Expo 2015. Debito, cemento e precarietà ( www.noexpo.org ). Ma non solo, anche pinkwashing, ovvero spruzzata di rosa per coprire debito, cemento e precarietà.
Assolutamente d’accordo con le donne di narrazioni differenti, riporto una loro visione controcorrente.
da narrazioni differenti
Expo 2015. Debito, cemento e precarietà ( www.noexpo.org ). Ma non solo, anche pinkwashing, ovvero spruzzata di rosa per coprire debito, cemento e precarietà. Gaystreet, ovvero dei diritti delle persone omosessuali non ce ne importa niente, ma dei profitti che possiamo fare proponendo loro un ghetto luccicante dove acquistare finta inclusione ci interessa assai. Woman for Expo, nutrire il pianeta, uno spazio tutto al femminile dove ti invito l’attrice, la presidente di qualche ong, l’imprenditrice e la cantante, e la quota rosa è fatta.
Il tema intorno al cui le donne dell’Expo sono chiamate a discutere, tra di loro per carità che son cosa da donne, è la nutrizione, perchè a quanto pare “Ogni donna è depositaria di pratiche, conoscenze, tradizioni legate al cibo, alla capacità di nutrire e nutrirsi, di “prendersi cura”. Non solo di se stessi, ma anche degli altri”.
Le donne sarebbero quindi depositarie di pratiche femminili, l’aggettivo femminile ricorre spesso – sapere femminile, capacità femminile, istinto femminile, modalità femminile – che le renderebbero perfette per prendersi cura non solo di figli, genitori, famiglia ma addirittura dell’intero pianeta. Un bell’accollo!
“Donne costrette a parlare solo di donne, per essere ascoltate” scriveva qui Laura e anche all’Expo, in quella potente macchina politica, burocratica ed economica, le donne hanno il loro ghetto. Parlano di cibo, di nutrizione, di sostenibilità, tra donne, tra vecchi stereotipi e nuove contraddizioni.