La tradizione natalizia dell’alto salento vuole che la cena della Vigilia, ovviamente di magro, si componga di 9 cibi, o piatti, o portate, che dir si voglia, cucinati o no, elementari o no, ma devono essere proprio quel numero lì.
Di Laura Gentile
Natale al Sud. Ma proprio giù giù, nel tacco alto, ma non a spillo, dello stivale. Laterra in questi posti ha un colore rosso cupo ed è compatta e levigata come il fango secco. E’ percorsa da solchi morbidi e profondi, il cui disegno non è molto diverso da quello che il sole fa sulle facce di chi su questa terra ci lavora tutti i giorni. Qui non piove quasi mai, la vigna resta bassa e le uniche distese “infinite” di cui ci si può vantare ono quelle delle viti ordinate e degli ulivi, vecchissimi e incredibilmente contorti in fantasie di nodi e buchi. Sono piuttosto rare le inclinazioni del terreno, poche le alture (chiamiamo ‘monte dei diavoli’ una collinetta alta una cinquantina di metri…), altrettanto pochi gli scoscendimenti. Niente a che vedere quindi con l’idea del lussureggiante, col tripudio di qualcosa o col senso di ricchezza, anzi
Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, cosa abbia a che vedere il Natale, anzi la cena di Natale, con tutta questa premessa sulla morfologia del terreno. In realtà, se si conoscono minimamente i piatti che si preparano, sobri e “asciutti” come la terra da cui provengono, e la, seppure appena accennata, scenografia che li accompagna, il richiamo non è più così astruso come potrebbe sembrare.
La tradizione natalizia dell’alto salento vuole che la cena della Vigilia, ovviamente di magro, si componga di 9 cibi, o piatti, o portate, che dir si voglia, cucinati o no, elementari o no, ma devono essere proprio quel numero lì.
Per la vigilia di Natale in questa zona della Puglia, al sud del sud quindi, si preparano le “nove cose”: nove piatti da portare in tavola, possibilmente in contemporanea, per dare la possibilità ai commensali di contarli e ricontarli, constatando così che “sì, sono proprio nove: meno male, la cuoca non ha sbagliato”. Non so bene cosa comporti sbagliare il conto e portare in tavola un numero diverso di portate (malattie? disgrazie? Nell’incertezza si sta attenti a questa matematica gastronomica), fatto sta che il numero 9, numero peraltro –alcuni dicono-quasi dimezzato rispetto ad un centinaio di anni fa, risulta un dovere imprescindibile del Natale salentino. Già è curioso, asciutto ed essenziale appunto -e ci risiamo- chiamare ‘cose’ dei piatti, delle portate del cenone di Natale.
Senza fronzoli, voli, senza lussi reali o apparenti. La sostanza delle “cose” che si preparano è poi assolutamente povera, legata al concetto di magro, nel senso di assenza di carne, e di autoprodotto. Certamente i piatti variano, in relazione alla tradizione della famiglia e ai gusti personali: nei menù più ricchi possono apparire antipasti di frutti di mare, cozze, noci, ostriche o dolci ricchi ed elaborati come la frutta di pasta reale. La combinazione più diffusa, nonché la più povera prevede:
1. Pettole fritte
2. Insalata mista
3. Tria col baccalà
4. Rape spritte
5. Verdure lesse
6. Purcidduzzi
7. Cartiddati
8. Frutta fresca
9. Frutta secca
Buon natale
Rape spritte
Dosi per 8 persone
1 kg di cime già pulite, olio extra vergine, 2 etti di olive nere, 5 foglie di alloro, 2 peperoncini, sale, 1 bicchiere di vino bianco.
In una pentola larga e alta mettere a strati le cime sgocciolate e tutti gli ingredienti tranne le olive fino ad esaurimento. Coprire col coperchio e a fiamma molto bassa cuocere per almeno 1 ora, o finchè la verdura non avrà assunto il tipico colore verde salvia. A fine cotture aggiungere le olive e aggiustare di sale se occorre.
Tria col baccalà
La “tria” è una tagliatella integrale priva di uova e molto corposa e saporita.
Le dosi sono per 8 persone
600 gr di farina di semola di grano duro integrale, acqua, sale. Per il sugo: 1 kg di baccalà ammollato, 1 litro di passata di pomodoro, olio, aglio, sale.
Fare (anche con l’impastatrice) un impasto consistente. Tirare una sfoglia alta 2 mm circa, arrotalatela e tagliatela come si fa per le tagliatelle. Fare asciugare la pasta su un piano leggermente infarinato.
Rosolare uno spicchio d’aglio intero (togliendolo dopo se si vuole) in 50-60 gr di olio. Tagliare il baccala a pezzettini e farlo rosolare insieme all’aglio. Estrarre con delicatezza i pezzi di baccalà dalla pentola e aggiungere la passata di pomodoro. Dopo 30.40 minuti di cottura reimmergere il baccalà nel sugo e farlo insaporire ancora per qualche minuto. Aggiustare di sale e condire con abbondanza la tria cotta al dente.
Purcidduzzi
Dosi per 8 persone
600 gr di farina 00, 6 uova, 75 gr di burro, sale, un bicchierino di anice, olio per friggere, miele e confettini colo colorati per decorare.
Mettere tutti gli ingredienti nell’impastatrice e lavorare a lungo, finchè l’imasto non si presenta liscio e omogeneo. Ricavare degli gnocchi di pasta che saranno fritti in olio abbondante. Scaldare a parte il miele, fare cadere i dolcetti fritti nel miele caldo, estrarli e disporli su un piatto da portata dando la forma di una montagnola. Cospargere di confettini e servire freddi. Si conservano per molto giorni.
Cartiddati
500 gr di farina 00, 50 gr di zucchero, 30 cc di olio di oliva, una stecca di cannella, la buccia grattuggiata di un’arancia biologica, 1 bicchierino di vino bianco fermo, olio per friggere.
Riscaldare l’olio con la cannella eliminando poi qust’ultima. Impastare la faina con il vino, l’olio, lo zucchero, la buccia grattuggiata e acqua tiepida quanto basta per ottenere un impasto molto elastico. Tirare una sfoglia sottilissima ( le macchine per la pasta sono perfette…) e con una rondella tagliare delle striscioina di pasta lunghe 15-20 cm e larghe 4-5 cm. Arrotolare a nido queste strisce di pasta e friggerle in olio abbondante. La tradizione le vuole cosparse di vino cotto, ma anche una spolverata di zucchero al velo è sufficiente per far apprezzare questa meraviglia.