Il 26 novembre 2014 il Dipartimento per le Pari Opportunità, la Scuola Nazionale dell’Amministrazione e il Dipartimento per le Politiche della Famiglia ospitano il convegno “Maternità e lavoro femminile. Stereotipi e nuovi paradigmi”.
Mercoledì 26 novembre 2014
ore 10
Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Via Santa Maria in Via, 37
Roma
Il Dipartimento per le Pari Opportunità, la Scuola Nazionale dell’Amministrazione e il Dipartimento per le Politiche della Famiglia ospitano il convegno “Maternità e lavoro femminile. Stereotipi e nuovi paradigmi”.
La maternità è un elemento di crisi o una risorsa per il mondo del lavoro? Questa la domanda su cui si vuole riflettere durante il convegno. L’occupazione femminile nel nostro Paese sembra aver trovato fino ad ora nell’esperienza della maternità un momento di profonda crisi e un ostacolo difficile da superare. Basti pensare che per il tasso di occupazione femminile l’Italia si pone nelle ultime posizioni tra i paesi europei, sotto di noi solamente Malta. Alcuni dati sulla situazione italiana:
- il 30% delle donne interrompe il lavoro per motivi familiari contro il 3% degli uomini (ISTAT);
- solo quattro madri su dieci riprendono l’attività un volta stabilizzata la situazione familiare(ISTAT);
- l’Italia, con il 37%, ha la più alta percentuale di famiglie monoreddito d’Europa (EUROSTAT);
- il tasso di occupazione femminile diminuisce al crescere del numero dei figli in Italia più che nel resto d’Europa (dal 60% con 1 figlio al 33% con 3 figli; EUROSTAT);
- nel rapporto sulla parità di genere del World Economic Forum 2014, l’Italia è 114° su 142 Paesi per la partecipazione socioeconomica delle donne;
Il Governo pone una grande attenzione al tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro che passa anche attraverso la valorizzazione della maternità in ambito lavorativo. I dati recenti non sono confortanti e dimostrano che bisogna attivarsi per arrivare a un cambiamento di paradigma culturale che implichi la disattivazione di antichi stereotipi affinché la maternità e, più in generale, la genitorialità non siano vissute come elementi discriminatori nel mondo del lavoro ma, al contrario, come un prezioso valore aggiunto e un elemento di sviluppo delle competenze manageriali, fonte di arricchimento per la società e le organizzazioni.
“La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro contribuisce in maniera determinante al superamento delle differenze di condizione tra uomini e donne nell’ambito dell’affermazione nella vita pubblica, affermazione che trova nel lavoro il suo principale strumento”, così l’On. Martelli, Consigliera del Presidente in materia di Pari Opportunità.
Con questo convegno, il Governo Italiano si pone all’avanguardia nel proporre un rovesciamento dello stereotipo della maternità come un ostacolo al lavoro. Secondo la tesi del libro “MAAM. La maternità è un master”, uscito con BUR a settembre 2014, le molte competenze che la maternità sviluppa possono rivelarsi utili sul lavoro e sono ciò che le aziende cercano oggi. Ne discutono Banca d’Italia, Istat, rappresentanti del mondo istituzionale, della ricerca, associazioni di categoria e attori privati.
Per partecipare si prega di compilare il form on line.
I giornalisti e i cineoperatori interessati possono inviare la richiesta di accredito all’indirizzo e-mailcomunicazione.po@governo.it entro le ore 15 di martedì 25 novembre.
2 commenti
Sinceramente, possiamo anche raccontarci che la maternità è un master, ma se poi le donne che hanno figli vogliono tutte il part-time, di che cosa stiamo parlando?
questi ragionamenti, fatti in modo generico, lasciano il tempo che trovano. Sarà poco “politically correct”, ma gli effetti della maternità cambiano con la professione delle madri – e dei padri.
Se faccio la cassiera, ho la maternità e non posso essere sul lavoro per 5 mesi. Dopo 5 mesi rientro con orario ridotto, e poi riprendo a tempo pieno. Se voglio il part time, la società potrebbe anche darmelo, e prendere un’altra che fa l’altra metà del tempo. Certo non posso pretendere poi di rientrare a tempo pieno quando lo dico io, perchè ci sono posti e tempi e costi da considerare. Di base, in questi casi è necessario un supporto di asili nido e servizi vari in modo da consentire alla madre di lavorare sapendo che il bambino è in buone mani, stimolato, curato e accudito.
Se faccio l’avvocato, e ci tengo, magari ho la possibilità di avere una tata, magari posso lavorare da casa, o fare orari più flessibili. Lì si può parlare di conciliazione perchè il lavoro me lo organizzo io. Anche se alla fine magari si lavorano più ore rispetto a un lavoro dipendente-
E infine: il punto è la cultura, perchè finchè a conciliare devono essere solo le MAMME, la discriminazione non sarà MAI eliminata. La questione è far si che anche i padri siano coinvolti nella cura dei figli, e quindi che i compiti vari siano divisi equamente. Finchè si darà la prevalenza al lavoro dell’uomo, la donna finirà sempre per trascurare il suo, e da qui sarà discriminata. E anche quelle che non lo farebbero saranno discriminate ugualmente perchè la concezione sarebbe quella.
Clo, perchè non metti questa tua osservazione nel forum di dols che tratta di questo tema? https://www.dols.it/forums/forum/pari-opportunita/conciliazione/