Se l’allattamento materno è una scelta consapevole e serena della madre, allora rappresenta sicuramente la scelta elettiva per madre e figlio
In linea con le linee guida dell’OMS sull’allattamento materno, quale scelta elettiva per la salute del bambino e della mamma, sono nate col tempo varie e diverse associazioni a sostegno dell’allattamento materno al fine di sensibilizzare le neo- mamme ad allattare al seno. Nei reparti di ostetricia e pediatria/neonatologia della maggior parte degli ospedali italiani, vi è stato nel corso degli anni una virata verso l’allattamento materno e così alla neo-mamma viene proposto di allattare fin da subito, stimolando l’attaccamento e la suzione nel piccolo e la produzione di latte nella madre.
Se tutto ciò può essere condiviso da un punto di vista scientifico, in quanto inopinabili sono gli effetti benefici dell’allattamento materno e di conseguenza comprensibile il suggerimento di provare a procedere in questa direzione, sarebbe però opportuno che gli specialisti e gli operatori si fermassero al compito di informare e di suggerire e non di imporre.
Infatti in teoria nonostante i suggerimenti dell’OMS, l’allattamento rimane e dovrebbe rimanere una libera scelta della madre.
Nei fatti le cose non stanno proprio così e questo lo sa bene chi ha partorito negli ultimi anni, come la sottoscritta e tante mamme che ho avuto modo di conoscere e di aiutare nel mio lavoro di supporto psicologico alla maternità.
Le indicazioni e le linee guida sanitarie sono diventate un dogma rigidamente riproposto da ostetriche, pediatri e infermieri alle neo-mamme, come se l’allattamento materno dovesse essere un dovere e una responsabilità della madre unicamente per il bene del bambino, a prescindere da cosa lei pensa, da come lei sta e da che cosa vuole e vorrebbe decidere e scegliere.
Se poi la neo-mamma in questione osa lamentare dolori stanchezza post-partum, indecisione o difficoltà nell’allattare o addirittura la scelta di ricorrere al biberon, si confronta con un ambiente poco accogliente e comprensivo: reazioni forti e dure, non è importante come sta la madre, purché allatti; le difficoltà sono poco tollerate, allattare diventa un comandamento; la mamma col biberon è una mamma dipinta come egoista, che non vuole allattare e quindi “di serie B”.
Non finisce qui. L’esperienza ospedaliera non è facile, e solo nell’ultimo mese ho già raccolto cinque testimonianze di donne rimaste in qualche modo “traumatizzate” e scosse dai giorni post-partum trascorsi in ospedale proprio per questo accanimento rigido e mal gestito, ma se si limitasse lì, sarebbero tre giorni di agonia (peccato che dovrebbero essere i giorni più delicati e faticosi ma anche i più belli della vita!) che poi passano con il rientro a casa.
Purtroppo però anche la cornice sociale non agevola: la convinzione comune è che la mamma debba allattare; non si concepisce che possa essere diversamente. A sottolineare ciò, ci sono varie e diverse associazioni che promuovono una sensibilizzazione generale al fine di promuovere l’allattamento materno.
Poi appena nasce un neonato, una delle prime domande da parte della gente va subito a cadere lì: “allatti te?”. Se la risposta è sì, vedi nel volto dell’interlocutore, un sorriso compiacente e di approvazione. Se la risposta è “no”, vi possono essere persone (poche!) discrete che si fermano lì e non vanno oltre; molte altre, visibilmente non contente della risposta, insistono ad indagare i motivi e anche in merito a questi, le reazioni sono differenti a seconda della risposta: se la risposta è “non ce l’ho” (anche se tanti operatori avrebbero da ridire, perché “il latte ce l’abbiamo tutte”, così dicono), allora l’interlocutore tace e la risposta piace, perché il mancato allattamento materno è dovuto a fattori contingenti che prescindono dal volere della madre, “poverina”; mentre se la madre in questione adduce altre motivazioni, allora il viso dell’interlocutore diventa rigido e contratto, scende il silenzio (sebbene anche solo per qualche attimo) e lo sguardo è più che eloquente: non sai bene cosa pensi su di te, ma sicuramente non nutre ottime impressioni, questo è chiaro.
Sarà che ho vissuto in prima persona questa realtà in occasione di entrambe le mie maternità, sarà che rivivo questa situazione indirettamente con le mamme che mi portano questi vissuti e queste esperienze così forti in un momento così fragile e delicato, che non finisco mai di rimanere indignata e non nego, anche arrabbiata.
Come già detto, comprendo e condivido che l’allattamento materno rappresenti la scelta elettiva e che vi debba essere una giusta e corretta informazione della donna e dei genitori in merito. Tuttavia ritengo prima di tutto che questa informazione debba avvenire prima del parto sia nei corsi di preparazione al parto sia con un colloquio con l’ostetrica e con lo/a psicologo/a che dovrebbe essere reso obbligatorio prima del parto, al fine di affrontare alcuni aspetti riguardanti sia il travaglio e il parto che l’allattamento con cui la donna di lì a poco si confronterà.
Tuttavia ritengo anche che una donna, per quanto debitamente informata, debba ritenersi libera di scegliere in funzione di tanti e diversi aspetti e non indotta o forzata e che vi debba essere assoluta accoglienza e assoluto rispetto da parte degli altri. Infatti una forzatura, come spesso avviene, genera solamente stress, una polarizzazione del pensiero sull’allattamento, sensi di colpa e vissuti di inadeguatezza se non riesce o decide diversamente, e ciò inficia sia sulla sua rappresentazione mentale di madre e sulla fiducia nelle proprie capacità sia sul suo equilibrio emotivo.
Condivido il fatto che una madre debba pensare al benessere di suo figlio, è indubbiamente una sua responsabilità (condivisa col padre), ma al contempo è responsabile anche del proprio benessere, che deve tutelare e garantire il più possibile, perché il benessere della madre fa il bene anche del figlio.
Pertanto se l’allattamento materno è una scelta consapevole e serena della madre, allora rappresenta sicuramente la scelta elettiva per madre e figlio; tuttavia se così non è per vari e diversi motivi, allora è opportuno fermarsi ed interrogarsi su quale sia la scelta migliore: allattare al seno e avere una madre stressata o provata dalla situazione e che magari vive questa situazione come una costrizione indotta o piuttosto allattare col biberon (quindi rinunciare all’allattamento al seno) ma comunque in cambio di serenità, minor stress e minor rischio di sviluppare reazioni ansioso-depressive, che poi hanno inevitabilmente ripercussioni sul figlio? Io non ho dubbi!
Una madre continua ad essere una persona e una donna anche se madre e deve (questa volta utilizzo io il termine “deve”) pensare anche al proprio benessere, consapevole che di riflesso fa il bene anche del figlio.
Pertanto promuoviamo informazione e formazione al fine di promuovere una genitorialità consapevole, ma senza imporsi o sostituirsi ai genitori nelle scelte e nelle decisioni che sono e devono rimanere personali.
5 commenti
Ciao, anche io sono mamma ed ho allattato al seno la mia bambina, quindi sono per l’allattamento al seno! Ma condivido il tuo pensiero…l’allattamento al seno è un’esperienza bella soprattutto se la scelta della mamma è consapevole altrimenti non fa bene ad entrambi e soprattutto non fa bene al bambino. E’ normale che dal benessere della madre dipenda anche quello del bambino e non esiste nessuno meglio della mamma che possa capire ciò che fa bene al suo piccolo! Le scelte vanno vissute con consapevolezza e serenità, senza dar conto a ciò che gli altri pensano!
Teresa
Grazie per questo interessante, equilibrato e illuminato articolo su un momento così importante della vita di una donna che è spesso sciupato da indebite e sottili pressioni dell’ambiente, che impediscono di viverlo con la saggezza che tiene conto del benessere sia della mamma sia della bambina/o e l’apertura mentale della scelta informata. Grazie ancora.
Trovo assolutamente giusto che sia la donna a decidere, compatibilmente con le proprie esigenze, se debba o meno allattare al seno, anche se credo, personalmente che, quando non sussistano contingenze particolari, si debba propendere per quest’ultimo, visti gli evidenti vantaggi psicofisici che ne derivano, per il bambino innanzitutto, il cui benessere, insieme quello della madre, è e deve essere interesse primario.
Io ho allattato mia figlia (potendolo e volendolo fare) fino ai suoi due anni e tre mesi e anche in questo caso ho dovuto spesso scontarmi con la sorpresa o dirittura la malcelata riprovazione di persone, nella maggior parte delle altre donne, che bonariamente mi “canzonavano” per il fatto che continuassi ad allattare mia figlia nonostante fosse ormai svezzata da tempo. Anche se tali commenti mi infastidivano di certo non mi hanno mai fatta desistere perché constatavo che per la mia bambina il seno rappresentava sicurezza, conforto e tanto altro, in un momento in cui stava affrontando il primo vero distacco da me con l’inserimento al nido.
Ho poi smesso di allattare perché la cosa è scemata naturalmente.
Dunque i commenti inopportuni sono sempre in agguato, in qualunque circostanza, bisogna cercare di seguire solo il proprio istinto di donne e di madri, senza farsi condizionare dal sentire comune. Una donna sa da sola cosa sia meglio per se stessa e per il proprio figlio.
La mia piccola storia personale: il primo figlio si ammala gravemente a dieci giorni di vita, e io per lo spavento perdo subito il latte. Per fortuna tutto si è poi risolto per il meglio, ma da quel momento il bambino è stato allattato artificialmente. E’ cresciuto benissimo sia fisicamente che psicologicamente, e il nostro rapporto è sempre stato stretto e trasparente. Il secondo figlio, per fortuna, nasce e cresce senza incidenti, e io lo allatto al seno fino a circa otto mesi di vita. Repetita juvant? E’ cresciuto benissimo sia fisicamente che psicologicamente, e il nostro rapporto è sempre stato stretto e trasparente.
Quindi, lavoriamo per aiutare le mamme a fare le loro scelte con serenità e consapevolezza. Per quanto, come si sa, scientificamente il latte materno rimane la migliore scelta (pare non sia ripetibile) Il bambino va nutrito con amore, tempo, pazienza, attenzione. La fonte, secondo me, è l’ultima cosa.
Secondo me questa eccessiva medicalizzazione della maternità lascia poco spazio alla natura. Partorire è natura e allattare pure. Non ha a che fare con la testa, cerchiamo di non razionalizzare questa dimensione del femminile, così vera, così fisica!
Lasciamoci andare, per una volta, una volta o al massimo due nella vita!