La storia di questo Consiglio regionale di Puglia parla di indifferenza, di diritti violati, di protervia, di scherno, di egoismo, di cameratismo violento
di Lorena Saracino presidente dell Aps degli Stati Generali delle donne
Voglio raccontarvi una storia. Una brutta storia. Una storia che parla di indifferenza, di diritti violati, di protervia, di scherno, di egoismo, di cameratismo violento. Una storia scurrile e banale – come solo la volgarità sa esserlo – che ci ha lasciate senza parole nel suo dipanarsi, nell’imbroglio quotidiano di una consuetudine di rapporti che si nutrono di sopraffazione.
E’ la storia di questo Consiglio regionale.
Ieri, i consiglieri regionali della Puglia, con voto segreto, hanno scelto di non discutere nemmeno il tema della parità di genere nelle liste, negando alle donne la possibilità di essere elette per davvero al prossimo turno elettorale di primavera.
Potevano dire di no, in aula, all’invito fatto dalle donne, dopo averne discusso. Potevano dire di sì alle nostre richieste. E potevano farlo a viso aperto, guardandoci negli occhi argomentando nel merito. Portando ragioni, offrendo alla riflessione temi critici, politici e personali. Hanno scelto invece il buio: il voto segreto. Il luogo del pensiero dove ci si nasconde per non mostrare le proprie vergogne.
Quando, ieri ho saputo in tempo reale come si era sviluppata l’ultima trivialità in ordine di arrivo sul corpo delle donne, non ci crederete, ma sono rimasta in silenzio per un buon quarto d’ora, come se una randellata mi avesse colpito proprio sulle meningi. E mi sono chiesta: ma le donne con questo modo di fare politica cosa hanno più a che fare? Con questa concezione del potere cosa hanno da spartire?
In Turchia, gli uomini si vestono da donne per lanciare il loro grido di protesta contro l’ultima vittima di stupro su un bus. E in Consiglio regionale pugliese non si discute nemmeno di una proposta avanzata (anche) da donne che con quei consiglieri siedono, fianco a fianco, nei partiti. In Turchia, Elif Shafak, la scrittrice più letta nel Paese, ha commentato di recente: . ”Quel tasso è un po’ più alto di quello alla Regione Puglia dove – nel più fulgido dei periodi – si contavano fra i banchi tre donne su 70 consiglieri.”
Come è immaginabile – mi chiedo – il governo della cosa pubblica senza dar voce ai bisogni delle donne che rappresentano oltre il 50% della popolazione? Siete convinte che quegli uomini sappiano il significato di parole come conciliazione dei tempi? Che sappiano dar voce a sogni e aspirazioni declinati in maniera diversa da quella maschile? E se così fosse, perché allora staremmo urlando ancora?
Ieri notte non riuscivo a prender sonno e molto tardi vi ho scritto, cercando – con pudore, come si usa fra donne – di offrirvi un rifugio, un angolo per riprendere fiato tutte insieme: il tetto di una Casa. Non ho commentato a caldo. Non ce l’ho fatta. In quel modo era davvero troppo. Ho pensato solo di lanciarci un salvagente. Era l’unica cosa concreta che potevamo regalarci dopo aver assistito a tanto deserto di passioni, di rispetto, di accoglienza nel campo avverso. Un campo sconosciuto e incomprensibile per noi e per la maggior parte della gente normale, credo.
Ora la domanda è: c’è una strada? Intanto, torniamo a stare tutte insieme. Ma proprio tutte. Ne abbiamo bisogno. E proviamo a trasformare questa clamorosa beffa in una coraggiosa risposta: alle prossime consultazioni regionali non votiamo per nessuno dei consiglieri regionali in carica da qualsiasi parte siedano. Usiamo la stessa arma del voto segreto utilizzata contro di noi: non possiamo sapere come si è votato in aula e, dunque, non votiamo alcun consigliere uscente. Ai nuovi o alle nuove candidate (destra, sinistra, centro) chiederemo da subito un incontro per concordare impegni precisi e tempi di realizzazione non appena saranno rese note le liste con i nomi, insieme ai loro candidati presidenti, così da portare in Consiglio fra 5 anni le nostre figlie e una nuova generazione. Facciamo alleanze con le donne di Lecce, Brindisi, Taranto, Foggia e della Bat. Parliamo con un unico linguaggio. Il lavoro è appena cominciato. Non è finito. Riprendete in mano la spugna che avevate pensato di gettare stanotte (me compresa): ora a ballare saranno i ricandidati. La ruota gira.
Vi abbraccio tutte e vi aspetto alla Casa delle donne, l’8 marzo alle 17.