Scienziate a Trento da Pia Virginia Zambotti a Valentina Zambra
di Betti Postal
C’è una strada comunale, in Località San Rocco, a sud-est della città di Trento, che porta il nome di Pia Zambotti, paletnologa. Si stacca dalla via Pianizza e le corre parallela per alcune centinaia di metri, costeggiando filari di vite. La delibera di intitolazione risale al 2010. Non è la sola strada dedicata a una donna in quell’area: a breve distanza s’incontrano le targhe di Zita Lorenzi e Giuseppina Bassetti, entrambe consigliere regionali e promotrici sociali.
Pia Virginia Zambotti nacque nel 1898 a Fondo, capoluogo e centro culturale-economico dell’Alta Valle di Non. Qui visse fino a che intraprese gli studi universitari a Vienna dove si laureò in archeologia. Conobbe Carlo Laviosa, ingegnere di Piacenza, che sposò nel 1921, e si trasferì a Milano.
Nel 1922 nacque il suo unico figlio Luigi che durante la seconda guerra mondiale si arruolerà volontario nella Regia Marina, reggimento San Marco. Per il coraggio dimostrato nel corso della battaglia di Belvedere (Jesi), luglio 1944, otterrà la Medaglia d’argento. Ferito gravemente, morirà all’ospedale di Macerata pochi giorni dopo.
Molto attiva a Milano, nel1938 ottenne la libera docenza in Paletnologia presso l’Università, ma non le venne mai riconosciuta l’assunzione in ruolo. Tra il 1932 /64 pubblicò molti importanti studi sulla preistoria in Italia e in numerosi altri Paesi, non soltanto europei. Con queste pubblicazioni tradotte in varie lingue, apparve sulle più prestigiose riviste specializzate e si accreditò in campo internazionale come una delle più qualificate specialiste della disciplina. In ambito regionale, suoi scritti furono pubblicati sulla rivista “Studi Trentini di Scienze Storiche”. Nel 1938 si occupò di Civiltà preistoriche e protostoriche nell’Alto Adige, pubblicazione dell’Accademia Nazionale dei Lincei. La stessa Accademia le assegnerà nel 1955 il Premio Nazionale della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Questo importante premio non alleviò più di tanto l’amarezza accumulatasi per i mancati riconoscimenti in campo accademico-lavorativo, per i ripetuti veti opposti senza reali motivazioni se non quelle sostenute da evidenti atteggiamenti personali di un paio di capiscuola, di “cricche implacabili”. Consumata dal dolore per la perdita dell’unico figlio, privata del sostegno del marito Carlo deceduto nel 1950, non seppe opporsi al peso di quella vita che le aveva arrecato tanti dolori e quindi scelse di chiuderla volontariamente: Milano 1965. Un suo amico e studioso di paletnologia la ricordò con queste parole: “Pia Laviosa Zambotti ci lasciò in un modo così drammatico, sottolineando la sua uscita di scena unendo la paletnologia al dramma di una vita che non aveva più senso. Il dolore dei suoi amici fu tanto più sentito in quanto veniva da persone che le volevano bene, ma nulla avevano potuto fare per lei”.
L’Ufficio Beni archeologici della Provincia autonoma di Trento ha intitolato a lei la propria biblioteca specializzata, e la biblioteca personale di Pia Zambotti ne costituisce il nucleo fondante.
Dalla parte opposta della città, nell’area nord-orientale che raccoglie uffici provinciali, regionali e comunali, quasi parallela alla via Brennero, in direzione di Bolzano, s’incontra la strada dedicata a un’altra donna di scienza trentina, Valentina Zambra, pediatra.
Fu una delibera comunale del 1994 a inserirla nell’odonomastica cittadina.
Valentina Zambra nacque a Trento nel 1897 e vi morì nel 1984. Prima studentessa ammessa al Ginnasio locale, sia pure come “auditrice”, dopo lo scoppio della grande guerra completò gli studi a Innsbruck, dove poi si iscrisse a Medicina. Si era appassionata a quella facoltà perché trovandosi in città aveva avuto l’opportunità di curare e assistere i molti feriti e ammalati reduci dal fronte, tanto che interruppe gli studi perché chiamata a Vienna per l’assistenza negli ospedali militari: unico anestetico l’alcol.
Tornò in Italia e si iscrisse alla facoltà di Medicina a Padova, conseguendo nel 1921 la laurea in medicina e chirurgia. A Genova presso la clinica pediatrica universitaria ottenne poi la specializzazione in Pediatria ed anche il titolo di ufficiale sanitario. In Trentino Alto Adige esercitò nelle scuole rurali e materne, nei consultori e ambulatori pediatrici dell’Onair. Prestò la sua assistenza presso molte famiglie meno abbienti educando e insistendo sul valore del rispetto delle norme igieniche basilari. Direttrice del Consultorio di Pediatria di Trento, uno dei primi dell’Italia redenta, conservò l’incarico fino a tarda età: E’ stata anche Presidente dell’Associazione Italiana Donne Medico.
Venne nominata “cavaliere di Vittorio Veneto” e insignita della benemerenza cittadina del “Drappo di San Vigilio”.