Il Comune di Modena, attraverso un “Atto di indirizzo per l’uso di genere nel linguaggio amministrativo” si èimpegnato ad intraprendere un percorso di revisione del linguaggio.
E’ di questi giorni la notizia che il Comune di Modena, attraverso un “Atto di indirizzo per l’uso di genere nel linguaggio amministrativo” si sia impegnato ad intraprendere un percorso di revisione del linguaggio, che metta in evidenza entrambi i generi in tutta la modulistica del Comune. Per fare ciò sarà realizzato un corso di formazione per i funzionari sull’uso del linguaggio di genere.
Non più solo “consiglieri” o “lavoratori”, ma “lavoratrici/lavoratori” ed anche avvocata, impiegata, difensora, evasora, amministratrice, declinando al femminile la qualifica professionale se chi la possiede è una donna. Si abolirà così il c.d. plurale inclusivo che identifica nel maschile generico un gruppo composto da maschi e femmine.
Indubbiamente è una rivoluzione culturale, perché il linguaggio riflette la società che lo utilizza, influenza il modo di pensare, di giudicare e di classificare la realtà. Non nominare mai lei donne, nella declinazione al femminile della loro attività professionale non aiuta a sostenere la promozione di parità e pari opportunità in ambito lavorativo.
Il linguaggio da sempre utilizzato per descrivere il mondo del lavoro è da sempre declinato al maschile forse perché in molte professioni/mansioni fino a non molto tempo fa non erano presenti. Oggi la realtà è cambiata e, per favorire una corretta rappresentazione occorre dar conto della presenza femminile. E il linguaggio corrente deve registrare questo cambiamento, cambiamento mai negato dalle regole (non sempre conosciute dai più) della lingua italiana, se lo afferma un’importante istituzione come l’Accademia della Crusca.
Trent’anni fa Alma Sabatini scrisse “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, rendendo noto ai più che, ad esempio, nella lingua italiana esisteva la declinazione al femminile di ruoli e funzioni tradizionalmente raccontate al maschile. Nel 2014 l’Associazione di giornaliste Gi.U.Li.A., in collaborazione con l’Accademia della Crusca, ha editato un manuale intitolato «Donne, grammatica e media», pensato per colmare una lacuna nell’uso che l’informazione fa della lingua italiana. http://giulia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=77798&typeb=0
Il percorso per un uso corretto della lingua italiana mi pare abbia dunque importanti sostegni accademici. Potrà sembrare strano all’inizio, ma certo è che l’Atto di indirizzo non si basi sull’astrazione.
Non condivido chi commenta la notizia come fosse una “rivoluzione dannosa e un po’ oltraggiosa”. Credo anzi che possa essere una rivoluzione silenziosa, utile a modificare una percezione di sottovalutazione della realtà del lavoro femminile nel mondo del lavoro.
Se poi il problema è il costo del corso di formazione (e qui sarebbero necessarie maggiori informazioni per poterne dare una valutazione: numero delle edizioni, ore di formazione, docenti, strumenti didattici, ecc..) non credo possa formularsi un giudizio solo valutandone l’impegno di spesa. Sono anche sicura che, nella revisione dell’intera modulistica del Comune, miglioramenti e semplificazioni possano essere introdotti nella strumentazione amministrativa. Un valore aggiunto che non dovrà essere sottovalutato.
2 commenti
Che idiozia! Secondo voi chiamarmi “ingegnera” sa di “non discriminazione” o di “presa per il culo”? Ma finitela! Io sono ingegnere donna! Anche l’italiano pretendete di cambiare? Ideologizzati! Finitela di buttare soldi per cose inutili.
E aggiungo
Ingegner Rossella Sola
da cosa non si capirebbe che sono donna?
Mica mi chiamo Andrea (che peraltro, in greco, significa UOMO! aner andros)
Rispondere alla discriminazione con l’ignoranza è il massimo. Per fortuna che, pur avendo vinto un concorso lì in Comune, me ne sono stata fuori…
Ing. Rossella Sola