Per fortuna è arrivata in Germania, dove potrà essere debitamente curata.
Il periodo iracheno della sua breve vita (nove anni) dovrebbe quindi diventare solo un ricordo, ma non sarà così. Perché questa piccola yazida ha subito tutta la violenza di cui sono capaci i jihadisti dell’Isis. Ora è incinta e potrebbe morire durante il parto.
È la più giovane dei 200 prigionieri yazidi liberati dai guerriglieri in Iraq.
Come molte altre donne e ragazze, si troverà a dover convivere con un doppio trauma, poiché oltre ai segni degli abusi sarà costretta ad affrontare l’onta di una gravidanza indesiderata che non le faciliterà certo la permanenza nella sua comunità d’origine.
Gli yazidi si ritengono infatti i diretti discendenti di Abramo e non ammettono “contaminazioni” nella loro razza, che deve rimanere pura. Questo aspetto particolare della loro tradizione ha fornito una nuova potentissima arma ai seguaci del Califfo: la violenza sessuale diventa genocidio simbolico, strumento di negazione e di annientamento razziale.