New York, 9 marzo 2015. In una delle sale del palazzo dell’Onu si apre la 59a sessione della Commissione sullo Status delle donne.
da Pari o dispare di Daniela Colombo
New York, 9 marzo 2015. In una delle sale del palazzo dell’Onu si apre la 59a sessione della Commissione sullo Status delle donne. Il primo atto formale è l’approvazione di una Dichiarazione politica in occasione del ventesimo anniversario della Quarta conferenza mondiale sulle donne, Pechino 1995.
Nella Tribuna per il pubblico le rappresentanti delle organizzazioni delle donne e delle organizzazioni femministe si alzano e si mettono una mano sulla bocca per denunciare simbolicamente che la Dichiarazione è stata scritta dagli Stati membri delle Nazioni Unite senza il loro contributo, dimenticando quello che lo stesso Segretario dell’Onu, Ban Ki-moon ha dichiarato: le donne sono le agenti del progresso e del cambiamento. Anche all’interno della sala dove siedono le/i rappresentanti dei Governi, molte donne si alzano portando la mano sulla bocca.
Venti anni fa a Pechino fu proprio grazie all’impegno della società civile e dei gruppi femministi e femminili che venne firmata una Dichiarazione coraggiosa e progressista per la promozione dell’eguaglianza di genere e dei diritti umani di donne e ragazze e venne approvata per consenso una Piattaforma d’azione molto puntuale e completa che indicava 12 aree critiche su cui impegnarsi.
La Dichiarazione politica firmata il 9 marzo 2015, frutto di un compromesso, non è abbastanza forte e non si impegna a realizzare un programma che trasformi realmente la società raggiungendo la parità di genere. Troppi paesi, a cominciare dalla Santa Sede, la Russia, il gruppo dei paesi africani (con esclusione di quelli dell’Africa del sud), l’Arabia Saudita, a volte l’Iran, l’Indonesia, il Nicaragua, solo per citarne alcuni, hanno fatto opposizione a qualsiasi nuova formulazione.
Nel momento storico attuale donne e ragazze si trovano ad affrontare sfide straordinarie e senza precedenti, rappresentate dai fondamentalismi religiosi, da un estremismo politico violento, da un numero sempre crescente di persone sfollate e rifugiate, cambiamenti climatici, mentre sono aumentate e continuano ad aumentare le diseguaglianze tra paesi e all’interno dei paesi tra le diverse classi sociali. E’ chiaro che le donne e le ragazze subiscono molto più degli uomini l’impatto di queste sfide e senza un reale impegno e risorse adeguate per affrontarle, l’eguaglianza di genere e la realizzazione dei diritti umani delle donne rimarranno una mera fantasia.
Di questo non c’è alcun cenno nella Dichiarazione, che sembra avulsa dalla realtà, come non c’è cenno ai diritti sessuali e riproduttivi e al ruolo che le organizzazioni femministe e le organizzazioni delle donne che difendono i loro diritti umani hanno da più di quaranta anni per cambiare le società in cui vivono. I progressi che si sono realizzati non sono dovuti alla benevolenza dei governi ma al fatto che queste organizzazioni hanno lottato e se li sono guadagnati passo dopo passo. Queste organizzazioni hanno il diritto di poter operare senza essere oggetto di violenza politica.
La Dichiarazione si limita a riconoscere che il progresso è stato lento e diseguale e riconosce che a venti anni dall’approvazione della Piattaforma d’azione di Pechino nessun paese ha ancora raggiunto l’eguaglianza e l’empowerment delle donne e ragazze che continuano a sperimentare molteplici forme di discriminazione, vulnerabilità e marginalizzazione durante l’intero ciclo della loro vita. La Dichiarazione chiede l’implementazione di leggi, politiche, strategie e programmi per donne e ragazze e un rafforzamento dei meccanismi istituzionali per la parità, la trasformazione delle norme discriminatorie e degli stereotipi di genere nonché la promozione di norme sociali e pratiche che riconoscano il ruolo positivo e il contributo delle donne. Chiede inoltre che si eliminino la discriminazione contro le donne e le ragazze, mobilitando le risorse necessarie e rafforzando l’impegno e la accountability dei Governi, la raccolta di dati, il monitoraggio e la valutazione e l’accesso e l’uso delle nuove tecnologie per l’informazione e la comunicazione.
Troppo vaga, debole e poco efficace. Ora più che mai avremmo bisogno di una forte leadership da parte dei nostri governi che devono rendersi conto che la realizzazione dell’eguaglianza di genere, l’empowerment e l’affermazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze sono elementi critici per uno sviluppo sostenibile. Nessuno dei tre pilastri dello sviluppo sostenibile – economico, sociale e ambientale – potrà realizzarsi senza la piena partecipazione delle donne e delle ragazze e senza la realizzazione completa dei loro diritti umani.