Nell’ambito della Fiera del Levante a Bari si è tenuta una conferenza stampa per il sostegno alla petizione lanciata dalle atlete di rugby per modificare la legge 91/1981 in favore del riconoscimento dei titoli sportivi alle donne.
E’ necessaria una profonda riforma dello sport italiano. Considerare le atlete solo dilettanti a differenza degli atleti uomini strapagati è una vera discriminazione di genere ! Ad una atleta, se rimane in cinta, le viene rescisso il contratto senza alcun ammortizzatore sociale. Una maratoneta vince la metà del premio di un vincitore uomo, pur percorrendo lo stesso tragitto. Le calciatrici che hanno disputato la finale di Coppa Italia hanno dovuto disegnare le strisce bianche del campo personalmente per poter giocare un evento Nazionale.
Sabato 19 settembre nell’agorà del Padiglione della Regione Puglia presso la Fiera del Levante l’Assessore regionale allo Sport, Raffaele Piemontese, la consigliera politica del Presidente della Regione Puglia, Titti De Simone, la Presidente dell’Associazione nazionale atlete “ASSIST”, Luisa Rizzitelli, la Consigliera regionale di parità della Regione Puglia, Serenella Molendini, ed in collegamento telefonico la campionessa olimpionica, senatrice, Josefa Idem, hanno tenuto la conferenza stampa di adesione alla petizione nazionale lanciata su change.org dalle atlete della “ALL REDS RUGBY Roma” per abolire la forte discriminazione di accesso allo sport professionistico, in particolare nei confronti delle donne, legata alla Legge n. 91 del 1981.
“Secondo quella normativa, infatti – dice l’Assessore Piemontese – a decidere coloro i quali possono essere qualificati come atleti professionisti sono il CONI e le sue Federazioni, per cui, ad oggi, in Italia, le donne, insieme agli uomini di numerose discipline, nonostante i prestigiosi successi internazionali, nonostante le medaglie d’oro vinte ai Mondiali e alle Olimpiadi, saranno sempre e soltanto delle dilettanti. Con una serie di conseguenze: non godono di alcuna tutela previdenziale, di nessun contratto collettivo, di nessun versamento di contributi previdenziali, di nessun tfr, di nessuna tutela della maternità, semplicemente perché non vengono considerati dei lavoratori”.
“La petizione che sosteniamo- aggiunge l’Assessore Piemontese- è rivolta al Presidente del CONI Nazionale Giovanni Malagò, affinchè corregga questa stortura legislativa e contribuisca a mettere fine a questa intollerante forma di discriminazione che mortifica gli sforzi, i sacrifici, l’impegno ed il duro lavoro che sta dietro ad ogni successo delle nostre atlete e dei nostri atleti”. L’Assessore ha pertanto confermato l’impegno della Regione a favore del riconoscimento della Parità fra uomini e donne nell’accesso allo Sport e al loro riconoscimento professionistico
“Il dilettantismo forzato – sostiene la presidente di ASSIST – danneggia certamente anche gli uomini, tuttavia negli ultimi anni le donne dello sport italiano stanno ottenendo dei riconoscimenti impensabili ed è intollerabile che rimangano sportive di serie B. Qui si parla dei diritti di persone che non praticano lo sport a livello amatoriale bensì ne fanno un lavoro a tempo pieno, con orari massacranti ricompensati dai risultati eccezionali che sono sotto gli occhi di tutti. L’Europa ci chiede da tempo di sanare questa discriminazione, non possiamo più rinviare. I diritti non possono essere beffati dalla logica del denaro”.
https://www.change.org/p/coninews-donne-nello-sport-diletta…
La Consigliera regionale di Parità Serenella Molendini ha illustrato la ricerca pubblicata già nel 2010 sulle “discriminazioni delle donne nello Sport” ed ha rilevato le irregolarità di diverse Federazioni provinciali nei confronti degli statuti, preannunciando azioni sia a livello nazionale, con la Consigliera di Parità nazionale, sia a livello locale. Ha quindi ringraziato la consigliera politica Titti Caterina de Simone per l’invito ricevuto, ma anche anche la dirigente di servizio Maria Grazia Donno perchè ha ricordato il suo impegno in tale direzione già da quando era Consigliera provinciale di Parità a Lecce.
La ricerca, secondo Francesca Fuso, che ha collaborato alla sua stesura insieme a Vera Indino, ha portato in evidenza le enormi criticità che si incontrano a voler insistere nel praticare lo sport e allo stesso tempo ci ha trasmesso tutta la passione nel farlo, si contrapponeva l’avvilente analisi dei regolamenti federali, la maggior parte dei quali disattendevano impunemente quei due principi di parità introdotti dal CONI… Spesso ci penso e in questi giorni di grandi trionfi e onori della cronaca per tante atlete italiane mi chiedo come mai da parte loro, delle dirette interessate, non ci sia un fronte compatto, che approfitti di questi momenti per denunciare la sitiazione. Pochi conoscono realmente le condizioni dello sport femminile in Italia….
L’atleta Monica Priore, intervenuta, ha comunicato di essere protagonista di un tour italiano per raccontare lo Sport come possibilità di cura per una malattia debilitante come il diabete, di cui lei ne è affetta…
Dopo l’intervento telefonico della Senatrice, plurimedagliata atleta di canottaggio, ex Ministra per le Pari Opportunità, Josefa Idem, che appoggia a livello nazionale questa campagna, è intervenuto un Consigliere Nazionale della FIT, Federazione Nazionale Tennis, che ha ricordato le bellissime immagini dell’abbraccio fra le due tenniste italiane, Flavia Pennetta vincitrice brindisina, e Roberta Vinci, tarantina, protagoniste della finale del prestigioso torneo internazionale a New York gli Us Open, che ha dimostrato la signorilità, l’affetto, e tanto altro a tutto il mondo. Una di quelle fiabe reali che lo sport ogni tanto regala. Due stelle del tennis, due donne che per legge, sulla carta, sono e rimangono dilettanti.
Sono intervenuti anche il Delegato del Coni Lecce e la Dirigente regionale del servizio sport, Maria Grazia Donno, che ha sollecitato l’assessore regionale allo sport, di guardare il settore con un occhio particolare anche come assessore al Bilancio.
Presenti anche Rosy Paparella, Garante dei diritti dei minori per la Regione Puglia e Assuntela Messina, tra quelle donne pugliesi sempre impegnata nelle mie battaglie per i diritti, e tante altre ed altri intervenuti.
Secondo la legge 3 marzo 1981 n. 9 lo status di “sportivo professionista” è definito dalle singole federazioni che recepiscono le direttive emanate dal CONI. Il Comitato non ha però in 34 anni mai chiarito cosa distingua i professionisti dai dilettanti, questo mancato chiarimento ha creato l’esclusione delle donne dal professionismo.
Assist è nata nel marzo del 2000, grazie ad alcune donne tra cui due grandi campionesse: Manù Benelli e Carolina Morace. E’ nata con il patrocinio del Telefono Rosa e il sostegno di grandi atlete come Patrizia Panico, Antonella Bellutti, Josefa Idem. Per far parte dell’ associazione basta contattarla, ma non esiste un “tesseramento” come i sindacati. Assist è un movimento di cultura e rispetto per le donne dello sport. È possibile seguirle tramite il sito www.assistitaly.it, FB e Twitter. Sono tutte volontarie.
Il 26 settembre un appuntamento importante: il primo Meeting italiano dello sport al femminile
Avrà una portata storica: mai nella storia dello sport, tutti i sindacati di atleti si sono ritrovati con le grandi atlete, per parlare di diritti negati e di un nuovo percorso dello sport femminile in Italia. Ci sono patrocini prestigiosi come quello del Senato della Repubblica, del Municipio, del Comune di Roma e delle amiche del Telefono Rosa. Sarà un grande giorno per lo Sport. Non solo per quello femminile.
Per aderire alla petizione basta cliccare su https://www.change.org/p/coninews-donne-nello-sport-diletta…
I contenuti della petizione sono qui di seguito riportati:
Gentile Giovanni Malagò, Presidente del C.O.N.I.,
La battaglia per l’eguaglianza tra i sessi nel nostro paese ha almeno tre secoli di storia: a titolo di esempio nel 1874 le donne sono state finalmente ammesse alla istruzione universitaria, nel 1919 hanno potuto esercitare tutte le professioni e ricoprire impieghi pubblici; nel 1946 hanno votato per la prima volta; nel 1963 sono state ammesse nella magistratura. E Samantha Cristoforetti ci guarda dallo spazio. Nel 2015, a causa dei regolamenti dell’Ente che Lei rappresenta, le donne sono ancora escluse dal professionismo sportivo. Vuole il CONI rappresentare l’ultimo presidio della diseguaglianza di genere nel nostro paese?
Secondo la legge 3 marzo 1981 n. 9, lo status di “sportivo professionista” – diverso da quello di “dilettante” – è, infatti, definito dalle singole federazioni sportive nazionali, che dovrebbero osservare le direttive stabilite dal CONI. A 34 anni dall’entrata in vigore di questa legge, però, il CONI non ha ancora chiarito cosa distingue l’attività professionistica da quella dilettantistica e la mancanza di un chiarimento ha determinato una grave discriminazione, penalizzando le donne. Molte federazioni sportive, infatti, hanno escluso esplicitamente le donne dall’area del professionismo: il caso più eclatante è quello del calcio, ma anche la pallacanestro pone molti limiti, non permettendo alle donne la partecipazione ai campionati nazionali.
La risoluzione 5 giugno 2003 del Parlamento europeo, inoltre, chiedeva agli Stati membri di assicurare alle donne e agli uomini pari condizioni di accesso alla pratica sportiva e sollecitava gli stati membri a sopprimere nelle procedure di riconoscimento delle discipline di alto livello la distinzione fra pratiche maschili e femminili. L’Italia non si è mai adeguata a questa sollecitazione.
Questo “dilettantismo imposto” alle atlete impedisce loro di usufruire della legge 91/81 che regola i rapporti con le società, la previdenza sociale, l’assistenza sanitaria, il trattamento pensionistico, ecc.
Anche le atlete italiane di cui tutti siamo orgogliosi dalla Vezzalli alla Pellegrini, dalla Kostner alla Idem, secondo i regolamenti del CONI lo fanno per “diletto”, o ancora le meravigliose giocatrici della nostra Nazionale di Rugby che quest’anno hanno raggiunto il miglior risultato di sempre nel campionato europeo noto come 6 Nazioni.
Non è quindi vero il pregiudizio per cui le donne nello sport non riescono ad arrivare ai vertici a causa delle loro «inclinazioni naturali, che le orientano verso ruoli in cui riescono meglio». Chi ha visto le donne su un campo di rugby, di calcio o su una pista, sa quanto questo sia falso.
Le donne non ci arrivano perché dei regolamenti sessisti lo impediscono. In Italia a impedirlo è il CONI.
Chiediamo quindi che il CONI fornisca subito indicazioni e regolamenti che rispettano i principi (già costituzionali) di pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso al professionismo sportivo.
Siamo le giocatrici della femminile degli “All Reds Rugby Roma” una squadra che promuove lo sport popolare come momento di aggregazione fondato sull’antifascismo, antirazzismo ed antisessismo perché crede che sport e società, sport e cultura, siano componenti indissociabili della nostra vita. Nata dieci anni fa, ha consolidato la sua esperienza sportiva sui principi dell’autogestione e l’autodeterminazione.
Chiediamo che il Coni metta fine alla diseguaglianza: Pari diritti per uomini e donne nello sport e nel professionismo sportivo!
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