Nella storia la figura materna e quella paterna si sono alternate rivestendo prima una e poi l’altra una dimensione di primo rilievo nell’educazione e nella cura dei figli.
All’epoca romana, la figura paterna rappresentava la figura di riferimento sia nel contesto pubblico sia in quello privato (La separazione genitoriale, S.Rosa, M. Tura). Nel passato il pater familias era la figura predominante e autoritaria, che decideva delle sorti dei figli e della famiglia.
Poi con l’avvento dell’industrializzazione e l’avvicinamento delle donne dei ceti sociali medio-alti alla sfera intellettuale, inizia la messa in discussione della figura maschile-paterna. Parallelamente i ruoli si vanno a definire in modo chiaro e netto rispettando il principio della complementarietà: il padre assume la funzione di colui che si occupa del lavoro e di garantire il sostentamento economico e materiale della prole e della famiglia, come anche di fornire e garantire il rispetto dell’etica morale, determinando però un progressiva riduzione degli spazi condivisi padre-figlio rispetto alla vita contadina, e la cura della prole e della famiglia diventa egemonia e prerogativa della donna.
La psicoanalisi ha contribuito successivamente a spostare il focus dell’attenzione sulla figura materna attribuendole un ruolo prioritario nella cura dei figli e nei rapporti primari.
In questo modo si assiste ad un passaggio di testimone: la figura materna diventa regina indiscussa della dimensione familiare e genitoriale.
E tutt’oggi, per quanto si stia faticosamente cercando di raggiungere una nuova dimensione forse di maggior condivisione e di equilibrio, vige ancora sottostante la residua convinzione che i figli siano prima di tutto preoccupazione e occupazione della donna, indipendentemente dal fatto che essa possa essere anche impegnata su altri fronti alla stregua del compagno/marito.
Tutto ciò ha determinato conseguenze importanti sia sulle donne sia sugli uomini, come anche sui figli.
Le donne, divenute anche madri, tuttora tendono a sacrificare, parzialmente o totalmente, la propria realizzazione personale e professionale per far fronte agli impegni familiari, secondo una tacita regola sociale tuttora vigente, per cui l’impegno familiare è considerato “dovere” della donna. Quando poi le donne coraggiose osano portare avanti sia il lavoro sia l’impegno familiare, sono comunque sempre loro ad essere chiamate in prima linea nell’escogitare strategie di conciliazione non raramente a costo di grande stress, per non parlare dei sensi di colpa…anch’essi compagni di vita delle donne più che degli uomini.
Ma anche la posizione dei padri non è meno scomoda: si chiede loro di agire e funzionare prima di tutto sul lavoro e nel contesto pubblico, sebbene i padri di oggi riferiscano un crescente bisogno e desiderio di essere più presenti con i figli e non solo rivestendo il ruolo del “padre ludico”, ma anche e soprattutto nella vita quotidiana. I padri di oggi vogliono non solo essere ma anche poter fare i genitori, se solo venisse riconosciuto loro nel concreto la possibilità di esercitare questa loro funzione.
A tal proposito ritengo che sia esemplificativo il movimento sociale di tutte quelle associazioni di padri che si sono attivati per far valere il proprio diritto di poter fare i genitori anche in situazioni di separazione e divorzio, quando fino a poco tempo fa la prassi prevedeva l’affido esclusivo alla madre con spazi ristretti e marginali per i padri.
Ad oggi, per fortuna, in linea con l’evoluzione del contesto socio-culturale nel quale viviamo e con le ricerche psicologiche in materia, se non ché con le principali Convenzioni Europee e non sui diritti del fanciullo, la situazione è ben diversa: la prassi prevede che l’affido sia condiviso (legge 54/2006), salvo eccezioni che necessitano di essere motivate.
Ritengo che questo sia un enorme e significativo riconoscimento dell’importanza della figura paterna, alla stregua di quella materna, nella vita e nel percorso di crescita dei figli.
Infatti numerose ricerche psicologiche in materia evidenziano come la presenza di entrambi i genitori sia un fattore protettivo e facilitante la crescita serena e armonica di un bambino.
I bambini hanno bisogno che entrambi i genitori siano presenti, che vi sia un rapporto costante e continuativo con entrambi e che sia il padre sia la madre si dedichino alla loro cura e alla loro crescita, pur nel rispetto delle differenze di genere e del proprio ruolo (materno e paterno).
Pertanto sono i bambini stessi a definire la strada verso cui orientarsi: usciamo dalla dimensione del confronto e del potere (chi fa chi, chi domina chi) e iniziamo a ragionare in termini di “noi”, inteso come coppia genitoriale, che collabora e condivide le decisioni come anche gli impegni e le questioni quotidiane nell’interesse condiviso e unico del benessere dei figli… sono i bambini che lo dicono, sono i bambini che lo chiedono.
Una condizione di maggiore condivisione e partecipazione di entrambi i genitori nella sfera familiare e nell’impegno genitoriale favorirebbe tutti i protagonisti della famiglia: in primis, i bambini, che in questo modo possono contare sulla presenza reale, affettiva e partecipata di entrambi, interiorizzando in questo modo una figura materna e una figura paterna presenti, interessate e affettive, favorendo così lo sviluppo di maggiore sicurezza e serenità personale.
La donna ne gioverebbe nella misura in cui non sentirebbe il carico della responsabilità gravare solo o prevalentemente sulle proprie spalle, per cui la cosiddetta “conciliazione” sarebbe una condizione ordinaria e naturale da realizzare senza particolari acrobazie.
E che dire dei padri? Per quella che è la mia esperienza personale e quotidiana con i genitori, fra cui anche tanti padri, posso dire che a parte qualche eccezione, sarebbero ben felici di poter finalmente essere considerati anche nella loro dimensione genitoriale e familiare, oltre che lavorativa e professionale.
Ne consegue che ridotti i livelli di stress delle madri come i vissuti di esclusione dei padri, migliorata la condizione psicoaffettiva dei figli, non può che giovarne l’intero sistema familiare che potrebbe contare su una maggiore soddisfazione dei singoli componenti e verosimilmente su un miglioramento delle relazioni stesse.