REYHANEH: TANTO CLAMORE… PER NULLA?
Tanto clamore e poi… il silenzio. Come del resto avviene sempre dopo un fatto eclatante che scuote per un attimo l’attenzione generale
È accaduto anche nel caso di Reyhaneh Jabbari, la temeraria ventiseienne che il governo iraniano aveva condannato a morte già sette anni fa per omicidio.
La
ragazza è stata impiccata sabato 25 ottobre senza aver mai pronunciato una sola parola di pentimento. Ha affrontato la morte fieramente, con la stessa dignità con cui, appena diciannovenne, nel 2007, non aveva esitato ad accoltellare il suo stupratore, Morteza Abdolali Sarbandi. Ha ucciso per legittima difesa, per il tremendo oltraggio alla sua persona (il peggiore che una donna possa subire). Il pericolo, la paura, l’inferiorità fisica non l’hanno fermata.
Sapeva che il suo trionfo sull’aggressore sarebbe stato momentaneo e non privo di conseguenze pesanti in un paese fortemente fallocrate come l’Iran. Era cosciente che
l’uccisione di Sarbandi avrebbe sottoscritto la sua stessa condanna a morte. Tuttavia non ha esitato a compiere quel gesto estremo che l’avrebbe consegnata direttamente al boia. E prima del l’esecuzione ha reso note le sue ultime volontà: “
Dona i miei occhi“, avrebbe detto alla madre, “che non diventino polvere”.
Echi di forte indignazione dalla pubblica opinione, che ha prontamente manifestato il proprio disappunto ricorrendo ai soliti discorsi ad effetto (e di circostanza) sull’abominio legato a ogni forma di violenza sulle donne. E poi? Il nulla. Le voci tacciono.
L’oblio. Almeno fino a quando non si verificheranno nuovamente casi analoghi in qualche altro luogo del pianeta. È emblematica la memoria ciclica che caratterizza il mondo. Una capacità di rievocare periodicamente eventi che tendono a ripetersi nel corso del tempo. Eventi cioè che suscitano scalpore immediato malgrado siano destinati alla repentina rimozione da parte delle coscienze individuali. Insomma: l’ennesima esternazione dell’ipocrisia imperante ovunque.