Tina, quanti bei sogni che avevi, Tina quanti ne hai realizzati?
di Roberta Paraggio
I capelli corti, appena tagliati in casa. Sobri, per non dare nell’occhio nelle piccole e quotidiane fughe tra i vicoli che man mano che si allontanano dal mare diventano sempre più neri, piste per formicai debosciati.
Ma i capelli di Tina rischiano di spiccare anche in quel buio rissoso e maleodorante che minaccia sempre pioggia perchè di sole non ne ha mai visto.
Dove era cresciuta Tina i palazzi si affiancavano e non si scontravano, c’erano varchi di cielo da cui poter guardare le nuvole.Come quel giorno che tra le bancarelle del mercato aveva scoperto che le nuvole si muovevano. Ferma nel passeggino, ad altezza dei culi di tutte le massaie potenti, incazzate e virulente, Tina aveva le aveva viste muoversi tra gli ombrelloni che tenevano al riparo la frutta, aveva sorriso da sola, perchè sua madre a queste romanticherie neanche faceva caso, bisognava risparmiare, riciclare, cucinare, spolverare, compiacere, accontentare e sospirare di nascosto sul balcone di sera, dove il mare non era neanche quell’intruglio nero che adesso Tina vedeva da lontano.
Adesso che Tina era cresciuta, aveva sognato di vivere in una città col mare e col mare era arrivato anche Anselmo coi baffi, il vino e le partite a biliardo che duravano il tempo di una trasmissione in prime time, un bellissimo di retequattro e chissà quante ore ancora, Tina non lo sapeva, non lo poteva sapere, la notte passava lenta tra i flash del televisore che illuminavano la stanza vuota di lui e piena di cose non fatte che aleggiavano in giro e si arrampicavano sulle pale del lampadario ventilatore…
”Tina Tina, ti ricordi che bisognava cambiarlo questo lampadario in plastica bianca, è troppo brutto, Tina Tina, devi sistemare tutte le foto del cassetto delle foto che si rovinano, Tina Tina…Tina…”
A volte Anselmo se non rincasava troppo tardi la chiamava per mettersi a letto insieme, per dare a quell’aberrante quotidanità una parvenza di buona abitudine.
Tina, quanti bei sogni che avevi, Tina quanti ne hai realizzati?
Ci pensi adesso mentre cammini in salita, borsetta lato muro che non si sa mai, dentro quel rossetto color ciclamino che si è consumato e per usarlo lo prendi con le dita e un altro perchè non lo vai a comprare? Forse quel colore non lo fanno più…è come te, le donne come te non le fanno più, avevano un difetto di fabbrica, come i bambolotti che dovrebbero fare la pipì ma che li hanno fatti senza buco.
Ti senti un errore o sei in errore Tina?
Cammini e ti guardi intorno, veloce, prendi i riferimenti dei negozi, le vetrine, fai finta di guardarle, così, se qualcuno ti vede puoi dire che eri interessata a questo o a quello…gli alibi Tina, ricordati di averne uno sempre pronto, come i salatini nella borsa o la bustina di zucchero nella taschina con la cerniera piccola, o come un panino con la frittata di riserva, come quando andavi al mare da piccola e il panino lo mangiavi con la pancia già nell’acqua, così non ti veniva la congestione. E tua madre urlava dall’ombrellone, con la faccia annoiata e il Grand Hotel sotto l’ascella non depilata Tina non bere l’acqua ti viene la congestione e muori!
E adesso sali per la via del Carmine e ti senti morire, ti batte il cuore e però ti piace, sai cosa stai facendo, come sono belli quei momenti davanti allo specchio, quando ti metti la crema corpo che usi anche per il viso, si è consumata anche quella, la devi comprare…
Com’è bello quando ti depili le gambe con la lametta di Anselmo che non lo sa, ti metti un po di eyeliner secco e le calze autoreggenti, poi al ritorno le arrotoli nella borsa, in un sacchetto insospettabile della standa insieme alla Novalgina che dicevano facesse nascere i bambini focomelici.
Eppure ti ricordi Tina quando ti facevi bella per Anselmo davanti allo specchio dell’armadio, poco trucco Tina, che gli altri uomini non ti devono vedere, Tina, tu sei bella anche così, quando ti svegli la mattina con la vestaglia di pile con i pallini, non li tingere più i capelli Tina, a che ci serve questa Cleopatra, diciamogli addio insieme e poi ti chiedo di sposarmi e sarà per sempre Tina, io e te ad invecchiare insieme sul divano con la plastica, e poi, quella Cleopatra, che fine di merda ha fatto Tina…sarà, pensavi tu, ma è morta certo, per l’uomo che amava…si, Tina ma lo sai che il veleno dell’aspide le paralizzò per prima cosa gli occhi? Perciò Tina smettila di pittarti in quella maniera…
Si Anselmo, ma tu mi ami?
Certo, lui diceva certo, non diceva ti amo…e poi scendeva, se ne andava, apriva la serranda e tu chiudevi gli occhi, prendevi il dischetto di ovatta e ti struccavi. Il nero del kajal che andava via ti faceva sentire meglio, ti sentivi amata, ti sentivi bella, volevi che lui accettasse tutto di te.
Quando il mare arriva Tina non lo sente.
Tina, Tina lo senti il mare, l’odore del mare, respira, respira Tina, il mare arriva e poi si ritira, e ti lascia cocci, contenitori di polistirolo, galleggianti, lame arrugginite senza manico, una testa di bambola pelata…
<continua>