di Elena De Paoli –
Mamme a quindici anni, donne adulte che non si amano. Sono due degli effetti più diretti di una sessualità vissuta con leggerezza.
Sesso per sentirsi accettate dalla società; molte ragazze sono indotte ad avere rapporti dalla paura di essere escluse ed accusate di essere inibite e ‘strane’. È il risultato di una scorretta assimilazione del diritto a vivere una libera vita sessuale.
Si sente parlare sempre più spesso di mamme quindicenni, di donne frustrate. Secondo una recente statistica, le donne sarebbero più infelici degli uomini. Tra i motivi alla base di questa infelicità di sono le pressioni sociali, enormemente accresciute rispetto a quelle di un tempo, e il condizionamento sessuale che provano la maggior parte delle adolescenti e giovani donne a cui è arrivato distorto un messaggio delle conquiste del femminismo: la libertà di avere rapporti con chi si desidera. Se tra la fine delle elementari e quella delle medie la priorità di una ragazza è non essere l’ultima del gruppo ad avere le mestruazioni, tra le liceali uno dei fattori più importanti è avere un fidanzatino con cui sperimentare la sfera delle emozioni sessuali. In un’età in cui il desiderio d’approvazione sociale è altissimo, avere un ragazzo è uno degli status symbol che conferisce più prestigio tra le coetanee. Il sesso rappresenta il passo finale da compiere per essere approvate tra i membri più grandi del gruppo di amicizie a cui si appartiene, che generalmente sono anche coloro che guidano i movimenti della compagnia. Da compiere. Questa è la convinzione delle ragazzine, alla luce delle ultime ricerche. Bombardate dalle immagini dei cartelloni pubblicitari di modelle seminude e dagli articoli di gossip dove ogni giorno showgirl sbandierano ai quattro venti ogni sorta di dettaglio sulle loro vite amorose, vengono indotte a credere che il sesso sia qualcosa da fare per essere donne a tutti gli effetti. I modelli femminili offerti dai mezzi di comunicazione di massa sono di ragazze fortemente appariscenti e non necessariamente dotate di talento, ma molto disinibite. Questa disinibizione e una certa mancanza di porsi problemi etici sono stati i fattori che hanno permesso loro di diventare economicamente indipendenti e molto ammirate, due obiettivi fondamentali di ogni persona. (Come non citare Cristina del Basso, che deve la sua fama unicamente alle maxi protesi che si è fatta impiantare e a balletti di lap dance?)
La leggerezza con cui queste informazioni scorrette arrivano alle ragazzine le spinge anche a sottovalutare l’importanza dei contraccettivi, oltre che della decisione di cosa significhi essere sessualmente attive. Contribuisce ad aggravare il fenomeno la noia adolescenziale che da un decennio occupa le cronache dei giornali. Se solo trent’anni fa era normale che i ragazzi, di entrambi i sessi, collaborassero in casa per svolgere ogni tipo di incombenza domestica, adesso la maggior parte non ha nessun incarico fisso da svolgere a parte lo studio. La colpa di questo è stata trovata nella mancanza di un modello educativo uniformato, che prima esisteva. Ad esempio, i genitori incontrano molte difficoltà nel dare ai figli determinate regole di comportamento volte a responsabilizzarli, come un coprifuoco, perchè i ragazzi hanno sotto gli occhi l’esempio dei genitori di loro amici o compagni di scuola che danno ai figli una maggior libertà. Se in un gruppo di dieci ragazzi, due non hanno un orario di rientro, a poco a poco anche gli altri perderanno quest’imposizione dei genitori perchè rinfacceranno continuamente a loro che sono gli unici a dover rincasare verso la mezzanotte e che questo li fa sentire esclusi. Lo stesso si ripete in ogni altro ambito educativo: la presenza di genitori più permissivi o semplicemente disattenti mina l’applicazione delle regole nelle case di altri genitori. Il paragone che i ragazzi fanno tra le regole proprie e altrui porta gradualmente all’assunzione della regola che è più conveniente al giovane.
La libertà acquisita tuttavia a lungo termine li annoia. Senza doveri specifici oltre lo studio, il tempo libero da impegnare è molto vasto, e dopo i primi tempi dovuti all’euforia della sperimentazione e della conquista, subentra la noia che li spinge a osare sempre di più senza preoccuparsi delle conseguenze, che dovranno gestire invece i genitori.
Il sesso vissuto per avere un senso d’appartenenza o per proclamarsi adulte provoca nelle ragazze una graduale perdita di percezione del proprio valore come persona fisica. Diventa un atto quasi insignificante. Imparano a concedersi per motivi anche futili, senza coinvolgimento emotivo o attrattivo: per pietà, per ripicca verso un’altro, per ricambiare un regalo. Rapporti occasionali che sulle prime le riempiono di fierezza perché sentono di applicare quello che è un loro inalienabile diritto, ma che dopo alcune esperienze le frustrano perché non danno loro alcuna sicurezza emotiva, e spesso anzi provocano conflitti tra le persone che conoscono. ‘Se non ci sto, lui va con un’altra’ è una frase che ricorre spesso tra le più giovani, esprimendo il timore di essere ritenute interscambiabili tra loro. Molte non si rendono neppure conto che il loro comportamento non è il risultato di una loro volontà, ma il più delle volte è solo un’induzione mediatica e sociale. Il sesso non significa essere adulte, né emancipate. Si è donne adulte quando si decide con la propria testa e non dietro le pressioni di un uomo o gli incitamenti dei media.
Elena Depaoli, residente a Torrazza Coste e laureanda in Lettere Moderne dell’Università di Pavia. Affascinata dalla psicologia, fornisce le prove dell’esistenza dei clichè umani sul suo blog, fantasticheavventure.blog.kataweb.it. Ha lavorato per la testata online Dailynet, incentrata sul web marketing, e per dimostrare la propria versatilità di scrittura ha collaborato per alcuni articoli con Ragazza Moderna e Cioè. Il suo obiettivo lavorativo è diventare giornalista di cronaca, anche se il mondo la ritiene più portata per l’ufficio stampa . Nel frattempo, sta per pubblicare il suo primo romanzo umoristico.
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