Le normative ambientali europee, molto più rigide di quelle degli USA, e il sistema di servizi pubblici, tra cui quello idrico, sono nel mirino del trattato TTIP
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Gli ambiziosi obiettivi riportati nel Pacchetto Clima ed Energia, quali la riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e il raggiungimento della quota di energie rinnovabili pari al 27% , verranno considerati dei limiti per gli USA che, come è noto, si sono rifiutati di sottoscrivere il protocollo di Kyoto.
La Commissione Europea ci tranquillizza scrivendo nel ‘Impact Assessment Report on the future of EU-US trade relations’ come una delle possibilità per ridurre le emissioni di gas serra potrebbe essere quella di spostare la produzione industriale al di fuori dei confini UE ed USA. Un “etico escamotage” per scaricare la produzione nel paesi sottosviluppati, dove le normative in ambito ambientali non esistono o sono facilmente aggirabili. La strategia di spostare la produzione all’estero verrà applicata anche nell’ambito della produzione dei biocombustibili, già dal 2007 praticata in larga parte in paesi in via di sviluppo attraverso il Land Grabbing.
La produzione di biocarburanti negli Stati Uniti è circa 10 volte quella europea, ed è ragionevole pensare che saranno i loro standard ad imporsi sui nostri. Potrebbe quindi essere incoraggiata la produzione di biocombustibili di prima generazione, che l’Unione Europea ha recentemente deciso di limitare per gli effetti devastanti sullo sfruttamento del territorio e della risorsa idrica.
Sarà messo in discussione il principio di precauzione, che impedisce la distribuzione di alcuni prodotti nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio per l’ambiente, la salute umana e animale.
Saranno attaccate la normativa REACH(Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals) sulla gestione delle sostanze chimiche, la direttiva europea sull’uso sostenibile dei pesticidi, la legislazione riguardante la sicurezza dei prodotti alimentari.
La pratica del fracking, estrazione di gas di scisto e petrolio mediante fratturazione idraulica delle rocce, potrebbe non dover più rispettare le leggi ambientali ed essere incoraggiata anche in paesi in cui attualmente non è legale.
Verrebbe ignorata l’opposizione pubblica nei confronti di questa tecnica, considerata responsabile dell’inquinamento di suolo, acqua ed aria.
In generale la partecipazione pubblica alle attività decisionali aventi effetti sull’ambiente, conquista recente dei cittadini europei in seguito all’approvazione della convenzione di Arhus, avrà un ruolo sempre minore.
La liberalizzazione del mercato, l’aumento della produzione e la spinta verso la privatizzazione dei servizi pubblici aumenterà lo sfruttamento delle risorse naturali e porterà a effetti sulla biodiversità, probabilmente anche nelle zone tutelate da leggi nazionali o dalla Rete ecologica Natura 2000, secondo le recenti analisi della Commissione Europea.
Queste accennate solo alcune conseguenze del trattato.
É sconsolante pensare non solo alle conseguenze disastrose per l’ambiente e la salute umana ma
come l’interesse economico in ballo si prenda gioco delle difficili conquiste di civiltà ottenute dai cittadini europei.
Giulia De Carolis
Ingegnera per l’ambiente e il territorio.