L’ 11 settembre 2001 i terroristi di Al-Qaeda – fedeli a Osama bin Laden – non si limitarono solo ad attuare uno dei peggiori attentati della storia: contribuirono anche a modificare radicalmente la percezione occidentale del mondo islamico tout court.
A poco servirono allora gli appelli alla moderazione provenienti da ogni parte del globo: attenzione, veniva ripetuto ovunque, i jihadisti sono tutti musulmani, d’accordo: ma non tutti i musulmani sono jihadisti. Parole sacrosante ma vane. Il rancore, la paura, la diffidenza avevano già preso il sopravvento sulla razionalità.
Tra musulmani, ebrei e cristiani si era frapposto l’invisibile muro del sospetto.
Ogni immigrato proveniente da un qualunque paese arabo veniva considerato un potenziale nemico e come tale andava considerato. Il tanto decantato processo di integrazione sociale, basato sui dettami di un reciproco rispetto tra le culture, pareva irrimediabilmente compromesso.
I seguaci di Allah cominciarono a sentirsi discriminati, ingiustamente presi di mira. intrusi nel contesto in cui erano fino ad allora vissuti.
Si sentirono perciò autorizzati a rivendicare tutte le ingiustizie di cui erano inconsapevolmente e loro malgrado caduti vittime a causa della follia di pochi correligionari accecati dall’odio nei confronti della modernità e del progresso.
Il tempo tuttavia non ha sanato le profonde ferite dell’umanità. Da un lato l’esodo di massa verso l’Occidente delle popolazioni provenienti dai territori più disagiati del pianeta sta mettendo a dura prova il livello di sopportazione dei paesi accoglienti; dall’altro la forzata frammentazione di alcuni stati islamici (ad esempio Iraq e Libia) o i conflitti in corso nelle zone calde del pianeta non lasciano spazio alla diplomazia.
Oggi sul mondo cosiddetto civilizzato incombe la minaccia del Califfato islamico, frutto di un nuovo (ma non troppo) delirio jihadista.
I guerriglieri dell’Isis, sotto l’egida del “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi, hanno giurato guerra “a tutti gli infedeli della terra”, espressione che include in pratica gli individui ostili al loro modo di intendere la vita, pardon, la morte: non a caso infatti hanno spesso ribadito di nutrire verso quest’ultima un amore superiore a quello che i “miscredenti” riservano invece all’esistenza terrena.
I fautori del Califfato non fanno alcuna differenza tra le religioni e sono pronti a colpire anche i musulmani in grado di opporsi alla loro avanzata. Vorrebbero annullare ogni confine e creare una sorta di nazione universale in nome di Allah.
Eppure l’Islam, al pari degli altri culti religiosi, non predica la violenza. Non induce all’omicidio. Non contempla stermini. Parla di pace, tolleranza, perdono, amore, fratellanza tra i popoli.
E’ vero che la lettura del Corano comporta l’impatto con alcuni versetti incitanti al combattimento spietato o alla lotta armata – sure la cui interpretazione letteraria può mettere a dura prova le facoltà delle menti più condizionabili. Ma non accade la stessa cosa con la Bibbia, che contempla tra l’altro un “Dio degli Eserciti”? L’esegesi simbolica non è uno sport per tutte le tasche.
Allora è giunto il momento di dire basta ai soprusi commessi in nome di Dio. Lo ha ribadito papa Francesco recentemente. Lo confermano i crescenti appelli dei musulmani sparsi in ogni dove.
I jihadisti non sono mossi da altruismo di stampo mistico. Sono soltanto schiavi del proprio lato animalesco, brutale, sordido. Assetati di sangue, promettono distruzione e sofferenza per chiunque incontrino sul loro cammino.
Ciò ha non tanto inaspettatamente indotto i musulmani veri a uscire allo scoperto e a unire la loro voce a quella di tutte le altre vittime potenziali dei rifiuti umani confluiti nell’Isis.
Fiaccolate, manifestazioni, sit-in di protesta contro la violenza e per la pace. Questo è lo scenario che accompagna la presunta espansione del Califfato (molto probabilmente legata anche ad accordi occulti tra stati sovrani). Questa è la risposta che gli esseri umani degni di tale connotazione rinviano al mittente di qualsivoglia proclama nefasto. Il seguito verrà scritto dalla storia stessa.