Melina Scalise, Milano, Lombardia
Melina Scalise fotografata da Francesco Tadini
Tra le prime a finire nei chiaro scuri della macchina fotografica di Francesco Tadini io, come altri, immortalati tra la luce e le ombre scopriamo un modo nuovo di guardarci. Siamo, del resto, anche ciò che gli altri vedono. Francesco guarda nelle pieghe: lui piegato dalla vita e stirato a nuovo dalla volontà. Gli occhi sono troppo scontati per guardarsi e Francesco non li cerca per ritrarre. C’è tutto il corpo che parla. Un gesto, una inclinazione della testa, una schiena contro l’altra, uno sfondo a sorpresa e tutte le persone che fotografa si trovano a recitare una parte a sorpresa in una precisa sceneggiatura. Si riscoprono altro da ciò che si immaginano di essere piacevolmente inseriti in una storia diversa dalla loro vita. Così anch’io. La mano in posa vezzosa sarebbe dovuta coincidere con un bacio seduttivo da copertina più che con un sorriso e questo tradisce il gioco tra me e il fotografo. Ma non è questo che colpisce l’attenzione in questa fotografia, quanto l’essere cornice del cielo con un braccio quasi perfettamente allineato alla forma quadrata della foto tanto che l’osservatore si scopre inevitabilmente a vedere insieme a me quel cielo e quell’orizzonte. Con un solo scatto ha creato uno spazio per due, per me e per chi guarda. Come si fa a non entrare in questa fotografia ed immaginarsi davanti ad un profondo blu. Il puntino bianco di luce sulla punta del mio naso riesce però a cambiare atmosfera e ad aggiungere quanto bianco basta per trasformare quel blu profondo suggerito dai neri in un azzurro da cielo assolato d’agosto. Ed è proprio così. Basta un pizzico di bianco per cambiare la luce nella vita e Francesco è riuscito a trovarlo anche in questa fotografia o forse è un pò merito anche del mio naso…
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