La donna espatriata è fermamente decisa a fare del suo periodo all’estero un’esperienza di arricchimento. Il discorso dell’identità professionale della donna espatriata ha subito affascinanti cambiamenti
Vivo all’estero da 25 anni, da ancora prima che Internet entrasse nelle nostre vite. Ho lasciato l’Italia per seguire mio marito, e come è successo a tante mie coetanee, ho fatto mio questo stile di vita mobile e internazionale e non tornerei mai indietro. Appassionata dal creare reti e dal mutuo supporto, soprattutto tra donne, ho sempre considerato fondamentale la trasmissione di informazioni che solo chi vive in un paese straniero può captare. A questo scopo, nel ’96 fondavo la mia prima rete di appoggio alle donne che si trasferivano in Africa, progetto che ho poi trasformato nel portale che gestisco attualmente, www.expatclic.com, che ascolta e assiste donne di tutte le nazionalità che vanno a vivere all’estero. Sono quindi quasi vent’anni che seguo le vicende del popolo espatriato femminile e mi immergo, in prima persona e di riflesso, nelle questioni più spinose legate alla vita mobile con figli, mariti, animali e oggetti al seguito, e posso affermare con certezza che se su alcune di queste le coordinate di fondo sono rimaste e probabilmente rimarranno sempre uguali, il discorso dell’identità professionale della donna espatriata ha subito affascinanti cambiamenti, e si presenta oggi sotto forme molto inedite rispetto a quanto accadeva 25 anni fa.
Il cambiamento più profondo e meno visibile all’immediato riguarda il sentire della donna rispetto alla sua posizione di moglie “al seguito” (un termine un po’ avvilente ma che inquadra molto bene la situazione): se un tempo l’unico scenario che le si prospettava era quello di mettere la tesi nel cassetto o dire addio a un lavoro ben avviato, per andare ad indossare i panni dell’angelo del focolare, oggi, anche se impossibilitata a lavorare nel suo paese d’accoglienza, la donna è fermamente decisa a fare del suo periodo all’estero un’esperienza arricchente sotto il più grande numero di aspetti, e possibilmente in vista di futuri sviluppi professionali. L’esempio più eclatante è l’aumento di donne che approfittano dell’espatrio per formarsi – a volte localmente, più spesso online – in qualche campo professionale nuovo o approfondire il proprio campo già consolidato.
Quando si vive all’estero si è costantemente sotto stimolo – imparare a funzionare in una nuova cultura è uno degli esercizi migliori per aumentare la flessibilità e l’apertura mentale, e in presenza di queste, ogni nuovo input viene accolto, elaborato e digerito in maniera duratura. Studiare quando si è in un contesto straniero, anche se solitario per certi versi, soprattutto se si fanno corsi online che costringono a lunghi periodi di isolamento davanti al computer, risulta molto più vivace e meno faticoso, perché si inserisce in uno scenario già di per sé creativo e in sviluppo. Contribuisce inoltre a dare alla donna espatriata un’identità e un ruolo che altrimenti potrebbe faticare a trovare.
Moltissime sono le donne che hanno sofferto, e tutt’ora soffrono, per la mancanza di riconoscimento quando sono semplicemente “le mogli di…”. Se un tempo non esistevano vie d’uscita a questa situazione, oggi è molto più facile aspirare a qualcosa che rafforzi la nostra posizione individuale, e non ci faccia più sentire esclusivamente il riflesso del nostro partner che ha un ufficio, dei colleghi, delle mansioni ben precise, e soprattutto uno stipendio a fine mese.
Innanzitutto la geografia delle professioni è cambiata: se un tempo si studiava per operare in un campo e seguire quella professione per il resto della vita, oggi è molto più comune e in alcuni casi anche incentivato, cambiare area di carriera, riciclarsi in nuove avventure professionali, e soprattutto ispirarsi alle realtà che si incontrano man mano per ampliare la propria visione lavorativa. Tantissime sono le donne che giungono in un nuovo paese e attingono alla cultura, artigianato o bisogno locale per crearsi nuove opportunità di carriera – parlo perlopiù di professioni creativo-manuali (cucina, moda, arte, benessere) ma non solo: in alcuni contesti in cui l’economia è in crescita e più vivace di quella italiana (o di altri paesi europei), diventa più facile lanciare nuovi progetti a tutti i livelli.
Secondo, le nuove tecnologie ci permettono oggi cose che un tempo erano assolutamente impensabili. La trasmissione d’informazioni, documenti e immagini in tempo reale facilita enormemente la comunicazione e lo scambio a tutti i livelli. La base stessa delle nostre alleanze professionali è cambiata: se un tempo ci si poteva lanciare in nuove avventure solo con chi si conosceva di persona, oggi i team virtuali sono una realtà, e non è infrequente per molte donne montare delle imprese con amiche di rete, donne cioè che non si sono incontrate in carne ed ossa, ma che in seguito a un contatto online e una bella chiacchierata via skype, hanno scoperto di avere più cose in comune che non con l’amica d’infanzia che da sempre segue i loro passi. Internet ha inoltre cambiato drasticamente il nostro modo di promuoverci, e ampliato i confini dei contatti che possiamo potenzialmente crearci. Questo spostamento d’enfasi dalla vita locale alla vita in rete è stato di enorme beneficio per chi, come me, cambia scenario ogni 3 o 4 anni, e si trova quindi soggetta a ricostruirsi ciclicamente una vita altrove: con Internet le proprie reti, alleanze e la propria figura professionale non registrano scosse, perché basta atterrare in un luogo dove la connessione è soddisfacente, per riprendere esattamente dal punto in cui si era rimaste quando si è salite sull’aereo.
Con tutto ciò non voglio dare l’impressione di sminuire i problemi che pesano sull’identità professionale della donna a seguito. E’ un dato di fatto che molte donne hanno delle figure professionali che non sono riciclabili nei paesi in cui si trovano a vivere, o a cui è proibito lavorare per via del fatto che il marito è il detentore del contratto di lavoro. E ci sono persone che si sentono realizzate unicamente in un contesto lavorativo molto chiaro e strutturato, con una posizione definita da ricoprire e un introito fisso. Il mio discorso riguarda la posizione della donna in generale rispetto al suo espatrio. Nel corso degli anni ho assistito a una presa di coscienza rispetto alla ricchezza sia dell’incontrare e amalgamarsi in culture diverse, che del vivere uno stile di vita che ci pone continuamente di fronte a cambiamenti e di conseguenza ci spinge a metterci regolarmente in discussione. La creatività e l’inventiva che per forza di cose dobbiamo sviluppare per navigare in questo mare di cambiamenti è uno strumento prezioso, che stimola le donne a confrontarsi anche con scenari professionali e umani diversi, e le aiuta, nella maggior parte dei casi, ad accettare che se non possono lavorare nel loro paese d’accoglienza, un periodo di volontariato può ad esempio essere un’ottima opportunità per imparare nuove cose, entrare in contatto con un ambiente stimolante e arricchente, e colmare quel fastidioso buco sul curriculum che ci sentiamo ancora obbligate a giustificare quando riprendiamo i contatti a livello professionale.
Più in generale ancora, è sempre quella stessa creatività che fa delle donne espatriate delle figure flessibili, in grado di proporsi con sfaccettature diverse, cambiando ritmi e occupazioni a seconda degli scenari dei vari paesi, abbracciando con entusiasmo nuovi progetti, ma soprattutto avendo integrato l’idea che la carriera ha confini molto più ampi e variegati di quanto siamo tradizionalmente portate a pensare.
Claudia Landini è trainer interculturale e coach di carriera. Ha lasciato la sua Milano 25 anni fa e ha vissuto in nove paesi su quattro continenti diversi. E’ fondatrice di www.expatclic.com, un portale che aiuta donne espatriate in tutto il mondo, e di http://expatwomenatwork.expatclic.com, una piattaforma professionale per donne espatriate. Ha due figli e una gatta. Attualmente vive a Giacarta, da dove lavora come trainer interculturale, coach e dando corsi online per costruire carriere portatili.