I genitori sul banco degli imputati: mai come oggi sono stati tanto attaccati.
Criticati perché poco presenti, perché poco partecipi nella vita dei figli, perché delegano l’educazione della prole ad altri (scuola, nonni o tate), perché pongono pochi limiti e regole, perché non sono sufficientemente normativi, perché si approcciano ai figli come se fossero pari e fratelli…
I genitori di oggi vivono in un’epoca storico-sociale sicuramente in mutamento e complicata, che rende non facile anche il compito educativo.
In primis, spesso le famiglie di oggi sono composte da genitori giovani adulti, che vivono, per ragioni prima di studio e poi di lavoro, lontano dalle famiglie di origine e che possono contare solo sulle proprie risorse e laddove possibile, su supporti sociali ma non su una rete familiare allargata, che invece prima rappresentava la consuetudine e quindi la normalità. Tutto ciò ha importanti ripercussioni sull’educazione dei figli come anche sull’espletamento del compito genitoriale: infatti se prima la mamma in particolare, visto che era lei ad occuparsi in prima linea dei figli, poteva contare sul supporto pratico e morale, oltre che su consigli e indicazioni, da parte dei genitori e dei nonni, ad oggi questo è molto meno possibile e, quindi, ciò comporta un senso di smarrimento, confusione e solitudine di tanti genitori nel far fronte all’impegno genitoriale e soprattutto nel rispondere alle diverse esigenze che ogni epoca evolutiva pone.
Inoltre se prima il figlio cresceva e muoveva i primi passi in famiglia, per cui entro un contesto familiare allargato ma protetto che veicolava il senso di famiglia, di appartenenza e un’identità familiare forte, ad oggi i bambini sono precocemente inseriti all’asilo per rendere possibile la ripresa del lavoro e se questo può essere positivo per il fatto che il bambino riceve stimoli positivi e input educativi da personale specializzato, oltre alla possibilità di socializzare e confrontarsi con altri bambini fin da piccolo, è altresì vero che questo comporta un lavoro molto più impegnativo per i genitori, perché l’uscire dall’ambiente familiare protettivo comporta un lavoro di osservazione, monitoraggio, intervento correttivo da parte dei genitori, aggravato ulteriormente da un bombardamento di stimoli a cui i bambini sono sottoposti in virtù di un contatto e di un utilizzo precoce dei media.
In secondo luogo, i ritmi frenetici che viviamo oggi sono sicuramente un’esasperazione di un sistema lavorativo, che è sempre meno umanizzante e sempre meno a misura di famiglia. Pertanto se è vero che non pochi genitori rientrano alla sera stremati dalla stanchezza e con poche energie e tempo a disposizione per stare con i figli, è altresì vero che sia assolutamente riduttivo concludere che ciò rappresenti una scelta dei genitori e che la soluzione stia semplicemente nel tagliare l’orario lavorativo, quando sappiamo bene che il sistema lavorativo ha delle regole interne che non consentono spesso grandi manovre autonome, se non a costi elevatissimi.
Tuttavia è pur vero che l’impegno lavorativo spesso di entrambi, madri e padri, sul fronte lavorativo, magari con un’intera giornata spesa fuori casa, inficia pesantemente sulla gestione e sull’educazione dei figli, delegata in parte ad altri.
Inoltre ritmi così impegnativi non facilitano neanche spazi di socializzazione e confronto con altre famiglie e altri genitori, tanto che sempre più spesso osservo che le famiglie e i genitori sono sempre più soli nel far fronte al grande compito educativo.
Inoltre stiamo indiscutibilmente vivendo un’epoca storica in cui la figura della madre come anche quella del padre sono in graduale trasformazione e alla ricerca di una nuova identità e collocazione. Le madri di oggi si confrontano con un modello materno (la rappresentazione mentale della madre interiorizzata che deriva anche e soprattutto dalla madre avuta e vissuta) che risulta distante rispetto alla loro posizione e alla situazione che vivono attualmente: una significativa percentuale di madri di oggi lavorano e si trovano a dover conciliare lavoro e famiglia, spesso con difficoltà a reperire supporti esterni sia per la lontananza della famiglia di origine sia per la carenza di supporti sociali, mentre le proprie madri erano per lo più casalinghe e dedite alla cura della casa e della famiglia. Pertanto diventa difficile ritrovare nei propri ricordi e nel modello materno esempi e insegnamenti che possano costituire una guida e una traccia per orientarsi; ed è proprio per questo e per la solitudine in cui si ritrovano tante madri di oggi, stritolate da un sistema che le vogliono sempre in trincea a lavorare e con poche energie e spazi per socializzare, che diventa difficile trovare un nuovo equilibrio. Infatti da parte della società i messaggi sono ambivalenti e poco rassicuranti e orientativi: da una parte, alla donna si chiede di lavorare, di produrre e di “fare come gli uomini, se sei forte e vuoi riuscire”, dall’altra le si chiede di fare la madre e “la brava donna di casa”, perché “una vera madre si occupa in prima persona dei figli”.
Il dilemma di tante madri è capire dove collocarsi, dove spostare l’ago della bilancia, possibilmente senza rinunciare a niente.
E che dire dei padri? Figura inattaccabile fino a poco tempo fa, distrutta e demolita nell’ultima decade. Al padre si rimprovera di aver perso lo scettro del padre autorevole e normativo, capace di dare regole e di definire rigore e disciplina.
Voglio andare controcorrente. In virtù della mia esperienza professionale e anche personale, conosco e osservo tanti padri affettivi, amorevoli, presenti e collaborativi; padri capaci di emozionarsi, di essere in prima linea nella cura dei figli dal taglio del cordone ombelicale in sala parto alle pappe e così via.
E questa è una grandissima conquista.
D’altra parte è altresì vero che i figli non possono essere cresciuti e educati solo con amore e affetto, bensì necessitano anche di regole e limiti. Tale “funzione paterna” (così viene chiamata dagli psicologi) è sicuramente in crisi, verosimilmente in contrapposizione all’epoca precedente autoritaria più che autorevole.
Pertanto quello che sarebbe auspicabile e necessario raggiungere, in funzione dei bisogni dei bambini, è una conciliazione e un’integrazione fra “funzione materna” (affetto, amore e cura) e “funzione paterna” (normativa).
Tuttavia perché questo sia possibile, ritento che i genitori necessitino di aiuto, di spazi di informazione e formazione, di confronto e di supporto nell’esercizio del mestiere più difficile che ci sia, ovvero quello di fare il genitore.
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