Ci sono voluti anni. Donne e uomini possono oggi rendersi liberi rispetto al loro stato civile dopo sei mesi o dopo un anno dalla loro separazione.
Diversi modelli culturali si sono contrapposti, a favore o contro l’introduzione di una normativa che riducesse i tempi per poter accedere al divorzio e sciogliere un matrimonio mal riuscito.
Donne e uomini possono oggi rendersi liberi rispetto al loro stato civile dopo sei mesi o dopo un anno dalla loro separazione, a seconda se ci sia stata una separazione consensuale o giudiziale; mentre non ha importanza la presenza o meno di figli minori, i tempi sono gli stessi.
Personalmente ritengo questa legge un successo; un successo per la libertà delle persone, un successo culturale, un successo per aiutare a vivere meglio in tempi più brevi; un successo per snellire una ormai macchinosa, superata e desueta normativa, praticamente in vigore solo nel nostro paese, rispetto a quelli della Comunità Europea.
Assisto da anni tante coppie e tante famiglie che si separano e poi si divorziano. I tre anni di tempo, che erano necessari per poter chiedere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio costituivano una specie di limbo, in cui marito e moglie continuavano a porre in essere conflitti, ricatti, continuavano a sentirsi legati da un vincolo giuridico che in qualche modo produceva effetti anche rispetto al loro atteggiarsi nei con-fronti dell’altro.
La legge sicuramente aiuta a creare cultura ed in questo senso il divorzio breve sicuramente accellera i tempi per liberarsi da un ruolo che sostanzialmente non appartiene più a chi a deciso di separarsi, di cercare una propria autonomia, a volte di ricomporre una nuova famiglia.
Per non parlare dei problemi che sorgevano durante i tre anni di attesa dalla separazione al divorzio, in relazione alla qualità di erede che ciascun coniuge manteneva sino al divorzio. La separazione non scioglie il matrimonio, altro non è che un’autorizzazione a vivere separatamente, per cui marito e moglie restano tali, titolari di alcuni diritti e alcuni doveri sino al giorno in cui viene pronunciato il divorzio; tra tali diritti vi è quello di rimanere erede dell’altro, quindi le sostanze del coniuge che premuore vengono ereditate anche dal coniuge separato, purchè non gli sia o non le sia stata addebitata la separazione, in sostanza purchè non sia colpevole della crisi coniugale.
Insomma, una legge che aiuta a superare dei problemi piu’ velocemente, forse a discapito della riflessione, ma l’era in cui viviamo mal si coniuga con l’elaborazione, con la lentezza del pensiero.
Per la famiglia è un momento innovativo, pochi mesi fa è uscita la legge sulla negoziazione assistita, che consente ai coniugi di separarsi o di divorziare presso lo studio di un av-vocato, senza recarsi in Tribunale. Anche questa un legge è importante, dà molto spazio all’autonomia contrattuale dei coniugi e dei genitori, che possono prendere accordi senza essere sottoposti al vaglio del Giudice, si restituisce una delega importante ai genitori che negoziano da soli in merito alla crescita e all’educazione dei loro figli, certo guidati da un avvocato, che, però, non sempre è un avvocato esperto del diritto di famiglia.
Occorrerebbe creare albi specializzati per gli avocati, ma questo è un altro capitolo