Ai fini della dichiarazione della decadenza dalla potestà genitoriale è necessario che la condotta del genitore abbia, cagionato un grave pregiudizio al figlio e che tale tipo di provvedimento sia effettivamente corrispondente all’interesse del figlio.
Ai sensi dell’art. 330 c.c. la decadenza dalla potestà genitoriale può essere dichiarata dal Giudice qualora un genitore violi o trascuri i doveri nei confronti dei figli minori, oppure quando non siano rispettati i precetti normativi previsti dagli artt. 147 c.c. (diritto dei figli al mantenimento, istruzione, educazione); 570 c.p. (sottrazione del genitore all’obbligo di assistenza e mantenimento); 591 c.p. (abbandono).
L’art. 330 c.c. trova, altresì, applicazione nel caso in cui un genitore abusi dei relativi poteri (artt. 320, 324 c.c.; artt. 571 e 572 cp) arrecando così grave pregiudizio al figlio, pregiudizio che può essere anche di natura morale o materiale e non necessariamente di sola natura patrimoniale.
La previsione dell’art 330 c.c. trova il suo fondamento nel diritto del minore a crescere, essere amato, educato ed istruito, nonchè mantenuto, ricevendo le dovute cure e le necessarie attenzioni dai propri genitori.
In questa ottica si è espressa la Corte Costituzionale con la pronuncia n. 132 del 27 marzo 1992 che così statuisce: “La potestà dei genitori nei confronti del bambino è riconosciuta dall’art. 30, primo e secondo comma, della Costituzione non come loro libertà personale, ma come diritto-dovere che trova nell’interesse del figlio la sua funzione e il suo limite.
La Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all’esercizio della potestà genitoriale. E’ appunto questo il fondamento costituzionale degli artt. 330 e 333 cod. civ., che consentono al giudice – allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del minore, quali la salute o l’istruzione – di intervenire affinchè a tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie”.
Orbene, ai fini della dichiarazione della decadenza dalla potestà genitoriale è necessario che la condotta del genitore abbia, quindi, cagionato un grave pregiudizio al figlio e che tale tipo di provvedimento sia effettivamente corrispondente all’interesse del figlio.
La finalità della norma è, infatti, quella di garantire al minore di crescere ed essere educato nella propria famiglia di origine, affidando al Giudice il compito di verificare la possibilità di recupero della funzione genitoriale.
Tuttavia, il provvedimento con il quale viene accertata l’incapacità del genitore di assumere decisioni nell’interesse del minore, non va ad influire sugli aspetti obbligatori, ovvero il mantenimento della prole.
Ed infatti, continueranno a trovare applicazione gli artt. 147 e 148 c.c., più precisamente: l’obbligo di mantenimento dei figli a carico di entrambi i genitori legittimi o naturali, in proporzione alle loro sostanze e capacità di lavoro, con decorrenza dalla nascita dei figli stessi.
In argomento, peraltro, è intervenuta una sentenza della Suprema Corte che ha sottolineato che, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, i provvedimenti adottati ex art. 330 c.c. hanno la funzione di impedire che la prole subisca pregiudizi a causa della condotta dei genitori, ma non hanno alcuna valenza liberatoria rispetto all’obbligo di provvedere al mantenimento della prole (Cass. Pen., sez. VI, 24 aprile 2007 n 16559).
Alla luce dei suesposti principi, pertanto, risulta del tutto evidente che nel caso in cui un genitore abbia abbandonato ogni interesse per il minore detto comportamento non può che essere considerato come lesivo dell’integrità psicologica della prole, perché improntato ad assoluto abbandono e perché ha, comunque, creato un vuoto corrispondente alla rinuncia alla potestà.
2 commenti
Buongiorno
L’ex marito della mia compagna non fa che circuire il figlio con una forma di plagio tesa a metterlo contro la madre (cosa che la madre, nonostante i difetti e le cattiverie dell’ex marito non ha mai fatto)
Ogni mossa è fatta per mettere in cattiva luce la madre, L’ultima quella di ieri dove ha fatto promettere al figlio di non dire alla madre che prima di riconsegnarlo dovevano andare a prendere un cellulare perchè dentro c’erano dati importanti da portare in tribunale per il divorzio. Questo per me è un caso in cui la patria potestà andrebbe tolta. Mettere un figlio contro la madre e fare di tutto per portarlo via dalla madre solo per cattiveria, non fa di questo signore un genitore esemplare. Sbaglio? Cosa si fa in questi casi?
Salve. Sono mamma dal 2013, ho la residenza dal 2009 in una casa dove il mio ex compagno (non siamo sposati) ci abita senza avere la residenza. Da un mese circa ho lasciato quella casa per abitare con mio figlio a casa di mia madre. Il padre di mio figlio non vuole dare gli alimenti ne concedermi la firma per portare mio figlio in Germania dove ho un appoggio per vivere e lavorare. Vorrei far crescere mio figlio dove l’istruzione è migliore, sanità migliore, il lavoro non manca. Mi sono rivolta al mio avvocato ma oltre a mettermi ansia è pure contraddittorio. Sono andata per 40 giorni in germania per cercare lavoro e dopo una settimana l’avevo trovato ma purtroppo l’ho dovuto rifiutare perché mia madre è andata a chiedere alcune cose al mio avvocato e gli ha detto che io sono a rischio (90%) di perdita di patria potestà. Allorché sono rientrata quanto prima. Il bambino nel mentre lo custodiva mia madre e il padre ogni giorno vuole vederlo perché è morboso. Lui fa i turni ma vuole comunque avere l’affidamento esclusivo per non darmi i soldi 450 euro che gli ho chiesto. Non so come muovermi, ho paura di sbagliare, sono disoccupata da un mese e percepisco 150euro, non trovo lavoro dalle mie parti.