Un romanzo, ripubblicato in e-book dopo quattordici anni, torna a far rivivere la condizione della donna nel primo Novecento. La sua autrice, Giovanna Mozzillo, condivide con noi i suoi pensieri sul mondo femminile, sull’amore e… sul digitale.
La signorina è Rosella, giovinetta della Napoli ‘bene’ alle soglie del secondo decennio del 1900, ‘figlia di famiglia’ in un’agiata dimora borghese nel centro storico della città, che trascorre il suo tempo tra le faccende di casa, le conversazioni con le domestiche e le visite alle amiche. Gli anni in cui vive, però, non hanno niente di spensierato: il racconto si apre nel 1925, in pieno Fascismo, e attraversa i decenni successivi, fino alla guerra. In un periodo storico così denso di avvenimenti epocali, ecco che anche Rosella ne vive uno, tutto suo personale: l’incontro con l’amore, quello vero, tanto sognato, atteso e immaginato, che si concretizzerà nella figura del medico Leonardo Pavoncelli. Peccato che Leonardo sia già sposato…
Giovanna, il tuo romanzo, ambientato nel primo Novecento, ritrae un’epoca ormai lontana. La sua protagonista, però, appare modernissima nella scelta di vivere l’amore in maniera libera e indipendente, senza aspettative né futuro. Ritrovi queste caratteristiche nelle donne del nostro tempo o pensi che si sia, in un certo senso, tornate indietro? Vedi un filo conduttore tra le donne di ieri e di oggi, o piuttosto uno spartiacque?
Be’, il discorso è complesso. Concordo con te nel ritenere che Rosella, la mia protagonista, sia un’anticipatrice. Ossia una che anticipa i tempi con la sua coraggiosa rinunzia alla possibilità di sposarsi e aver figli in un’epoca in cui ancora si riteneva che la donna si realizzasse ‘solo’ divenendo moglie e madre. Oggi quasi tutto è cambiato e sempre più donne dicono di no al matrimonio (e spesso anche alla convivenza), non, come Rosella, per l’urgenza di non perdere un amore altrimenti impossibile, ma per il desiderio di godere di una vita indipendente, sciolta dai condizionamenti che un marito o un compagno inevitabilmente comporterebbero per le loro scelte. Un cambiamento consentito dal fatto che, in un modo o nell’altro, oggi quasi tutte siamo autonome, a livello non solo economico, ma comportamentale e intellettuale. Detto questo, sento però necessario attuare un distinguo: perché se, rispetto al tempo in cui si svolge il mio romanzo, in Occidente la condizione della donna è di molto progredita e più in generale l’individuo ha conquistato una libertà di autogestirsi allora impensabile, è anche vero che, almeno a mio giudizio, in confronto agli anni Settanta la società è tornata indietro. Spentasi l’onda del ‘68, momento magico in cui in tanti abbiamo creduto che stesse per nascere un mondo a misura d’uomo, ci si è riconvertiti all’accettazione passiva di schemi e convenzioni che credevamo superati per sempre. E, certo, forse la coppia aperta e l’amore libero erano un’utopia irrealizzabile (ma comunque esprimevano una non fasulla aspirazione alla solidarietà e alla condivisione) e forse ci siamo limitati a tornare coi piedi in terra, ma le coppie attuali – non sempre, naturalmente: grazie a Dio, ci son molte eccezioni – mi sembrano come avvitate su se stesse. Son coppie che, blindate dietro la griglia della presunta appartenenza reciproca (tu sei mia, io sono tuo: presunta appartenenza che determina tante tragedie) rifiutano le problematiche collettive, o a esse si dichiarano indifferenti, e non guardano al di là del proprio naso (e dei propri selfie).
Rosella ha la ventura di vivere in una temperie storica drammatica. Inizia a rendersi conto dell’ineluttabilità della morte, vede cadere gli edifici della sua città; è costretta a rifugiarsi in spazi bui e angusti durante i bombardamenti. Eppure, vive il dramma della guerra con animo, oserei dire, distaccato: il suo primo, e spesso unico, pensiero è Leonardo. Lo ama con passione mentre intorno a loro cadono le bombe; nel pericolo, è a lui che pensa. Credi anche tu che “omnia vincit amor”?
Non so se “omnia vincit amor”, ma è certo che, quando si è veramente innamorati, ci si sente trasportati in una dimensione ‘altra’, una dimensione nella quale si ha l’impressione di essere protetti e invulnerabili, sicché le vicende esterne non possono spaventarci. E tuttavia, da questa sensazione di trovarsi ‘al sicuro’, perché immunizzata dall’amore, Rosella non si ritiene esentata dalla solidarietà verso chi le è vicino. E infatti offre il suo affetto e il suo aiuto alla madre, alla sorella, alla nipotina, alle amiche. E non solo. Durante il bombardamento alla posta, benché abbia il cuore spezzato dalla morte di Leonardo, soccorre, attraverso la corporeità dell’abbraccio, il ragazzo terrorizzato. Insomma, nel caso della mia protagonista, l’amore permette di affrontare con serenità l’emergenza, ma non rende egoisti.
Nel libro, la nipotina della protagonista ha il tuo nome. E molti dettagli fanno pensare che si tratti di un testo autobiografico. Quanto c’è di te, e della tua famiglia, nel romanzo?
Lo riconosco senza esitazioni: il romanzo si avvale di un’innegabile componente autobiografica. Rosella è mia zia, una zia a cui son stata molto legata, ma di cui non ho saputo ricambiare adeguatamente la generosità. E non basta: mio padre, mia madre, mia nonna, l’altra mia zia sono anch’essi presenti nella narrazione, e con i loro nomi autentici (la scrittura ci fa davvero un gran dono quando ci permette di sconfiggere la morte e di resuscitare i nostri cari, sicché di nuovo godiamo della loro compagnia e li sentiamo parlare, ridere, scherzare). E sono io la nipotina che Rosella accudisce con tanta tenerezza, sono io la neonata a cui Rosella fa il bagno suscitando il sarcasmo di Maria Iole, sono io la bimbetta che da Rosella è accompagnata alla Mostra d’Oltremare e allo spettacolo di Zietta Liù. Io che, divenuta a mia volta adulta e poi anziana, ho voluto assumere il ruolo di voce narrante, per commemorare quella che ho ritenuto una bellissima storia d’amore. Una storia d’amore di cui mia zia mi aveva parlato più volte, ma sempre brevemente: pochi cenni. Schivi. Senza particolari. Di Leonardo (nel suo caso il nome è inventato) mi aveva detto solo che era medico, e che aveva i capelli rossi. Il personaggio è quindi tutto nato dalla mia fantasia. E devo confessare che in partenza mi era piuttosto antipatico, in quanto mi pareva che, forte della sua età e autorevolezza, approfittasse dell’ingenuità di Rosella. Sennonché poi lui si è fatto conoscere, ne ho capito ragioni e fragilità, e gli ho voluto bene.
Una nota integrativa: nel romanzo vi sono anche altri personaggi realmente esistiti (che però non ho citato con i nomi veri). Fra essi spiccano la baronessa Laganà e la sua bellissima nipote, che ho ribattezzato Giulietta. Per lei le cose andarono effettivamente come racconto: dopo esser stata eletta Miss Italia, Giulietta fu uccisa da un innamorato respinto, proprio mentre era in procinto di partire per Hollywood, dove la attendeva una presumibilmente favolosa carriera d’attrice.
La riedizione de La signorina e l’amore per i ‘tipi’ digitali della GoWare segna il tuo passaggio dalla carta al Web. Pensi che oggi sia importante affiancare alla stampa anche l’e-book? Quali sono le tue esperienze in merito all’editoria elettronica, sei una lettrice digitale?
Io non sono, anche per ragioni anagrafiche, un animale tecnologico. Amo la fisicità della carta, uso il Kindle solo in viaggio, sul web mi muovo con difficoltà. Se ho deciso di usufruirne, è perché i personaggi sono come figli, e una vuole che vivano, e che possibilmente le sopravvivano. E allora, dato che le copie delle edizioni 2001 e 2002 erano esaurite da anni, ho accettato che il romanzo divenisse un e-book, anche nella speranza che lo scoprissero i giovani, i cosiddetti nativi digitali.
Io penso, forse presuntuosamente, che delle cose da dire ai giovani il mio romanzo le abbia.
Nel passato sei stata un’insegnante; oggi sei una scrittrice. Trovi che queste due carriere abbiano qualcosa in comune? Cosa ha significato, per te, confrontarti con il ‘pubblico’ dei tuoi allievi e poi con quello, molto più ampio, dei lettori?
Sì, la carriera dell’insegnante e quella dello scrittore hanno molto in comune. Perché tanto l’insegnante quanto lo scrittore operano per trasmettere agli altri, a un ‘pubblico’ (ristretto o ampio che sia), le proprie idee, i propri valori, le proprie fantasie e suggestioni. Ma, sebbene insegnare sia stata una bella esperienza, un’esperienza che mi guardo bene dal rinnegare, devo dire che a emozionarmi di più è stata la scrittura. Perché chi scrive può esprimere pienamente la propria sentimentalità, oniricità e sensorialità, mentre chi è in cattedra deve imporsi dei limiti.
Giovanna Mozzillo, La signorina e l’amore, “Pesci rossi”, GoWare, 2014, pp. 408, € 3,74 (Kindle), € 4,99 (e-book), € 14,99 (libro).