Una patria senza confini altri che le onde e la pietà.
Il cadavere del piccolo siriano sulla turistica spiaggia di Bodrum, che poco tempo fa ha suscitato l’indignazione mondiale, la sua immagine, il suo destino, parevano avere realizzato il miracolo per cui tutto il mondo si è rovesciato dentro la propria coscienza rispetto al dramma dei migranti.
Persone che lasciano la propria casa, il proprio Paese che non li ha protetti, che li ha usati, che non esiste più.
Con loro, a volte soli, viaggiano migliaia di bambini in cerca di una nuova patria.
Quelli che conosciamo solo attraverso l’impietosa macchina fotografica. Bambini che gattonano davanti a militari, bambini sporchi, moccicosi, tristi, con stracci al posto delle scarpe, impauriti o piangenti. Disperati, a volte sorridenti davanti l’ obbiettivo, ad un gioco donato. Potranno mai dimenticare? Potranno crescere? Potranno divenire cittadini in qualche parte del mondo e pretendere il diritto a vivere? E chi di noi può dirlo?
Mentre siamo seduti davanti ad uno schermo che ci racconta una storia che , vicinissima, ci appare lontana dalle nostre case, dai nostri privilegi e dai nostri affetti rassicuranti. Mentre ascoltiamo la voce asettica di un cronista che c’informa di quante vite umane sono cariche queste imbarcazioni di fortuna, gommoni sgangherati, barche assassine. Scopriamo, in questo modo, che l’amato mare delle nostre vacanze, a volte è l’unica patria pronta ad accoglierli.
Una patria senza confini altri che le onde e la pietà.
Il bambino siriano lambito dal mare, quel corpo senza vita ha colpito l’immaginario collettivo forse anche perché composto, vestito come i nostri figli o nipoti, sembrava uno di noi mentre gli altri, quelli sconosciuti è più facile immaginarli diversi, come se non ci riguardassero.
Queste morti annunciate dal dramma in atto, ingiuste ma possibili, ci vengono raccontate ogni giorno ma non sempre ce ne accorgiamo perché sono ormai divenute minutaglie della cronaca. Perché l’evento che si ripete non fa scalpore, non notizia, non investimento mediatico.
Prima che altri bambini affoghino, bisogna ricordare anche quanti altri ne muoiono in quella che dovrebbe essere la loro patria d’origine, che li ha abbandonati, respinti.
Un numero così grande che è inquantificabile. Dietro ogni guerra, carneficina, attentato, violenza di massa, ci sono loro, bambini senza patria abbracciati da un infame, unico destino