Lo scorso 21 luglio 2014 un nuovo breve editto annunciava lapidariamente che da quel momento in poi tutte le donne del califfato sarebbero state infibulate.
Nemmeno un mese fa, il 29 giugno 2014, il leader jihadista Abu Bakr al-Baghdadi aveva proclamato la nascita dell’Isil (o Isis), lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, compreso nell’area tra la città siriana di Aleppo e quella irachena di Mosul.
La ferocia e l’intransigente rigorismo integralista di al-Baghdadi lasciava presupporre un destino ancora più crudele per la popolazione femminile dell’area, già pesantemente vessata dalle imposizioni imposte dalla tradizione religiosa. E in effetti i risultati non si erano certo fatti attendere: in poco tempo, con due secchi comunicati riferiti a Mosul, il neo califfo aveva
introdotto la segregazione di genere negli atenei e imposto il “jihad del sesso”, ovvero l’obbligo di concedere
ai jihadisti le ragazze vergini di ciascun ambito familiare.
Lo scorso 21 luglio un nuovo breve editto – questa volta relativo ad Aleppo – annunciava lapidariamente che da quel momento in poi tutte le donne del califfato sarebbero state sottoposte all’infibulazione. Recita infatti il testo: “per proteggere lo Stato islamico in Iraq e nel Levante e nel timore che il peccato e il vizio si propaghino tra gli uomini e le donne nella nostra società islamica, il nostro signore e principe dei fedeli Abu Bakr al Baghdadi ha deciso che in tutte le regioni dello Stato islamico le donne debbano essere cucite”. “Una notizia agghiacciante”, per Souad Sbai, scrittrice e giornalista italo-marocchina, secondo la quale “almeno 28 ragazzine hanno già patito questa sorte nei giorni scorsi “. La Sbai inoltre non dimentica di sottolineare ” quanto pericoloso sia, nella sua follia, questo personaggio a cui l’Occidente continua colpevolmente a lasciare mano libera. Dopo le lapidazioni di due donne, ora la orrenda e disumana volontà di infibulare tutte le donne irachene.
In Europa nessuno ha notizia di questo, ma i media arabi e le associazioni di donne arabe ne parlano in maniera preoccupata: la comunità internazionale non può rimanere a guardare, nell’attesa che si compia questo crimine orrendo contro l’umanità”.
Africa, Medio Oriente e sud-est asiatico restano le zone maggiormente legate a questa pratica cruenta, intollerante inconcepibile, che interessa attualmente 125 milioni di bambine (solo in Italia, nonostante l’esplicito divieto imposto per legge, sono circa 40.000 le vittime dell’infibulazione) e che in base ai calcoli dell’Unicef nei prossimi dieci anni coinvolgerà altri 30 milioni di innocenti.
Numeri impressionanti, che prevedibilmente aumenteranno se con il folle pretesto di rispettare tutte le usanze la barbarie continuerà a prevalere sulla ragione civile.
Alcune senatrici del Pd (tra cui Josefa Idem e Laura Puppato) hanno immediatamente richiamato l’attenzione della Farnesina, nella persona del Ministro Federica Mogherini.
“Le mutilazioni genitali femminili”, hanno fatto sapere, “rappresentano una grave violazione dell’integrità psicofisica e del corpo delle bambine, delle ragazze e delle donne e per questo costituiscono una pratica in contrasto con il rispetto dei diritti umani, in violazione delle principali convenzioni internazionali, come la Convenzione universale dei Diritti Umani e la
Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia. L’Onu e la comunità internazionale non possono accettare che l’infibulazione venga imposta per legge, è necessario un intervento determinato contro questa decisione dell’Isil”.