La seconda visita guidata in ottica di genere, attraverserà il cuore di Torino, percorrendone le vie ortogonali del castrum romano, all’interno della primitiva cinta muraria.
Il 3 Ottobre 2014 durante il convegno di Toponomastica Femminile a Torino la visita sarà guidata da Umberto Ferreri, appassionato studioso della storia, e della cultura cittadina, e da Lidia Krieger, tour leader del capoluogo e Consigliera della Comunità Ebraica di Torino con delega per la scuola.
A seguire, le sintesi elaborate dalle suddette guide.
Passeggiata di genere nel quadrilatero
Partiremo da via Pietro Micca ed entreremo nel quartiere dei Guardinfanti. Attraverso via San Tommaso, via Barbaroux, via Conte Verde e via Corte d’Appello giungeremo fino a Piazza Savoia, che rappresenta uno degli scorci più curiosi della città, per via dell’imponente obelisco che venne eretto nel 1853, a ricordo delle discusse leggi Siccardi, ovvero le leggi che abolivano il foro ecclesiastico e tanti altri antichi privilegi.
In questa zona vivevano i santi sociali, ma anche le prostitute, i poveri, le ragazze madri. In via Conte Verde (ex via dei Pellicciai) c’erano le case chiuse. Alcune strade hanno intitolazioni femminili, anche se per lo più sono dedicate a sante o alla Madonna: via S. Chiara, via S. Maria, Via della Consolata, Via delle Orfane. Nei primi anni del ‘900 in queste strade lavoravano le caterinette, le sartine sia degli atelier sia dei piccoli laboratori di sartoria.
Attraverso via della Consolata arriviamo al Santuario della Consolata, uno dei luoghi di culto più antichi di Torino. oltre che un vero capolavoro del barocco piemontese.
Nella piazzetta a fianco della basilica, dove si sono girate alcune scene del film Cuore, si può fare sosta al Bicerin, locale storico da sempre a conduzione femminile, il cui successosi deve a molti fattori, uno dei quali fu l’invenzione di una gustosa bevanda calda costituita da caffè, latte e cioccolato.
Ritornando in Piazza Castello si potrà cogliere l’occasione di visitare la piccola mostra all’interno di Palazzo Madama intitolata “Chapeau, madame! Cappelli di Signore torinesi 1920- 1970”.
Il Palazzo fu dimora stabile prima di Bianca di Monferrato, poi di Maria Cristina di Borbone-Francia e poi di Giovanna di Nemours.
(Umberto Ferreri)
Lungo il percorso è possibile effettuare una visita autonoma al Museo Diffuso della Resistenza della Deportazione della Guerra dei Diritti e della Libertà, che si trova in corso Valdocco. 4/A.
Orario: dal martedì alla domenica h 10-18, giovedì h 14-22.
Nel conflitto 1940-1945 le donne, oltre che nelle campagne, hanno lavorato nelle fabbriche, hanno lottato nella ricerca dei generi alimentari per la sopravvivenza della famiglia, hanno curato i feriti. E nello stesso tempo non hanno esitato a battersi insieme ai partigiani. Molte partigiane furono catturate, imprigionate e torturate, uccise o deportate nei lager nazisti. Molte, qualificate ingiustamente a fine guerra con l’appellativo di “staffetta”, hanno pagato il prezzo dell’impostazione fortemente maschilista della stessa lotta armata. E’ quindi fondamentale oggi ricordare il coraggio e il sacrificio di donne che hanno dato il loro contributo alla libertà e al cambiamento sociale.
Alcune donne hanno poi proseguito con l’impegno politico nato con la Resistenza. In particolare tra queste ricordiamo Teresa Noce.
Nata nella Torino proletaria nel 1900, divenne ben presto “rivoluzionaria professionale” ed elemento di spicco nel Pci, che aveva contribuito a fondare.
Costretta a espatriare nel 1926 insieme al marito Luigi Longo, spesso rientrò clandestinamente in Italia per dirigervi la lotta antifascista e nel ’36 partecipò alla guerra di Spagna. Donna di grande temperamento, sostenitrice dell’emancipazione femminile, si spese per convincere le donne a diventare protagoniste delle loro vite e combattere la concezione patriarcale del ruolo della donna che il fascismo aveva fatto sua.
Teresa Noce guidò la rivolta delle operaie tessili del biellese, che nel 1931 combatterono contro i licenziamenti, la repressione e la riduzione dei salari; ma nel sindacato fu contrastata, in quanto il settore tessile non era mai stato diretto da una donna. Nel 1935 fondò a Parigi la rivista “Noi Donne” e partecipò alla lotta partigiana nella Francia occupata dai tedeschi. Nel ’43 fu arrestata e deportata prima a Ravensbrück, poi a Flossembürg e infine nel campo cecoslovacco di Holleischen, dove fu liberata dalle truppe sovietiche.
Nel dopoguerra venne eletta nell’Assemblea costituente e poi nel primo Parlamento repubblicano, dove condusse una battaglia durissima per far approvare le norme a tutela della maternità.
(Lidia Krieger)