O.N.Da e Key2People: sette proposte per migliorare partecipazione e qualità di vita
DONNE MANAGER: POCHE IN POSIZIONI DI RILIEVO
IN ITALIA IL ‘SUCCESSO’ È PAGATO A CARO PREZZO
Il nostro Paese è al 95° posto per ciò che concerne la partecipazione economica della donna. Solo il 47% lavora e lo 0,4% delle aziende ha nei propri CdA due figure femminili. Stipendi inferiori del 22% rispetto ai colleghi uomini a parità di ruolo
Anno 2008 (Eurostat): il nostro Paese registrava un tasso di occupazione femminile sotto il 50%, con una forte sottorappresentazione nelle posizioni apicali, dove la donna, a parità di ruolo e mansioni, era ricompensata professionalmente ed economicamente in media meno rispetto all’uomo. Anno 2011: situazione invariata. Secondo le ultime stime, le donne che lavorano sono solo il 47%, percepiscono stipendi inferiori del 22% e non riescono ad entrare nel 63% dei CdA di società quotate. Solo lo 0.4% ne annovera più di due. Nell’ultimo rapporto del World Economic Forum, l’Italia si colloca al 95° posto per ciò che concerne la partecipazione economica della donna: dunque, in forte difetto rispetto alla Direttiva 54 della Commissione Europea che sancisce agli Stati Membri di promuovere una parità di trattamento (e di occupazione) per entrambi i sessi. Nessun aiuto neanche dall’ambiente professionale: le donne faticano il doppio, specie al Sud, per dimostrare le proprie competenze. Eppure non smettono di lottare di fronte a barriere psicologiche e culturali.
Secondo Manageritalia, la Federazione nazionale dirigenti e quadri del terziario privato, il 18,2% fra le 40enni e il 16% fra le 41-45enni riesce ad affermarsi senza scorciatoie, favoritismi o regalie. Ragione di questa faticosa scalata è la mancanza di una cultura di management e valorizzazione al femminile, sebbene le donne rappresentino una risorsa più qualificata (12,7% di laureate vs 11% degli uomini) per una maggior propensione all’ascolto, a motivare i propri collaboratori con riconoscimenti e gratificazioni, e a sviluppare doti di negoziazione, creatività e flessibilità.
Nonostante il prezzo dell’affermazione, che costa rinunce nella vita sociale e privata, le donne manager riconfermano o riconfermerebbero la propria scelta professionale. È questo il profilo che emerge da una ricerca qualitativa, condotta da O.N.Da e Key2People in collaborazione con Pirelli e Nestlé, aziende leader nella promozione della figure della donna in ambiente lavorativo, su un campione di circa venti donne manager professioniste di Milano, Roma e Napoli. Questi dati – presentati oggi a Milano alla presenza di Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il Lavoro, Sviluppo economico, Università e ricerca del Comune di Milano – sono stati elaborati da un tavolo tecnico che ha visto riuniti rappresentanti del mondo aziendale, accademico, politico della sanità e dei media, grazie al quale è stato possibile elaborare sette proposte per cambiare approccio al sistema tradizionale.
LE PROBLEMATICHE IN CAMPO
“Nove milioni di italiani soffrono di stress da lavoro, e sono soprattutto donne – dichiara Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da –. Fra i fattori determinanti proprio le forti pressioni lavorative, le barriere culturali che rendono la carriera manageriale femminile più difficoltosa e impegnativa, le remunerazioni non in linea con le medesime posizioni ricoperte dai colleghi, la competitività, il difficile clima aziendale, che aggiunge come non si tratti solo di un fenomeno italiano e che proprio queste problematiche hanno spinto O.N.Da a intraprendere un percorso iniziato con un’indagine qualitativa volta a esplorare i bisogni e le difficoltà delle donne manager anche nel conciliare i loro molteplici ruoli, e un tavolo tecnico che ha riunito il mondo aziendale, accademico, sanitario, politico e dei media per riflettere sulle possibili soluzioni per migliorare la partecipazione e la qualità di vita delle donne manager. Il tutto con un occhio particolare alla salute femminile. Ne è uscito un documento con 7 proposte concrete da presentare alle Istituzioni e alla business community. Le nuove componenti del Governo scelte dal neo eletto Presidente del Consiglio – conclude Francesca Merzagora – rappresentano una svolta, le donne possono e ormai devono lavorare con pari dignità a fianco dei loro colleghi uomini”.
LE ‘SETTE AZIONI’ DA PROMUOVERE
“Key2People – commenta Maurizia Iachino, Governance Practice Leader – è impegnata con O.N.Da in un’azione di sensibilizzazione per una migliore qualità della vita delle donne manager. Il nostro lavoro si è concretizzato in una proposta, che verrà sottoposta ai rappresentati di Istituzioni e alla Business Community, incentrata in 7 punti cardine: l’incentivazione al cambiamento culturale a livello di sistema perché arrivino più donne in posizioni di vertice, combattendo gli stereotipi di genere; la promozione di azioni a livello di sistema con l’introduzione di un maggior numero di donne in posizioni al vertice e la riduzione del ‘pay gap’ nel rispetto delle pari opportunità; l’abbattimento di barriere e discriminazioni al fine di facilitare l’accesso della donna in posizioni apicali grazie anche a una formazione continua all’interno dell’azienda e in orari di lavoro; la valorizzazione delle differenze con la creazione di team di lavoro misti in cui possano convivere i due sistemi valoriali, quello maschile e femminile ed esprimersi le caratteristiche di entrambi i generi; il supporto della donna nella quotidianità attraverso programmi di welfare aziendali, vale a dire aiuti per l’assistenza agli anziani e ai bambini, flessibilità di orari valutazione delle performance in base ai risultati e obiettivi raggiunti piuttosto che all’effettiva presenza in sede di lavoro; la promozione della salute femminile sostenendo l’importanza della prevenzione e di controlli periodici e organizzando programmi per imparare a gestire lo stress da lavoro correlato; infine, ma non ultimo, la creazione di un sistema premiante e di riconoscimento delle ‘best practices’ con l’assegnazione di un ‘bollino plus’, come già in fase di realizzazione al Comune di Milano, alle imprese che si sono distinte per la valorizzazione e il supporto delle risorse femminili”.
LA TEORIA “WOMENOMICS”
“La figura della donna nella realtà lavorativa è ancora sottostimata – dichiara Maurizio Ferrera, ordinario di Scienza Politica dell’Università degli Studi di Milano –. Il nostro Paese annovera infatti soltanto il 47% di donne lavoratrici e pochissime in posizioni di vertice, tradendo la teoria economica di ‘Womenomics’ secondo cui l’occupazione femminile è il principale motore di innovazione delle economie. Spesso questo potenziale di crescita in ambito occupazionale viene sprecato, o resta latente, per le grandi difficoltà che ancora la donna incontra nel conciliare le responsabilità lavorative con le aspirazioni di madre e moglie. Organizzazioni di lavoro ‘women friendly’ devono invece essere la variabile dipendente per promuovere la crescita del nostro Paese”.
L’ESPERIENZA DI DUE AZIENDE ‘TOP’
“Ancora oggi la donna si trova ad affrontare nel mondo del lavoro diverse sfide – afferma Alessandra Banfi, Senior Vice President IT & BPI Pirelli Tyre – prima fra tutte sviluppare la capacità di tenere separati l’ambito lavorativo con la sfera privata, mantenendo una coerenza di atteggiamenti per non rischiare di autoescludersi dalla crescita professionale o da quella familiare. Il vero problema è che oggi, in Italia come e anche più che in altri paesi, è difficile bilanciare gli ambiti e si tende ad eccellere in un ambito a scapito dell’altro. Prima ancora delle aziende, prima ancora delle istituzioni, la cultura sociale verso la figura femminile dovrebbe innovarsi affinché una situazione “win win” possa esistere. Occorre inoltre che la donna utilizzi la “diversità” come leva per non riprodurre modelli “al maschile” o che non consentono di esprimere al meglio le caratteristiche vincenti “al femminile” emerse anche dalla ricerca (determinazione, ascolto, capacità analitica, multitasking ecc.) per favorire invece la formazione di contesti di mutua collaborazione coi colleghi uomini. Per supportare le donne che lavorano a coltivare le proprie e legittime aspettative sul lavoro, occorrono “azioni congiunte” da parte delle aziende, della società e della famiglia che aiutino la donna a vivere al meglio la propria esperienza lavorativa”.
“La presenza delle donne in azienda, anche in ruoli manageriali – spiega Manuela Kron, Direttore Corporate Affairs, Nestlè – è secondo noi strettamente correlata a due fattori chiave: da un lato alla necessità di un cambio di mentalità che metta al centro la performance e non la presenza. Credendo fermamente nella meritocrazia ci impegniamo infatti ad assegnare obiettivi chiari, riconoscendo e premiando il raggiungimento dei risultati e aiutando a mettere a frutto potenzialità e talento individuali. L’altro pilastro fondamentale è la capacità di sviluppare e strutturare politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare, con un’attenzione particolare al momento della maternità. Come Nestlé abbiamo sviluppato diverse forme di flessibilità dell’orario di lavoro, la sperimentazione del telelavoro e progetti come “90 giorni”, asili nido e un programma speciale per le donne in attesa, il “Maternity Kit”, fondamentale per un approccio strategico alla maternità che possa salvaguardare sia il benessere delle madri lavoratrici sia le esigenze aziendali, mantenendo il giusto equilibrio fra le persone e l’azienda. Ad esempio cerchiamo di agevolare il rientro attraverso una gestione flessibile dell’orario di lavoro o formule innovative di home working e promuovendo il part-time in tutte le sue forme come modalità di rientro per le mamme dopo il periodo di maternità, uno strumento a disposizione anche di tutte le persone Nestlé con posizioni manageriali, senza ripercussioni sul percorso di carriera. Solo creando le opportune e favorevoli condizioni, prima di tutto culturali, si potranno infatti avere più donne e donne manager in Italia”.
IL PUNTO DI VISTA DELLE ISTITUZIONI: LA ‘RIVOLUZIONE MILANESE’
“I dati presentati oggi 11 Novembre – spiega Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il Lavoro, Sviluppo economico, Università e ricerca del Comune di Milano – possono apparire il racconto di un’Italia del passato ed invece fanno emergere un’arretratezza che ancora persiste nel nostro Paese. Le donne sono in media più istruite e qualificate degli uomini ma nonostante questo sono ancora minoranza tra le figure apicali delle imprese e delle Istituzioni. Sono due i fattori che incidono: le strutture competitive delle aziende, ancora costruite su un modello di relazioni tutto maschile. Inoltre c’è un problema culturale di distribuzione dei carichi di lavoro tra carriera e famiglia tutto ancora a svantaggio del genere femminile. Fin dalla sua costituzione la giunta milanese ha voluto dare un’indicazione forte introducendo nella sua composizione la parità fra i generi. La stessa cosa stiamo facendo in relazione alla composizione dei consigli di amministrazione delle nostre partecipate. Non è solo un problema di quote da tutelare, siamo infatti convinti che la presenza delle donne in posizione di vertice possa favorire la carriera anche di altre donne. Con l’assessore al Benessere, Qualità della vita, Sport e tempo libero, Chiara Biscontim stiamo lavorando a progetti concreti che incentivino da una parte la trasformazione nell’organizzazione di impresa, promuovendo buone pratiche di conciliazione, e dall’altra ridisegnino un piano degli orari dell’intera città”.