gola, per non sembrare una femminuccia…”
Nei romanzi ottocenteschi il termine femminuccia, leggermente dispregiativo o comunque sinonimo di debolezza identificava la condizione del pianto femminile.
Da quando esiste l’uomo esistono le lacrime delle donne, diceva la nonna, gelando le femmine di famiglia, con una citazione lapidaria e perentoria, ma soprattutto facendoci temere un rapporto con maschi “crudeli ” e responsabili di tanta infelicità.
Perchè soprattutto le donne continuano a piangere? E per che cosa?
Nelle lettere che ricevo la condizione femminile appare molto spesso triste ed angosciata dal non essere sufficientemente ricambiata nell’affetto e nell’amore o tradita da una eterna e diversa sensibilità del partner oppure per una sofferta relazione con figli o parenti, amici e colleghi che non si dimostrano pronti a comprendere, a consolare, a porgere la spalla sulla quale coccolarsi.
Né tante persone sono disposte al sacrificio o ad offrire conforto quando ce ne ne sarebbe richiesta o bisogno.
Cos’è il pianto?
Piangere non è affatto sinonimo di debolezza, va invece visto come un momento di sollievo, una liberazione per non dover trattenere all’interno dolori ed emozioni tanto forti da scatenare malesseri o stati di ansia.
Una ricerca condotta dal dr. Jonathan Rottenberg, assistente di psicologia alla University of South Florida di Tampa negli Stati Uniti, ha dimostrato che piangere è una caratteristica comune a tutti gli esseri umani e li accompagna durante tutta la vita, da quando erano bambini fino ai momenti più emotivamente forti dell’età adulta quali matrimoni, nascite, lutti, delusioni e sconfitte .
Piangendo ci si sente meglio, spesso più sollevati, scaricati dall’angoscia e da pressioni che sembrano non poter dare pace.
E a piangere sono soprattutto le donne, le madri, le compagne, le sorelle, le amiche, le figlie e capita spesso che gli uomini siano centrali nella logica del dolore femminile, della delusione e della paura dell’abbandono, dell’amore non ricambiato in modo completo.
Il pianto aiuta ad ottenere ascolto, attenzione, comprensione e può essere usato quando non si hanno altre chances da mettere in campo, quando si è veramente senza risorse disponibili pronte per intervenire a riportare equilibrio e pace.
Con il pianto ci si fa sentire, si afferma la propria esistenza, si grida un’ingiustizia, si chiede amore, si urla la propria disperazione, si placa l’inquietudine interiore e si cerca la quiete.
Col pianto si mostra una forza, quella della ribellione ai turbamenti che la vita democraticamente elargisce, si fa capire al mondo che non si è disponibili ad allinearsi con il dolore trattenuto e la sofferenza silenziosa.