Roma 26 settembre 2015, Meeting nazionale dello sport femminile: quando la professionalità è una questione di genere
In una Risoluzione del 2002, il Parlamento europeo chiedeva agli Stati membri di “garantire la parità dei diritti nello sport ad alto livello”. Chiedeva altresì alle Federazioni nazionali e alle relative autorità di tutela, di assicurare alle donne e agli uomini parità di accesso allo statuto di atleta di alto livello, garantendo gli stessi diritti in termini di reddito, di condizioni di supporto e di allenamento, di assistenza medica, di accesso alle competizioni, di protezione sociale e di formazione, nonché di reinserimento sociale attivo al termine delle loro carriere sportive.
Perché, come concludeva una sentenza del Tribunale del lavoro di Santander degli anni ’70: “lo sportivo dilettante non lavora ma gioca; lo sportivo professionista non gioca ma lavora. Offre le proprie prestazioni di sportivo ad un imprenditore, facendo dello sport materia ed oggetto di lavoro, ragion per cui il denaro che percepisce costituisce una retribuzione per la prestazione lavorativa”.
Il Libro Bianco sullo Sport la Commissione europea assume l’impegno, nel quadro della Tabella di marca per la parità tra donne e uomini, di incoraggiare – tra le altre – l’accesso alle donne alle posizioni decisionali nello sport e la rappresentazione non discriminatoria delle donne nello sport.
In Italia, ad oggi, nessuna disciplina sportiva femminile è qualificata come professionistica ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91, «Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti». La legge scinde la pratica sportiva in due categorie: da un lato, l’attività sportiva professionistica svolta nell’ambito di società di capitali; dall’altro, l’attività sportiva dilettantistica svolta da sportivi e da associazioni sportive dilettantistiche, cooperative e di capitali senza finalità di lucro. In questa prospettiva, la mancata qualificazione delle discipline sportive femminili come «professionismo» determina pesanti ricadute in termini di assenza di tutele sanitarie, assicurative, previdenziali, nonché di trattamenti salariali adeguati all’effettiva attività svolta.
Si configura pertanto una vera e propria discriminazione delle atlete che, sebbene spesso facciano dello sport il loro «lavoro», di fatto gareggiano come «dilettanti» e, conseguentemente, oltre a guadagnare di media il 30 per cento in meno dei colleghi maschi, non possono godere nemmeno delle medesime garanzie contributive, previdenziali e sanitarie previste dagli inquadramenti contrattuali.
Forse qualcosa di muoverà se la proposta di legge di modifica della legge n. 91 del 1981 troverà un seguito nel nostro Parlamento. Il testo, da un lato introduce espressamente il divieto di discriminazione da parte delle Federazioni sportive nazionali per quanto riguarda la qualificazione del professionismo sportivo; dall’altro, sul modello delle azioni positive previste dalla normativa vigente, si prevede l’inversione dell’onere della prova rinviandola in capo alle Federazioni sportive nazionali, titolari del potere di qualificazione delle atlete e degli atleti come “professionisti” o “dilettanti” – nel caso in cui elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle qualificazioni degli sportivi professionisti, alla costituzione e alla affiliazione delle società sportive, siano idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso.
Di diritti del lavoro in ambito sportivo, di rappresentanza e di rappresentazione, in termini di parità e pari opportunità si parlerà a Roma sabato 26 settembre, dalle ore 10 alle 13.30 presso la Sala Multimediale Vigamus di via Sabotino 4, al Meeting nazionale dello sport femminile per dare voce ad atlete, dirigenti, allenatori e allenatrici dello sport italiano.
Promosso da Assist- Associazione Nazionale Atlete, Associazione Italiana Calciatori A.I.C., Giocatori Italiani Basket Associati G.I.B.A., Associazione Italiana Pallavolisti A.I.P.A.V., Associazione Italiana Rugbysti A.I.R., Associazione Italiana Giocatori di Pallanuoto A.G.P. e Associazione Italiana Allenatori di Calcio A.I.A.C., si presenta come un interessante momento per fare il punto della situazione ed individuare strategie di azione.