Le separazioni e i divorzi sono in continuo aumento e spesso riguardano e coinvolgono anche i figli, nati dalla relazione coniugale.
Le separazioni e i divorzi sono in continuo aumento, addirittura raddoppiati negli ultimi sedici anni: se nel 1995 vi erano 158 separazioni e 80 divorzi ogni 1000 abitanti; nel 2011 questi tassi sono saliti rispettivamente a 311 per le separazioni e a 182 per i divorzi (Dati Istat, 2013).
La nota positiva è che l’84.8% separazioni e il 69,4% dei divorzi si concludono in modo consensuale (ibidem).
Tuttavia le separazioni e di divorzi spesso riguardano e coinvolgono anche i figli, nati dalla relazione coniugale: nel 72% delle separazioni e nel 62,7% dei divorzi le coppie che pongono fine al loro rapporto coniugale, hanno figli.
Bambini che vivono come spettatori passivi e impotenti non solo la rottura del rapporto di coppia dei genitori, ma anche e soprattutto un cambiamento importante e forte in seno al sistema familiare che va a disgregarsi, con implicazioni importanti e sostanziali nella loro vita presente e futura. La disgregazione familiare implica, infatti, vivere i genitori in due spazi, situazioni e contesti abitativi diversi e scissi e talvolta ciò implica anche cambiare casa, città, scuola, amicizie, la rinuncia ad attività o opportunità a cui prima potevano essere abituati, in quanto separarsi significa spesso impoverirsi…
La separazione non crea vinti e vincitori; genera malessere e dolore in chi la vive, adulti e piccoli. Tuttavia per quanto sia un’esperienza dolorosa e difficile e per quanto i bambini possano conservare la speranza – spesso taciuta – di un ricongiungimento familiare, è altresì vero che possono adattarsi al cambiamento e alla realtà che si viene a creare. Ciò dipende dall’età, dalla personalità e dalle risorse personali del minore ma anche e soprattutto da come la separazione viene gestita ed agita dai genitori.
Infatti c’è modo e modo per separarsi: esistono genitori che riescono a gestire le divergenze, le diatribe e/o i motivi della separazione e non per ultimo, il percorso di separazione in modo maturo, senza invischiare i figli e preservando e mantenendo la capacità responsabile e matura di fare i genitori occupandosi dei figli, prendendosi cura di loro e condividendo con l’altro genitore le scelte, le decisioni e le questioni riguardanti i bambini, a prescindere dalle dinamiche di coppia.
Purtroppo non sempre è così. Talvolta la conflittualità di coppia è talmente pervasiva e forte da invadere anche lo spazio della genitorialità e i genitori finiscono per essere centrati sulle proprie ferite narcisistiche e invasi dal dolore legato al fallimento di coppia, tanto da inficiare anche sul proprio compito genitoriale non riuscendo a raggiungere e gestire quello che Bohannan chiama “divorzio genitoriale”, ovvero la scissione fra la dimensione di coppia e quella genitoriale.
Al contrario, i bambini che si trovano a vivere la separazione dei genitori, una realtà dura che subiscono e che per loro rappresenta il venir meno della base sicura, ovvero della realtà familiare in cui magari sono nati e cresciuti, necessitano di sentire, vedere e avere dei genitori che nonostante ciò, riescono e continuano ad essere e a fare i genitori. In linea con quella che è la letteratura in materia e con la normativa sull’affido condiviso, i bambini hanno il diritto, da un punto di vista giuridico, e il bisogno, secondo una prospettiva psicologica, di avere due genitori che continuano a prendersi cura del loro benessere integrale (salute, formazione e istruzione, sviluppo psicoaffettivo), di avere garantita una continuità di rapporto con entrambi i genitori e di avere due genitori capaci di relazionarsi, comunicare e confrontarsi nell’interesse dei figli, senza che questi ultimi si trovino nelle condizioni spiacevoli e negative di funzionare da mediatori e quindi di trovarsi, loro malgrado, nelle condizioni di essere invischiati nelle difficoltà comunicative dei genitori.
Se tutto questo può apparire comprensibile e forse scontato, chi opera nel settore della famiglia – giuristi e psicologi – sa che purtroppo la realtà non raramente si discosta dalla teoria. Sono queste le situazioni in cui il magistrato è chiamato ad intervenire nelle disposizioni di affidamento, venendo meno i presupposti e le condizioni per un accordo condiviso e gestito autonomamente, seppur con l’ausilio dei legali delle parti.
Sono queste le situazioni in cui il giudice, a sua discrezione, può valutare di avvalersi anche di un ausiliario – psicologo o neuropsichiatra infantile – per procedere con l’ascolto diretto del minore e/o con una consulenza tecnica di ufficio, al fine di valutare i bisogni reali del bambino, i rapporti dello stesso con entrambe le figure genitoriali e altre figure familiari di riferimento, la situazione familiare presente individuandone le criticità come anche le risorse e le possibili soluzioni per una riorganizzazione familiare prima di tutto nell’interesse dei figli.
L’aspetto sostanziale e fondamentale, alla base dell’ascolto diretto e indiretto del minore e quindi delle ultime evoluzioni della giurisprudenza in materia, è che in merito alle disposizioni di affidamento dei minori, questi ultimi devono avere un ruolo attivo e devono avere il diritto di esprimersi, di esternare i propri bisogni, vissuti, desideri e pensieri, dato che si tratta di prendere decisioni importanti che riguardano la sua vita presente e futura.